A cura di Augusto Benemeglio
1. Danza macabra
August Strindberg era incapace di avere rapporti con la gente, in specie con le donne, era assai peggio dell’altro drammaturgo vichingo coevo , il norvegese Henrik Ibsen, che pure si era congedato con un dramma (“ Quando noi morti ci destiamo”) che è tutto un programma circa l’utilità dell’arte e l’impegno intellettuale ( ossia zero). Ma per avere l’esatto senso della sconfitta e del fallimento dei rapporti interpersonali di Strindberg basta andare a rileggersi quel drammone plumbeo zincato come una bara che è “ Danza Macabra” , opera che fui tentato di mettere in scena qualche anno fa perchè nel protagonista , il capitano fallito che comanda una sorta di ultimo avamposto da “deserto dei tartari” su un isola che non c’è , e nella moglie ex attrice ( che a quel tempo significava anche “puttana”) , tolta dalla strada dall’ottuso capitano per portarla a vivere su uno scoglio irto grigio e deserto, tra gli alzabandiera e i present’at-arm , le tramontane polari e la danza dei reumi , c’era qualcosa di mio , della mia vita reale , ma anche qualcosa che in qualche modo potesse appartenere a tutti , dal commesso al commerciante , dall’impiegato del catasto al barbiere, dal macellaio al benzinaio, ecc. ed è questo in fondo il segno distintivo di riconoscimento di un’opera d’arte . E Strindberg era un vero e grande artista, un genio , animato da un intimo lacerante pressante desiderio di verità assoluta, al di là delle scelte formali ed estetiche. Lo confessa lui stesso ad un amico , nel 1907: “ Vorrei scrivere bello, luminoso, ma non m’è lecito; non ce la faccio . M’impegno come in un dovere orribile a dire la verità: la vita è indicibilmente brutta”.Era sempre inquieto, teso, ansioso, tormentato, tumultuoso , frustrato, angosciato, ma anche infoiato, con il dramma coniugale (e sessuale) fisso nella testa . Era un uomo ossessionato e ossessionante , assolutamente insopportabile , un uomo “folle” e per anni la follìa è stata considerata una sorta di “conditio sine qua non”, un pass-partout per aprire la porta misteriosa dell’arte , dove risiede il sesto senso che ti fa essere in qualche modo profetico.
2. Il vampirismo della donna
E August Strindberg lo fu, profetico. Anticipò di mezzo secolo tutta la tematica di quell’altro genio svedese (della cinematografia e del teatro ) che è Ingemar Bergman. Tutti e due hanno avuto tormentate convivenze , matrimoni e divorzi in serie , in produzione industriale . Per Ingmar se ne contano già cinque , August si limitò a tre : sposò dapprima una borghese tedesca, poi una pittrice austriaca , infine una attrice norvegese, Harriet Bosse, che somigliava molto alla moglie del capitano della danza macabra : . “E’ un male che nessuno è in grado di curare, questo. Non hai voglia di mangiare né di bere, solo di piangere. E che lacrime amare! Cosa vuoi da lei? Nulla. Non vuoi baciarle le labbra perché temi di morirne. E quando il tuo pensiero corre a lei hai l’impressione che la morte sia vicina. Ma è dalla morte, ragazzo mio, dalla morte che viene la vita. Però tu questo ancora non lo capisci… Profumo di violette! E’ lei! Si, è lei! Sempre e dappertutto solo lei!”
Fin da Herr Beng hustru, La moglie del Signor Beng, che è del 1882, Strindberg descrive la lotta tra i sessi, il vampirismo della donna, l’annientamento spirituale dell’uomo, la mostruosità del vincolo coniugale, ma ciò non gli impedirà di sposarsi altre due volte, dapprima Frida Uhl, figlia di un autorevole giornalista viennese , conosciuta nel cabaret berlinese “Il porcellino nero”, ritrovo di boheme internazionale,matrimonio che dura un paio di anni, infine quello con Harriett , esperienza che porterà poi sulla scena nel 1901 , con “Danza Macabra”. Qualcuno scrive per il gusto dell’orrore che lo assimila a Poe , però “non ha l’anima satura di triste sognante bellezza dell’americano” per “espiare le sue colpe”, ma in questo caso la crisi matrimoniale (divorziano dopo tre anni) s’innesta in una crisi generale, che è tra le più gravi attraversate dallo scrittore svedese, colpito anche dalla perdita della amata sorella Elisabeth, da tempo ricoverata in manicomio.
