Un gesto di ribellione, un atto rivoluzionario… “Fu il 15 di giugno del 1767 che Cosimo Piovasco di Rondò, mio fratello, sedette per l’ultima volta in mezzo a noi”. Inizia così un classico della letteratura italiana del XX secolo, Il barone rampante (1957): un libro senza tempo, geniale, difficilmente catalogabile; manifesto di fantasia, dichiarazione illuministica e di coscienza ecologica ante litteram; romanzo, con gocce di mistero (insito nelle cose del quotidiano), picaresco, di formazione e d’avventura. Un volume che s’affianca, per costituire la trilogia I nostri antenati, a Il visconte dimezzato (1952) e Il cavaliere inesistente (1959).
Quest’anno cade il centenario della nascita del grandissimo scrittore nato a Santiago de Las Vegas de La Habana, padre sanremese e madre d’origine sassarese, la cui opera è una delle pietre miliari della letteratura italiana, per varietà, ricchezza, originalità. E le celebrazioni non potevano meglio iniziare… Il Piccolo Teatro di Milano difatti ha messo in scena Il barone rampante, spettacolo cui si potrà assistere sino al 5 febbraio nella storica sede di via Rovello, nel cuore di Milano. Si tratta di una prima assoluta e di una sfida vinta poiché non era facile l’allestimento di una storia tanto verticale e sognante quale Il barone rampante è e con un testo “filosofico” e, nel contempo, lirico, colmo di suggestioni e meditazioni le più disparate.
Si può dire che la sfida è stata ampiamente vinta. Anche dal punto di vista tecnico la rappresentazione scivola via magnificamente, con una ricostruzione minimale e, insieme, raffinata e altamente evocativa, con un gioco di scale, passerelle, corde, animazioni, drappeggi e vele che ben rappresentano lo sterminato mondo arboreo in cui si muove Cosimo, dopo avere rifiutato il famoso piatto di lumache ed essere salito per protesta su un albero. Da quell’albero e dalle innumerevoli altre creature verdi non scenderà mai più, svolgendo su rami e fronde la propria vita: lì amando, leggendo, sventando un attacco di pirati o un incendio, redimendo con la forza della lettura il brigante Gian dei Brughi, intrattenendo rapporti con i grandi d’Europa, compresa l’argutissima e sapiente mente di Voltaire.
Lunga è la durata dello spettacolo che tuttavia, come detto, scorre con levità congiunta a un gran marchio di profondità. Allegria, tristezza, comicità, critica sociale, gli echi della Rivoluzione francese, il fuoco, dolce o torturante, del sentimento amoroso, il lume della ragione, un contorno di figure e caratteri assolutamente impagabili e indimenticabili… Uno spettacolo completo e sempre sorprendente, fascinoso, da cui si esce colmi di meraviglia e stupore e alla cui riuscita ben contribuisce l’adattamento dal romanzo a cura dello stesso regista Riccardo Frati. Un plauso ulteriore alle scene firmate da Guia Buzzi, ai costumi di Gianluca Sbicca, alle luci di Luigi Biondi, alla composizione musicale e al sound design di Davide Fasulo, alle foto di scena di Masiar Pasquali. Magnifici gli interpreti (in ordine alfabetico) Mauro Avogadro, Giovanni Battaglia, Nicola Bortolotti, Michele Dell’Utri, Diana Manea, Marina Occhionero, Francesco Santagada. Il mix fra dialoghi, presa diretta-flashback e narrazione è perfetto (Biagio, fratello minore del protagonista, funge, nella sua qualità di narratore negli interludi, da autentico trait d’union).
“Riccardo Frati ripercorre il romanzo di Calvino per approfondire il tema delle relazioni e dei rapporti interpersonali, in un momento storico come quello presente, per molti versi antitetico: un personaggio che si muove in alto, leggero sulle nostre teste, ci costringe a sollevare gli occhi dai dispositivi in cui siamo isolati, a uscire dalla gabbia della nostra individualità […] Nella concezione dello spettacolo la dialettica verticale, sociale e politica, del ragazzo che sale su di un albero è centrale; per questa ragione il disegno registico è strettamente legato e ricamato su uno spazio scenico che si sviluppa in altezza, al punto tale che la prossemica tra i personaggi e con la platea assume più che mai un profondo valore simbolico. Inoltre, nel lavoro di trasposizione teatrale, si sono rivelate dei punti di riferimento cardine le prime tre conferenze delle Lezioni americane sulla Leggerezza, la Rapidità e l’Esattezza”.
