Nelle pagine di Io sono di legno, ho intrapreso un viaggio attraverso i diari di due donne: Giulia e Mia.
Madre e figlia, sono legate da un passato doloroso e segnate da segreti inconfessabili. La scrittura coinvolgente di Giulia Carcasi mi ha trascinato in un mondo di emozioni, fragilità e verità nascoste.
Giulia, medico di professione, rivive il passato: la giovinezza ferita, il matrimonio, l’attesa sofferta e desiderata della maternità. Più la storia si snoda nel buio del passato, più emergono misteri che chiedono di essere sciolti, ma per madre e figlia, l’incontro può avvenire solo a costo di pagare il prezzo di una verità difficile, fuori da ogni finzione.
La storia di Mia e Giulia è un viaggio nel passato, un’immersione nelle loro anime ferite, le pagine dei loro diari sono piene di verità scomode, di segreti che si nascondono sotto la superficie. La madre, Giulia, è una figura tormentata, e la figlia, Mia, cerca di capirla attraverso le sue parole.
La metafora del legno è potente: come il legno, queste donne sembrano ferme e immobili, ma sono sottoposte a pressioni interne che lentamente le spaccano. La ceramica si rompe subito, ma il legno resiste, nascondendo i suoi cocci rotti. Così anche Mia e Giulia, apparentemente rigide, nascondono le loro ferite.
La scrittura di Carcasi è poetica e toccante. Ho amato le descrizioni dei paesaggi, dei sentimenti e delle piccole cose che fanno la vita. La trama si snoda con delicatezza, rivelando segreti e risvegliando emozioni sopite.
“Io sono di legno” è un viaggio commovente, e ne consiglio la lettura.
Titolo: Io sono di legno
Autore: Giulia Carcasi
Prezzo copertina: € 9.50
Editore: Feltrinelli
Collana: Universale economica
Edizione: 4
Data di Pubblicazione: 1 ottobre 2013
EAN: 9788807883736
ISBN: 8807883732
Pagine: 144
Citazioni tratte da: Io sono di legno di Giulia Carcasi
Scrivere è qualcosa di intimo, più intimo del sesso, quello si fa con uno incastrato nell’altro, si fa senza studiare il corpo che si ha di fronte, dentro.
Scrivere e spogliarsi di fronte a qualcuno, lasciarsi guardare così, nudi e in piedi, pieni di difetti di carne. (pag 14)
Ma, vedi, nella storia di ogni persona c’è una diga.
Da una parte, l’acqua che cresce e scalcia ed è energia.
Oltre lo sbarramento, la terraferma.
Tu di me sai la terraferma.
E allora ti racconto l’acqua che non hai visto. (pag14)
Destino non fa cenni: alza la mano e dà la risposta, non suggerisce.
Le risposte le hai solo quando lui ha finito, sta andando a letto. Il destino, te ne accorgi che c’è quando guardi indietro, mai quando guardi avanti. (pag16)
Mia madre ha due sorelle, non le frequenta, dice che ha il sangue non bisogna dare retta, è una parte bugiarda del corpo. Ma Io credo che niente unisca come il sangue. (pag17)
C’è solo una cosa che irrita nel profondo: il mare.
Il mare è logorroico, non ce la fa proprio a stare zitto.
Tu sei lì che vuoi stare per i fatti tuoi, che vuoi farti dei giri nei tuoi discorsi e lui insiste, spush spush, ti bagna e piedi, s’intromette, spush spush, richiama attenzione. (pag28)
“Ma, se dico le bugie, Dio non se la prende?”
“Dio se la prende se ti scordi di essere felice” (pag 33)
Nel cuore c’è spazio solo per una cosa: quando ci sta la paura non ci può stare la musica è quando ci sta la musica non ci può stare la paura. (pag 40)
Ci sono due volte in cui si è donne e bambine.
A diciotto anni nel corpo, per forza.
A sessant’anni nella testa, per debolezza. (pag 45)
Io penso che i segnali sono nelle piccole cose: una lampadina che si fulmina, un gallo che canta, una penna che casca. (pag 51)
Non siamo noi a stabilire le nostre traiettorie, sono ricordi che tracciano i confini. (pag 54)
Mi credi un medico modello pronto a scambiare turni e rimpiazzare qualcuno di guardia.
Mi credi scrupolosa, attenta, piena di volontà.
E invece sono solo una che si tuffa in un dolore diverso, così il proprio brucia di meno.
Giro nelle storie degli altri, le palpo con la mano a conca, le ascolto con lo stetoscopio.
Le storie bussano dentro la gabbia toracica.
E mentre il cuore degli altri mi batte addosso, mio dimentico del mio, che è scarico di pile. (pag 80)
Vedi, Mia, noi fantastichiamo oltre le porte degli altri, ci convinciamo che la nostra vita con un’altra cornice sarebbe andata diversamente, cerchiamo altri padri, altre madri, le protezioni che non abbiamo avuto. Ce la prendiamo col destino, che ci ha fatto nascere qua e non là, perché con qualcuno ce la dobbiamo prendere. Perché non c’è niente di peggio del pensiero che, partendo da presupposti diversi, le cose sarebbero andate ugualmente. (pag 80/81)
I nostri corpi sono album di famiglia.
Abbiamo il naso di un parente, le gambe di un altro, siamo la collezione di chi c’è stato prima di noi.
(…)
È un giro di giostra la vita, se uno scende un altro sale. (pag 110)
…il mondo si divide in due facce: una ride, l’altra piange; in mezzo c’è l’indifferenza dell’equatore. (pag 116)
Katia Ciarrocchi
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