Recensione: Daniele Germani – Come eliminare la polvere e altri brutti pensieri


“Come eliminare la polvere e altri brutti pensieri” di Daniele Germani, è un libro esplora il complesso mondo delle malattie mentali e dei disturbi psicologici, focalizzandosi sulla difficoltà a creare legami autentici e sulla possibilità di guarigione attraverso il sacrificio di mondi immaginari costruiti come antidoto all’isolamento e all’emarginazione e, nonostante la difficoltà dell’argomento l’autore riesce a trattarlo in modo delicato e poetico.
La trama si svolge negli anni Ottanta, durante la chiusura dei manicomi imposta dalla legge Basaglia del 1978, e si concentra su tre personaggi principali: una donna che ha abbandonato la musica per dedicarsi al marito e ai figli, un uomo ossessionato da una nota stonata che gli risuona nella testa e un folle che sta preparando una bomba per annientare il padre che non l’ha mai accettato.
Attraverso la vicenda letteraria della malattia “mentale”, il romanzo esplode nel racconto intimo della malattia “relazionale” e delle difficoltà di creare legami autentici con gli altri. Il romanzo ci porta a riflettere sul riscatto, i sogni infranti, la necessità di porci le domande giuste e di confrontarci con la realtà, l’autore invita, inoltre, a porci domande sui muri più difficili da penetrare, i più alti e i più spessi, eretti da chi ci sta intorno, e si interroga su chi sono i veri pazzi.
Ci sono passaggi molto intensi e profondi, anche quando si descrivono azioni semplici, in ogni pagina ci sono parole nascoste e in sottofondo una nota che probabilmente sembrerà stonata a qualcuno, ma dietro ogni parola, ogni frase, ci sono domande che ne celano altre e storie che non finiscono mai.
Le emozioni che si susseguono sono molto forti e coinvolgenti; la nostalgia, la rabbia, la delusione e l’amarezza sono descritte in modo lucido e appassionato, tanto che non sarà difficile sentirle addosso al lettore: sbarazzarsene sarà un compito non facile, perché queste emozioni resteranno impresse sulla pelle e nella mente di chi legge.
“Come eliminare la polvere e altri brutti pensieri” è un romanzo coraggioso e toccante che esplora il complesso territorio del senno umano, offrendo spunti di riflessione e di approfondimento su tematiche attuali e rilevanti per la nostra società.
Mentre la malattia del “pazzo” si fonde con la realtà e l’immaginazione, siamo portati a riflettere sulla nostra stessa vita e sul fatto che ci sia ancora molto da scrivere.

Titolo: Come eliminare la polvere e altri brutti pensieri
Autore: Daniele Germani
Prezzo copertina: € 12.00
Editore: Spartaco
Collana: Dissensi
Data di Pubblicazione: 25 luglio 2019
EAN: 9788896350768
ISBN: 889635076X
Pagine: 183

Citazioni tratte da: Come eliminare la polvere e altri brutti pensieri

…ho imparato a parlare, mormorando il buio dei miei pensieri. Eppure c’erano giorni in cui non riuscivo a stare zitto, perché la polvere dentro di me iniziava a graffiare, a sputare acido e mi risaliva dai polmoni e non mi faceva più respirare e allora urlavo perché il dolore era troppo. (pag 12)

La notte portava sempre con sé un silenzio misto a urla, a infermieri che urlavano a loro volta e a rumori di bastonate soffocate dalle lenzuola. (pag 17)

All’improvviso eravamo liberi. Già. Ma liberi da cosa? Noi avevamo solo bisogno di non dormire nella nostra merda, Di avere qualche medicina agli orari giusti, di non venire picchiati per qualsiasi cosa. Non avevamo bisogno di essere liberi. Avevamo bisogno di essere curati. (pag 19)

E solo una nota stonata che si ripresenta e presenta il conto, ogni volta, ogni curva, a ogni passo; rende molto ogni parola.
E’ quel pensiero che ti sveglia durante la tua ora di sonno pomeridiano e non ti fa più dormire e nemmeno alzare dal letto o dal divano, che ti lascia lì, nella penombra, a cercare di mettere insieme quel rumore che hai sentito, E accade, che sei in fila al supermercato, quel pensiero ti blocca in coda e chi ti segue ti scrolla e ti dice «scusi», e tu ti scusi, anche se non vorresti farlo, anche se vorresti urlargli: «Io non ho capito, aiutami». (pag 28/29)

La vita, questa somma di momenti e di passi che impieghi per arrivare a sera, quando le ombre si allungano e le sbarre sembrano dita che lambiscono i letti, le lenzuola, che camminano nel silenzio, avanzando nella confusione generata da certi strani pensieri. (pag 56)

Io non ero Pazzo finché non sono uscito dall’Istituto, perché prima ero come tutti gli altri.
Perché, forse questo non vi è chiaro, i matti sono matti solo quando sono fuori, quanto sono in giro, quando sono a contatto con voi che siete normali. (pag 59)

A chi cazzo serve un manuale di buone maniere in un mondo che come questo, dove siamo tutti omologati, dove siamo tutti quanti codificati?

Perché io parlo sottovoce, è vero, ma ricordatevelo, cercate di non dimenticarlo mai: io sono Pazzo perché siete stati voi a decidere di essere sani. (pag 62)

Quando si parla di gameti, di spermatozoi, di sviluppo della vita, ci si inchina e si cerca di comprendere come mai la diversità sia così perfetta è così necessaria.
Ma la natura non è stata inventata dagli uomini, che la possono solo scoprire, analizzare e poi riassumere nella parola scienza. Nessuno ancora ha capito cosa sia successo a noi diversi, a noi che abbiamo passato la nostra vita a sputarci in faccia nello specchio della nostra autostima. (pag 82)

Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi.(pag 89)

Io credo che voi abbiate un’idea sbagliata di quello che accadeva lì dentro. C’erano i bastoni, vero, c’era anche l’acqua saponata e la gente che si appendeva alle sbarre delle finestre. Ma c’erano pure persone che ragionavano bene, che fuori conducevano un’esistenza abbastanza normale e che erano lì dentro solo perché la vita a volte ti inciampa davanti mentre stai camminando per i fatti tuoi e non trovi nessuno che si ferma ad aiutarti. (pag 93)

…la realtà a volte si scontra coi progetti e quei progetti devono essere attuati. Per farlo serve razionalità e coraggio. (pag 96)

Il «per sempre» dura quanto una sonata di Schumann, quanto una mezza bottiglia di liquore dolciastro che ti ha fatto ubriacare o forse una miccia che si consuma troppo rapidamente. (pag 127)

A cosa serve vivere se non possiamo infrangere il muro della realtà o abbandonarci all’immaginazione? (pag 142)

…il significato della vita lo si può trovare in ogni libro, in ogni canzone o discorso da bar nei quali ci si imbatte ogni giorno. Ognuno ha il suo, sono tutti veri, plausibili e rispettabili. (147)

Ho scoperto che il tempo si piega nei ricordi e non nelle ferite che la vita ti ha inflitto. Quelle restano, si trasformano, diventano alibi e verità manomesse dalle circostanze. (163)

Solo che la storia non sta guardare, i nostri progetti e ci travolge, senza mai sentirsi in obbligo di chiedere il permesso. (pag 175)

Katia Ciarrocchi
© Redazione Lib(e)roLibro

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