I suoi furori polemici si rivolgono contro tutto e tutti, coi romanzi “Le sale gotiche”e “Bandiere nere”, egli si propone di abbattere ogni ordinamento, ogni valore tradizionale, dalla monarchia alla chiesa, dal capitalismo alla burocrazia; un’intensa, sfrenata attività che caratterizza gli ultimi anni della sua vita, dà alle stampe raccolte di versi, lo zibaldone “I libri celesti”,che parla un po’ di tutto, dall’arte teatrale ai saggi filosofici, e nel 1907 decide di fondare un teatro a Stoccolma, dove rappresentare le sue opere drammatiche da camera, tra le quali “ La sonata degli Spettri” e “Il pellicano”, che non avranno il successo che lui sperava, ma avranno il merito di portare sulla scena svedese il realismo psicologico e uno stile di recitazione completamente diverso da quello ottocentesco..
3. Noi siamo all’inferno
Era stato “nicciano” , con la teoria del superomismo, visionario lucido, si entusiasmò per le religioni, soprattutto lo intrigò il buddhismo e poi approfondì anche il cattolicesimo. Anche lui – come il pauroso, timido , ma ugualmente tormentato e infoiatissimo “don Lisander” Manzoni , che sfiancò la povera Enrichetta facendole partorire 13 figli e non so quanti aborti – ebbe la sua “conversione” , e così la sua follìa di base diventò mistica-simbolica, finchè nel suo bisogno di “tutto esplorare” , approdò alla politica e i suoi lavori diventarono social-cristiani, ma, intendiamoci, una social democrazia alla svedese, mica all’italiana. Quando August scriveva i suoi drammi (l’abbiamo già detto) era la sua vita che metteva sul palcoscenico, affinchè – diceva lui – “ io la
patisca e ne dia conto al mondo”. Era dell’idea di Swedenborg, che è un “delitto essere felici e pertanto la felicità doveva essere punita” .
Era un pazzo allucinato visionario sognatore che anticipò tutti i temi dell’angoscia che trattiamo ancora oggi: “Noi siamo all’inferno per peccati commessi in una precedente esistenza”. Lui e Munch , con il suo “Urschrei” , hanno precorso i tempi. Strindberg ha anticipato tutto: Brecht, gli sperimentalisti e il teatro senza una vera e propria trama, dove quel che conta è l’interiorià, il paradiso e l’inferno del singolo soggetto, i fantasmi del quotidiano che ci portiamo dentro e che purtroppo non potremo mai – dico mai – del tutto rimuovere. “E danza macabra” che cos’è se non questo ? Il bello, anzi direi il brutto, è che ‘sti fantasmi tu mica lo sai perchè ti aggrediscono. Magari c’entra tua madre e tuo padre che litigavano e avevano problemi sessuali ancor prima che tu nascessi , magari c’entra tuo nonno che non hai mai conosciuto; magari centra quello zio pazzo che si credeva un santo e andò a farsi eremita in una grotta sita in un paesino del Lazio , Amatrice, che è a confine con tre quattro regioni, ma è famoso solo per la pastasciutta, “ all’amatriciana” .
4. Il capretto sgozzato
Certo, August Strindberg , non conosceva Amatrice , né l’amatriciana , e forse non l’avrebbe digerita , con il suo stomaco delicato, come non avrebbe digerito – pur essendo “il più moderno dei moderni” come scrisse di lui O’Neill, quello che un presunto artista salentino di cui non faccio nome ha fatto qualche tempo fa (con la complicità del cattedratico di turno) all’Accademia delle Belle Arti, ovvero far sgozzare un innocente capretto davanti ai suoi discepoli, in nome della sublime arte..” E’ un’operazione di poesia…alta poesia rituale, sacra..,” ha detto il professore difendendo a spada tratta lo sgozzatore di capretti dagli attacchi dei retrogradi. “Del resto – ha soggiunto il direttore dell’Accademia in persona – anche Leonardo, Dante, Bunuel, anche Fo lo hanno fatto nel passato.. Come vedi, mio caro quasi omonimo August , gli imbecilli continuano a proliferare e a circolare nelle scuole!…. Anzi, sembra che ce ne sia una vera e propria inflazione al punto tale che si ha timore di essere contagiati non appena tu ci metti piede.
Augusto Benemeglio
Roma, 8 aprile 2014