ArteRecensione: Picasso lo straniero


Lo straniero impara l’arte di adattarsi in maniera più creativa, anche se più dolorosa, di chi si sente in diritto di appartenenza. (Pablo Picasso)

Picasso è una specie di moto perpetuo. Lo cerchi di qua ed è già andato di là, e non ripercorre mai le stesse strade. (Un critico)

Parigi, 1904: Pablo Picasso, ventitreenne, posa per un anonimo fotografo sulla Place Ravignan a Montmartre. È uno straniero, è squattrinato, ma lo sguardo è bruciante: è la scintilla del genio che sarà, che già è.
Pablo Ruiz Picasso, per la precisione. Immigrato, a malapena accettato, nonostante la moltitudine di amici artisti. Una condizione di marginalità/estraneità che con la potenza, la forza, la creatività della propria arte saprà scrollarsi di dosso divenendo una icona mondiale. Ma non acquisirà mai la cittadinanza francese, che prima avrebbe desiderato, poi per orgoglio mai più richiesto (la necessità era peraltro scomparsa). Del resto ogni artista è un po’ in esilio dal mondo pur essendovi immerso dentro fino al collo.
Picasso lo straniero è il titolo della mostra che fino al 2 febbraio 2025 all’artista di Malaga dedica Palazzo Reale. Promossa dal Comune di Milano – Cultura e prodotta dallo stesso Palazzo Reale con Marsilio Arte, grazie anche alla collaborazione del Musée National Picasso-Paris, principale prestatore, del Palais de la Porte Dorée con il Musée National de l’Histoire de l’Immigration e della
Collection Musée Magnelli Musée de la céramique di Vallauris, l’esposizione nasce da un’idea di Annie Cohen-Solal, autrice di Picasso. Una vita da straniero e curatrice scientifica del progetto, e si avvale della curatela speciale di Cécile Debray, presidente del MNPP.
Novanta sono le opere dell’artista, oltre a documenti vari, scatti fotografici, immagini video, lettere. Subito sorprendono per l’inusitata forza drammatica La mort de Casagemas (Parigi, estate 1901, olio su legno), come il liquido Groupe de femmes (Parigi 1901, guazzo, acquerello e inchiostro su carta, 16,1 x 11,5 cm), dimostrazione della superba sua capacità tecnica e della tenacia della sperimentazione.
Non finisce mai di stupire Pablo, con i suoi salti stilistici e ispirativi, modalità cangianti per una visione inimitabile della realtà che si sfa e ricompone, re-interpretata incessantemente: Homme à la pipe (Parigi, primavera 1914, olio e tessuto stampato, incollato su tela), La Lecture de la lettre (Parigi, 1921, olio su tela, 184 x 105 cm), la Grande Baigneuse au livre (Parigi, 18 febbraio 1937, olio, pastello e carboncino su tela, 130 x 97,5 cm), il paesaggio di caotica armonia, azzurrato, de La Baie de Cannes (Cannes, 19 aprile-9giugno 1958, olio su tela, 130 x 195 cm), e stampe, manifesti, disegni, sculture, ceramiche (sempre spettacolari!)… Ma anche la copertina del fascicolo intestato a Ruiz-Picasso dalla Polizia di Parigi, le ricevute per la richiesta per la carta d’identità di Pablo Picasso con timbro “spagnolo” del 3 luglio 1931 e con impronte digitali del 23 novembre 1937.
La condizione di sospetto anarchico, quindi sottoposto a sorveglianza speciale. Periodi di vera miseria. La ricerca di una strada verso l’affermazione piena. L’amicizia con Guillaume Apollinaire. La fascinazione per l’arte africana. La suggestione dell’avanguardia (Cubismo e Surrealismo). Il successo e la fama. L’impegno politico, lui esule antifranchista (un dolore universale pare a tratti attraversarne l’opera, un genuino tormento, che a malapena l’arte riesce a sublimare: è tutto lì, in chiarissima evidenza). Il lavoro continuo, gioioso e, al tempo stesso, feroce. Pletorico e sempre esplosivo, d’immensa, immane qualità. “La legge polifonica degli opposti” e i demoni che ci navigano dentro. I “quadri magici”. Le distorsioni e le ricombinazioni. L’apparente stravaganza e l’armonia in inediti rapporti e trame. Picasso, il Minotauro. E i suoi labirinti… Il sole meridionale e i colori accesi, la corrida, le ri-costruzioni e i riassemblaggi geniali, immaginifici.
