Libri che mi hanno rovinato la vita e altri amori malinconici di Daria Bignardi prova a raccontare il potere doloroso e salvifico della letteratura. Una premessa potente, seducente per chi legge con passione, ma che nel mio caso, si è scontrata con uno stile e una visione che non mi sono mai appartenuti davvero.
Il libro è un memoir diviso in dodici capitoli, uno per ogni mese dell’anno, ogni capitolo è un frammento della vita dell’autrice, filtrato attraverso i libri che l’hanno formata, ferita, cambiata. Un diario letterario che intreccia esperienze personali, traumi, amori finiti, dolori familiari, ricordi d’infanzia con le letture più significative della sua esistenza.
I tre “maledetti”, così li definisce, sono Il demone meschino di Sologub, La foresta della notte di Djuna Barnes, Così parlò Zarathustra di Nietzsche. Libri letti da giovanissima che, a suo dire, l’hanno “rovinata”, nel senso più profondo e trasformativo del termine. Ma tra le pagine compaiono anche Carver, Natalia Ginzburg, Virginia Woolf, Proust, Mishima, e altri nomi che si affacciano come compagni di viaggio, o meglio, come specchi.
Sarebbe ingiusto dire che questo libro non abbia valore; è onesto, e l’onestà in letteratura ha sempre il suo peso. La Bignardi non costruisce castelli retorici, non maschera il disagio, non cerca di piacere a tutti, però, per chi fatica a entrare in sintonia con la sua scrittura, la lettura può risultare più faticosa che appagante.
Lo stile è asciutto, misurato, forse troppo, a volte mi è sembrato di leggere il diario di qualcuno che teme di esporsi davvero, che racconta il dolore con una certa eleganza, ma anche con una distanza emotiva. Come se l’esperienza fosse più importante del modo in cui viene narrata. Ma io, quando leggo autobiografia, cerco carne, non solo riflessione, voglio entrare in contatto con l’autore, sentire il cuore che batte sotto le parole, e qui, invece, ho trovato una scrittura quasi trattenuta, più cerebrale che viscerale.
L’idea che i libri siano come relazioni (che ti attraggono, ti deludono, ti segnano) è il fulcro del progetto, e funziona, almeno in teoria. Per chi ama leggere, è facile ritrovarsi nei ragionamenti che l’autrice fa sull’influenza che le letture hanno avuto nel plasmare la propria identità.
Eppure, a tratti, il libro somiglia più a una rassegna letteraria autobiografica che a un’autobiografia letteraria: alcune citazioni sembrano appiccicate con mestiere, ma senza vero impatto emotivo. Si ha la sensazione che la parte più viva della narrazione sia nascosta tra le righe, che la malinconia evocata nel titolo resti, in fondo, un’eco più che un grido.
Non mancano, comunque, passaggi intensi, esempio la riflessione sulla malattia, sulla perdita, sul senso della solitudine, colpisce quando riesce a farsi personale senza diventare narcisistica. C’è una bella pagina in cui racconta di non ricordare se certi libri li abbia letti davvero o solo immaginati: ed è lì che si avverte il potere confuso, quasi mistico, della lettura che si mescola alla vita fino a renderla meno nitida, ma più vera.
E c’è una frase che mi ha fatto pensare, in mezzo al mio disaccordo stilistico e narrativo: “Ho deciso di scrivere di quei libri che mi avevano fatto soffrire, per capire qualcosa di me”, questa sola frase vale il prezzo del biglietto, perché dice molto del modo in cui la letteratura e la memoria agiscono dentro di noi.
Non è un libro che ho amato, e non ne farò tesoro, ma ne riconosco l’intenzione, e il coraggio.
Per me, resta un’occasione mancata di empatia, ma anche un invito a pensare: quali sono i libri che mi hanno rovinato e salvato la vita?
Titolo: Libri che mi hanno rovinato la vita e altri amori malinconici
Autore: Daria Bignardi
Prezzo copertina: € 16,50
Editore: Einaudi
Collana: Einaudi. Stile libero big
Data di Pubblicazione: 8 febbraio 2022
EAN: 9788806252588
ISBN: 8806252585
Pagine: 176
Citazioni tratte da: Libri che mi hanno rovinato la vita di Daria Bignardi
Ciò che dà bellezza a un ideale è la sua irraggiungibilità. (pag 11)
Plotonio, Platone, Hillman sostengono che l’anima, in associazione col daimon, scelga i genitori, il luogo, le circostanze e il corpo dove nascere, La nostra anima si sceglie i genitori che le sconvolgeranno la vita nel modo in cui era necessario venisse sconvolta perché diventassimo noi stessi e trovassimo la nostra vocazione. (pag 17/18)
…la memoria scrive una storia sua. (pag25)
Soffrirai perché niente dura, ecco tutto. È la dannazione finale alla quale cerchiamo di sfuggire per tutta la vita. (pag 93)
La cultura della morte non è che una patologia depressiva. Ci si prepara alla vita, non c’è alcun bisogno di preparare la morte. Questo vale se si devono vivere 50 anni, 50 settimane o 50 ore. (pag 103)
Non si può guarire dalla malinconia: la si può solo riconoscere. (pag 105)
Katia Ciarrocchi
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