Impossibile, se vi recaste a Vienna, non andare al Belvedere. Anche solo per ammirare Il bacio (Der Kuss) di Gustav Klimt. Un quadro divenuto icona, uno dei più rappresentati di sempre, con una carica di mistero mai pienamente svelata e un carico simbolico da far sbizzarrire la fantasia dell’osservatore. La suggestione sentimentale e sensuale che sa suscitare quest’opera del pittore della Secessione è senza pari.
Un quadrato perfetto di 180 x 180 cm, due figure in bilico fra terra e baratro, fra la concretezza dei fiori e l’astrazione dell’oro che funge da sfondo/cielo atemporale. Abbagliante e languido è l’abbandono della donna – dorme? Sogna? È viva? Sta passando per le fasi di una lenta e dolce agonia? O è un preludio al risveglio e alla gioia che verrà? Probabilmente è pura estasi.
Vertigine e idillio convivono, come forza e delicatezza. È un fuoco che non ustiona. Entrambi gli amanti imbozzolati in una dimensione propria, esclusiva; una fusione erotica, che lascia sgomenti di bellezza.
Il dipinto (1907-1908) viene indagato in ogni suo particolare e sfumatura dal docufilm Il bacio di Klimt, diretto da Ali Ray e prodotto da Phil Grabsky con Exhibition on Screen nell’ambito di un progetto originale ed esclusivo di Nexo Digital. La pellicola arriverà nelle sale italiane il 30 e 31 gennaio (elenco su nexodigital.it). Naturalmente, per quanto lo svolgimento ruoti intorno alla celebre tela, la sua creazione viene contestualizzata nella storia di quella Vienna così feconda dal punto di vista artistico e culturale in cui Klimt, di umile condizione familiare, fu uno dei massimi interpreti: sia quando nell’incipit di carriera si adeguava maggiormente ai canoni in vigore sia quando “deragliò” seguendo la propria nuova ispirazione, riconducendo a sé, metabolizzando le esperienze dell’arte maturate altrove e rielaborandole con la sua cifra originale, il suo stile inimitabile.
E stile è una parola-chiave per quel che concerne Klimt. Presidente della Secessione, punto di riferimento anche per uno come Egon Schiele, ma in sostanza unico e irriproducibile. Disegnatore sublime; ritrattista superbo e anticonvenzionale; maestro nel saper gestire la congestione di materiali e colori, con il trionfale oro e richiami archetipici; paesaggista fenomenale. E uomo assolutamente controcorrente per quanto bene inserito nei circuiti artistico-commerciali e nel mèlange sociale della società asburgica.
Spiega la regista Ali Ray: “Questa immagine dorata e scintillante di una coppia abbracciata rimane una delle più popolari di sempre. È citata nei film, è riportata su magliette, calendari e borse da viaggio. Tuttavia, quando un’opera come Il bacio diventa così familiare, smettiamo di “vederla”. Ho voluto che questo film ponesse rimedio al problema. Come racconta uno degli intervistati: “Il bacio poteva essere dipinto solo quando è stato dipinto, esattamente in quel luogo ed esattamente da quell’artista“. La Vienna di inizio secolo era una città gloriosa e affascinante, ma con un lato oscuro e intrigante: nel corso del film scopriremo che questo quadro dorato riecheggia proprio tutte queste contraddizioni”. In quella Vienna agiva anche un certo Sigmund Freud, il cui pensiero può essere utile a gettare ulteriore luce sull’opera klimtiana. Ed era un’epoca a cavallo fra vecchio mondo e modernità dirompente, compresa quella della guerra totale… Klimt morì a causa di un ictus nel 1918 a soli 56 anni.
Non è affatto escluso peraltro che Klimt, in visita a Ravenna nel 1903, sia rimasto molto colpito dagli sfolgoranti mosaici bizantini. Come detto, Gustav era uno che studiava, leggeva, osservava, s’informava per poi ricreare nella sua specialissima maniera. “Molti dei suoi dipinti vedono protagonisti la bellezza e il mistero del corpo femminile e in particolare il suo “periodo d’oro” è caratterizzato da un metodo di lavoro unico che gli permetteva di applicare sulla tela una sottilissima foglia d’oro naturale. È da questa tecnica raffinata che sono nate alcune delle sue opere più famose, tra cui un simbolo senza tempo della bellezza e dell’amore, l’iconico Bacio conservato al Belvedere di Vienna, uno dei primi musei pubblici al mondo con il suo complesso di palazzi barocchi e un giardino che incanta i visitatori con la sua singolare energia. Il Belvedere, che accoglie ogni anno 1 milione e mezzo di visitatori, ospita la più grande collezione esistente di dipinti di Klimt: ventiquattro opere integrate da numerosi prestiti permanenti, tra cui – appunto – il celebre Bacio.”
Giuditta, Ritratto di Adele Bloch-Bauer I, Pallade Atena, Le tre età della donna, Ritratto di Margaret Stonborough-Wittgenstein, Morte e Vita, Ritratto di Eugenia Primavesi… è una sfilata di capolavori, oltre al Bacio, quella che ci viene offerta dal docufilm, il quale si avvale del contributo di numerosi specialisti e storici dell’arte, mentre le immagini sono sottolineate dalla finissima musica di Asa Bennett.
Un film illuminante, anzi… luminoso, che aiuta a perdersi ancora una volta, ancora di più nell’enigmatico splendore di un dipinto e nei meandri intellettuali e spirituali del genio che lo compose e che mai volle spiegarne genesi ed esiti. A noi, posteri, la non ardua sentenza.
Alberto Figliolia