Un colera mercenario di Alejandro Torreguitart Ruiz


Vignetta di Omar Santana

Solita vita al palazzo di Toyio, solite pisciate di cani e cristiani nel portone, solite buche sull’asfalto, soliti bambini che gridano e amanti che scopano quando nessuno li vede. Un vecchietto si aggira con le copie del Granma sotto braccio, diffonde la buona novella di una Rivoluzione sempre più solida e forte. Fa caldo e piove all’Avana, ogni giorno di più, le fogne scoppiano, il puzzo ammorba i quartieri popolari, la sporcizia dilaga tra bidoni che riversano a terra il contenuto e spazzini che non fanno il loro dovere. E in mezzo a tutto questo, le notizie si rincorrono, la gente parla, dicono che il colera si stia diffondendo anche all’Avana, che ci siano già stati diversi casi. Ma il governo smentisce. Ci sono troppi turisti di questi tempi a Cuba.
“Amico, mi dai una copia?”, dico al vecchietto.
“A cosa ti serve? Non guardi la televisione?” risponde.
“Poco. Mia madre spenge dopo la novela anche se mio padre litiga per vedere il notiziario. Dice che è stanca di sentire le solite balle…”
“E tu no?”
“Sì, certo. Sono stanco pure io, ma è meno tempo che le sento”.
“Se vuoi il Granma dammi un peso, amico”.
Pago e prendo la mia copia. Il vecchietto prosegue allibito. Sputa per terra e mi saluta, pensa che devo essere matto. Non ha fatto un affare. Compra a pochi centavos le copie del Granma per rivenderle ai turisti che sono più generosi, pagano quei quattro fogli sgualciti persino un peso convertibile. Si portano via le copie del Granma come se fossero un cimelio rivoluzionario, l’ultimo bollettino di guerra emanato dalla riserva comunista. Il Granma è un periodico senza incertezze, non coltiva il germe del dubbio, non vacilla di fronte al dovere, per i giornalisti di regime tutto è bianco o nero, non esistono mezze misure. Il colera? Una menzogna capitalista, un attacco dell’impero, una macchinazione coltivata da pericolosi mercenari.
Leggo l’articolo che m’interessa, un dispaccio governativo firmato Percy F. Alvarado Godoy, intitolato Guerra mediatica contro Cuba. Gli scrittori Lina de Feria, Reina María Rodríguez, Desiderio Navarro, Víctor Fowler e Daniel Díaz Mantilla, sarebbero agenti del nemico, aggressori della sicurezza rivoluzionaria, colpevoli di aver sostenuto che un’epidemia di colera potrebbe recare danni al paese, se non controllata in tempo dal Ministero della Sanità. Gli scrittori imperialisti hanno osato affermare che il vibrione proviene da Haiti, dove i nostri eroici medici rivoluzionari si sono recati a combattere l’epidemia, cosa impossibile perché è risaputo quanto il fervore internazionalista sia un’arma possente contro ogni tipo di infezione. Un vero rivoluzionario in lotta contro il nemico non si ammala, non si ammala mai, è immune da ogni tipo di contagio. Tu pensa che chi ha scritto l’articolo è Alvarado Godoy, una spia della Sicurezza di Stato infiltrata per oltre vent’anni a Miami nella Fondazione Cubano – Americana. Un tipo di cui fidarsi, non c’è che dire. Un uomo che trasmette sicurezza. Un giornalista sopraffino. Il Granma ribadisce il concetto dei dissidenti pagati dall’Impero, di Obama che impiega fondi per costruire la democrazia a Cuba, che paga gli intellettuali cubani e i blogger indipendenti tramite la Sezione di Interessi degli Stati Uniti all’Avana, organo costituito al solo scopo di screditare il governo. Mi chiedo perché non la facciano chiudere, allora. Mi domando perché – nonostante sia il rifugio di pericolosi controrivoluzionari – continui a svolgere le sue funzioni. Misteri del castrismo. Un nemico serve, forse. Meglio un nemico da incolpare che raccontare la verità. E allora vai con il tango dei controrivoluzionari pagati dalla Cia, sia Omni Zona Franca che il Festival di Poesia Senza Fine, ma soprattutto Yoani Sánchez, Guillermo Fariñas, le Dame in Bianco, tutti nel libro paga statunitense, stipendiati per dire il falso, per sobillare il popolo contro un governo giusto e rivoluzionario.
Non occorre leggere altro. Aveva ragione il vecchietto. Le menzogne come sistema di governo. Certo che ci considerano proprio scemi. Nel 1959, per molto meno abbiamo fatto una Rivoluzione. Richiamo il venditore di giornali, si è allontanato di pochi isolati, sta facendo colazione con un panino imbottito e un caffè nero nel bar più economico di Toyo, uno dei pochi che vende prodotti in moneta nazionale.
“Se rivuoi il tuo peso è tardi. Me lo sono mangiato”, dice.
“No, lascia stare. Ma riprenditi questa merda. Magari la vendi a un turista italiano. Pare che loro siano comunisti”.
“Fanno i froci con il culo degli altri”.
“Lascia stare i froci. Qui il culo ce lo fanno a noi…”
“Ti avevo avvisato”.
“Da qui in avanti leggerò solo Palante”.
“I fumetti non sono migliori. Spie, traditori, imperialismo…”
“Resta la parabola. Ho un amico che ha messo Internet di frodo”.
“Attento, guarda che mi finisci sul Granma come servo dell’Impero”.
Il vecchietto mi saluta. Ha finito il panino e ha bevuto il caffè. Prosegue verso il centro storico, le copie del Granma sotto braccio, alla ricerca di un turista ciccione in vacanza tra mulatte e cazzate rivoluzionarie. Cuba è in grado di appagare i suoi sogni. “La Sezione d’Interessi degli Stati Uniti è a caccia di giovani come Eliecer Ávila, desiderosi di soldi e protagonismo, ambiziosi che vogliono distruggere la Rivoluzione Cubana. Radio Martí e Diario de Cuba vogliono comprare le persone tramite concorsi. Yoani Sánchez organizza il Festival Clic con il denaro sporco dell’Impero ed è la più pericolosa controrivoluzionaria che vive all’Avana. Stipendiata dalla Cia e dalla Sezione d’Interessi, finanziata sotto forma di premi e collaborazioni giornalistiche”.
Questo è il Granma. Questa è la nostra informazione. Tutto andrebbe bene se non ci fossero gli imperialisti che vogliono distruggere il sogno rivoluzionario. E usano i mezzi peggiori. Persino il dengue e il colera.

L’Avana, 12luglio 2012
Alejandro Torreguitart Ruiz

Traduzione di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi

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