Picasso lo straniero è quanto mai esaustiva, un bagno sentimentale ed estetico nella mente e nell’anima del giovane Pablo che anche invecchiando avrebbe saputo mantenere una fanciullezza interiore (al netto delle indubbie difficoltà caratteriali e relazionali).
“Nel 1955, quando Picasso lascia Parigi per stabilirsi nel sud della Francia, sceglie di lavorare con gli artigiani del posto, voltando deliberatamente le spalle alla tradizione del bon goût: decide insomma di immergersi nel mondo mediterraneo, nel sincretismo originario delle sue molteplici identità, consegnando il proprio mito al vasto mondo”,  è la scelta logistico-esistenziale conclusiva di colui da parte del  quale il Louvre rifiutò la donazione de Les demoiselles d’Avignon nel 1929. Poi sarebbe arrivato quel capolavoro senza pari che è Guernica (nel 1953 fu la monumentale opera collocata nella Sala delle Cariatidi – Milano la prima e sola, tuttora, città italiana a esporla – che per la sua bellezza aveva fortemente colpito Picasso)
Per quanto il percorso espositivo si dipani secondo un ordine cronologico, dal 1900 al 1973, lo si può leggere anche come una sequenza di salti emozionali. “C’è una piccola gouache Gruppo di donne del 1901: Picasso nei primi mesi a Parigi lavora moltissimo, eseguendo a tempo di record sessantaquattro opere che ci pongono di fronte a personaggi sconcertanti, ritratti con colori violenti, con ampi tocchi di rosso che spiccano come ferite. È il popolino di Parigi osservato nei bassifondi della città, nei caffè e nelle stradine di Montmartre, insieme al gruppo accogliente dei catalani del quale adesso anche Picasso fa parte.”
Racconta Annie Cohen-Solal: “Guardato con sospetto come straniero, uomo di sinistra, artista d’avanguardia, Picasso si destreggia con abilità e acume politico in un paese che poggia su due grandi istituzioni: la Police des étrangers e l’Académie des beaux-arts, che tutelano ossessivamente la ‘purezza della nazione’ e il ‘buon gusto francese’. Nella mia ricerca appare costantemente l’immagine di un Picasso vulnerabile e precario, perché sapeva di poter essere espulso in qualsiasi momento. Tuttavia, seppe navigare da grande stratega contro la xenofobia diffusa”.
Picasso lo straniero è anche, quindi, un’importante occasione per riflettere sul tema delle immigrazioni e dell’accoglienza, mostrando quali e quante risorse immaginative e di utilità sociale possano celarsi in coloro che giungono, per i più disparati motivi, in un paese straniero, una ipotetica nuova patria. Potenzialità da esplicitare e da condividere con la società che ti ospita e si fa tua, in un gioco di sana e feconda reciprocità. Picasso docet: mancato cittadino francese e vocazione cosmopolita.

L’unico autentico genio del nostro tempo, come non ce ne sono stati mai, eccetto forse nell’Antichità. (André Breton)

Ma dimmi, chi sono
questi girovaghi, questi anche un po’
più fuggitivi di noi […]

(Rainer Maria Rilke)

Alberto Figliolia

Picasso lo straniero. Fino al 2 febbraio 2025. Palazzo Reale, Piazza Duomo, Milano.
Orari: mar, mer, ven, sab e dom 10-19,30; gio 10-22,30; lun chiuso. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura.
Aperture straordinarie: sab 7 dicembre  10-19,30; dom 8 dicembre  10-19,30; mar 24 dicembre 10-14,30; mer 25 dicembre 14,30-18,30; giovedì 26 dicembre 10-22,30; mar 31 dicembre 10-14,30; mercoledì 1 gennaio 14,30-19,30; lunedì 6 gennaio 10- 19,30.
Info: call center Vivaticket tel. 0291446111, e-mail preno.marsilioarte@vivaticket.it, siti Internet www.palazzorealemilano.it, www.marsilioarte.it, social @palazzorealemilano e @marsilioarte, hashtag #picassolostraniero.
Catalogo pubblicato da Marsilio Arte.

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