La parola al regista: “Queste tre qualità calviniane sono state un orientamento costante per l’architettura dello spettacolo e nel percorso fatto con la compagnia di costruzione e messa a fuoco dei personaggi e delle immagini icastiche di Calvino, sempre con l’obiettivo di riportare la complessità, la ricchezza e la fluidità della sua scrittura. A torto confinato nel perimetro della “letteratura per ragazzi”, Il barone rampante è un libro per tutti: ricco di spunti – dalla relazione con l’autorità, complessa a qualunque età, al rapporto dell’uomo con l’ambiente – è un testo “politico”, nel senso ecumenico del termine, un racconto nel quale ciascuno di noi può ritrovare sé stesso. Attraverso la figura di Biagio, fratello minore del protagonista e narratore di tutta la vicenda, Calvino ci invita inoltre a riflettere sul rapporto fra infanzia e memoria, sulla necessità di tornare, attraverso il filtro del ricordo e del racconto, all’età in cui abbiamo scritto i primi capitoli della storia delle nostre vite”.
“Che scriva saggi o romanzi – prosegue il regista in un’intervista dal programma di sala – resta inalterata la profondità concettuale, intellettuale e stilistica della sua prosa: è come se riuscisse ogni volta a illuminare una strada, una potenzialità, senza – ed è quello che, lavorando allo spettacolo, con gli attori, stiamo cercando di restituire al pubblico – esprimere un giudizio. Al contrario, lascia il lettore libero di formarsi una propria opinione sulle cose, che deve restare però sempre in movimento, sempre aperta al cambiamento, sempre in forte dialettica rispetto al mondo, alla realtà circostante, alla comunità. È la delicatezza, la famosa leggerezza di Calvino…”.
Lasciamo la chiusa alla domanda di un certo Voltaire… “Ma vostro fratello sta lassù per avvicinarsi al cielo?” – Risponde Biagio… “Mio fratello sostiene che chi vuole guardare bene la Terra deve tenersi alla distanza necessaria”. Distanza che non significa distacco né connota un atteggiamento di superficialità, bensì una profondità diffusa, oggettiva e con tutto il carico e la carica interiore che fa degna di significato la vita di un individuo in relazione alla comune umanità e destino.
Alberto Figliolia
Il barone rampante di Italo Calvino, adattamento e regia Riccardo Frati. Produzione Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa. Piccolo Teatro Grassi, via Rovello 2, Milano (M1 Cairoli o Cordusio). Sino al 5 febbraio 2023.
Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30 (salvo mercoledì 1 e venerdì 3 febbraio, ore 15 e 20.30); domenica, ore 16. Lunedì riposo.
Informazioni e prenotazioni: tel. 0221126116, sito Internet www.piccoloteatro.org.
OLTRE LA SCENA | Il barone rampante
WALK_TALK | Prospettive rampanti
Sabato 28 gennaio alle ore 10.30, il Piccolo, in collaborazione con MilanoGuida, propone una passeggiata nella “città che sale”. Un attraversamento urbano (ritrovo in piazza Gae Aulenti) per scoprire l’evoluzione, le stratificazioni e le trasformazioni architettoniche di Milano e osservare la città da una prospettiva inedita, anche grazie alla partecipazione delle attrici e degli attori della compagnia.
PAROLE IN PUBBLICO | Tante care cose! La piuma
Protagonisti di Tante care cose! sono alcuni oggetti simbolo, le “cose” scelte direttamente dagli artisti e dalle compagnie in cartellone per rappresentare i propri spettacoli. A interrogarle, di volta in volta, una coppia di invitati speciali: esperti di ambiti diversissimi che, con la complicità di un “moderatore teatrale”, danno vita nell’arco di un’ora o poco più a un confronto dialettico tra reale e immaginario.
Per Il barone rampante, Riccardo Frati, regista dello spettacolo, ha scelto “la piuma”, un riferimento alla “leggerezza” tanto cara allo stile calviniano, ma anche un rimando, concretissimo, allo strumento (penna, pennino) con cui si affronta, quotidianamente, l’esercizio dello scrivere.
Giovedì 2 febbraio, alle ore 17.30, al Chiostro Nina Vinchi, a confrontarsi saranno lo scrittore Paolo Di Paolo e Francesca Biasetton, calligrafa, illustratrice e presidente di ACI-Associazione Calligrafica Italiana. Modera l’incontro Roberta Ferraresi, critica teatrale e Professoressa in Discipline dello spettacolo presso l’Università di Cagliari.