Guardava l’orizzonte, lasciandosi accarezzare dagli ultimi raggi di sole.
Gli erano rimaste solo quelle carezze, che per lui erano le più belle perché a senso unico.
Guardava laggiù, dove cielo e terra s’incontrano, sperando di trovare, le risposte alla sua solitudine.
Adesso, che anche la sua gatta l’aveva lasciato, era proprio solo il vecchio Giorgio.
Lui, di quella solitudine, aveva paura.
E pensare che l’aveva tanto bramata, soprattutto, quando il suo locale sul mare, si riempiva di gente.
In quei momenti di confusione si sentiva oppresso, nervoso, e avvertiva il desiderio di scappare.
La moglie spesso gli ripeteva :
« Se questa gente non ci fosse, di cosa vivremmo? »
Lui annuiva, mentre continuava a impastare e infornare pizze fantastiche che la gente divorava con gusto.
Sembra, che all’impasto aggiungesse un ingrediente segreto, capace di aumentarne la fragranza.
Quando la moglie morì, all’improvviso, rimase frastornato ed incredulo.
Lei, così solare…se n’era andata.
La loro gatta, enorme come una palla, si attaccò ancora di più a lui, e lui a lei.
Da alcuni mesi vivevano in simbiosi; non c’era un giorno che si staccassero l’uno dall’altra.
Adesso che il locale era in pausa, in attesa della nuova stagione, nonno Giorgio si godeva le giornate andando a pesca con la sua barca, sempre in compagnia della sua gattona.
Tornava a casa la sera, quando il sole si tuffava nel mare. Mangiava qualcosa insieme alla gatta e, poi a nanna.
Non lo avevo mai visto versare una lacrima, per la moglie morta.
Lo andai a trovare nel suo locale, in novembre.
Le onde d’argento del mare, così simili nel colore, ai suoi baffi ed ai suoi capelli, con il loro sciacquio smuovevano il grigiore del silenzio, di quel mese di inverno.
Lui sembrava una creatura marina : il vecchio del mare, il dio del mare. Guardandolo, avvertivo fortemente come fra di loro esistesse un profondo ed intenso legame.
Non si poteva evocare la sua figura, senza veder apparire insieme a lui, il mare.
Parlammo……..gli dissi che c’erano le nostre nipotine che lo aspettavano.
Lo sentii solo, distante. Lessi la disperazione, nei suoi occhi di mare d’inverno.
La morte della gatta gli aveva offerto, su un piatto d’argento, quella solitudine che lui andava cercando.
Adesso che aveva potuto vederla da vicino, sperimentarla e assaporarla, si era reso conto, di quanto, la solitudine nella sua integralità, fosse cruda ed amara. Uno stato di angoscia, lo aveva invaso, lasciandolo impaurito e, spiazzato.
Se avesse voluto, non sarebbe stato del tutto solo.
Per questo avrebbe dovuto scendere a compromessi, che lui, sicuramente, non amava.
Percepivo il freddo, che stagnava nel suo cuore, non perché ci fosse assenza d’amore, anzi di amore ce n’era in quantità, ma tutto ciò rimaneva impigliato nel ghiaccio, incagliato come un relitto nel mar glaciale artico, senza riuscire a trovare nessun sbocco per uscire.
Io di tutto questo non mi sono mai chiesta il perché; lui era così e basta.
Guardò il mare e ne respirò l’intenso profumo.
Le onde smosse dal vento investirono di fredde gocce il suo corpo, che ebbe un brivido.
Fu allora che il suo cuore cessò di battere.
Un’onda salata lo spruzzò, con una miriade di goccioline di cristallo più tiepide, ed i suoi occhi cominciarono a lacrimare gocce salate che cadevano confondendosi con altre gocce salate.
I suoi capelli, i suoi baffi argentei e le sue povere membra si fusero con l’argento del mare, e divennero mare.
E lui tornò mare……il dio di quel pezzetto di mare di Versilia che costeggia il suo stabilimento balneare.
In inverno, quando il mare sfoggia la sua gamma di grigio e mostra al mondo i suoi splendidi toni argentei, io ritrovo il volto di nonno Giorgio.
Allora gli parlo. Ho sempre molte cose da dirgli e sono certa che lui sta ad ascoltarmi.
Serenella Menichetti
La solitudine: un vuoto che risucchia la vita nel gran mare del nulla. E la vita si perde in quel mare finché, a testimoniare l’esistenza di un uomo, resta solo il suo ricordo.
Bella pagina, breve ma intensa.
Complimenti.