A cura di Alberto Figliolia
Ovvero tetralogia H
Benemeriti. Missionari di umanità. Questo sono oggi maestri e professori della scuola pubblica italiana. Nonostante e contro gli sfasci operati dalla politica in malafede, nonostante e contro l’abbandono e la deriva cui parrebbe volersi condannare il sistema della pubblica istruzione, viatico di civiltà e progresso, ci sono loro, i docenti, che resistono e ogni giorno vanno a compiere, con impagabile spirito, il proprio dovere. Una tirata, questa, ideologica e retorica? Giudicate un po’ voi dai fatti appena passati e correnti… A ogni modo la nostra ammirazione non può non andare verso tutti coloro che nelle scuole operano con indefesso spirito, malgrado gli stipendi (da fame) e le innumerevoli difficoltà poste loro di fronte da quel sistema che invece dovrebbe incoraggiare e sostenere nel quotidiano lavoro di formazione di giovani e giovanissimi, ossia quelli che costituirebbero il nostro futuro. Va bene così… Perciò ho letto con la massima attenzione e rispetto il libro di Marco Alessio Signò, insegnante di sostegno (ma la descrizione è limitativa di quello che è l’impegno messo in campo e profuso), Eppure da piccoli eravamo tutti juventini-Ovvero tetralogia H (niente male come titolo e sottotitolo…) edito nel 2013 da A.Car (pp. 304, euro 16,50).
Un racconto in punta di penna. Una storia di dedizione e passione, di cuore e intelletto, di relazione profonda fra l’insegnante e Gabro “Cuor di leone”, Fabro e Francescone, Bruno, Annarita e Daniele, ragazzi diversamente abili eppure più abili che mai, campioni di sensibilità e invincibile umanità.
Il libro si dipana con levità,e nel contempo, con le giuste prospettive. Una crescita costante è la narrazione, parallelamente a quel che accade con il rapporto che s’instaura fra il nostro Marco e l’allievo di volta in volta affidatogli.
“Gabro, da solo, scoprì poco alla volta un modo di leggere tutto suo che, anch’io, feci mio in seguito, come accomunati ancora dallo stesso destino. La nostra fratellanza il nostro legame per questi anni. Il Magnificat recitato all’unisono dalle nostre due flebili voci: lungo il tragitto che ci condurrà alla conoscenza dei nostri saperi, che si mescolano, che, dopo aver preso conoscenza gli uni degli altri, imparano e procedono spediti per la medesima strada. Stretti bene nelle nostre due solitarie anime che un giorno si sono qui incontrate”. Se non è empatia questa… Oltre che un originale metodo didattico. “Dottrina” e creatività, un cocktail perfetto per raggiungere gli obiettivi. Obiettivi che in tal caso non assumono aridi significati (quando ci sono di mezzo l’accrescimento culturale, la solidarietà, la felicità, anche solo in particole…).
Fabro e l’amore per la Juventus. Il calcio – da cui il titolo – come materia di relazione, regole, complicità e acquisizioni. Il contenuto milanismo dell’autore il fervore bianconero dell’allievo trovano un’allegra e pur colta sintesi nelle conversazioni e nei dialoghi che si allargano poi ai più importanti temi dell’attualità. La partita vista insieme allo stadio. Le emozioni condivise. Nereo Rocco, Boniperti e Paloschi. La contemporaneità. La fiducia nel mondo, negli altri.
Francescone. L’autismo. Gli anagrammi… “Così iniziai a mettere in fila, davanti a lui, le nostre lettere dell’alfabeto, sul banco, davanti ai suoi occhi, quasi sempre, sgranati in cerca di qualcosa che lo affascinasse in qualche modo. Dopo le prime volte, in cui avevo iniziato a mostrargliele a viso scoperto, nelle lezioni successive, cominciai a impedirgli di vederle tenendogli un asciugamano davanti agli occhi per non permettergli di vedere da dove sottraevo la lettera dell’alfabeto in questione. Spesso approfittavo del piccolo accessorio di cotone per asciugargli il viso e la fronte, visto che il nostro ragazzone, a causa di alcuni medicinali che era costretto ad assumere, tendeva a sudare molto.
“Ebbene, poco alla volta, Francescone incominciò a distinguere le consonanti e le vocali dell’alfabeto italiano. Io gli toglievo, una alla volta, le tesserine che erano appoggiate sul banco affinché, poi, lui le rimettesse a posto nella loro sequenza esatta. Ci volle circa un anno perché imparasse bene l’ordine delle lettere, ma ci riuscì anche perché io non avevo fretta…”. Come dicevamo, quando si fa un lavoro con dedizione e cura, acume e passione…
Infine, nella Parte Quarta del volume, l’esaltante esperienza ai Giochi Sportivi Studenteschi, con le finali nazionali disputate a Lignano Sabbiadoro, disciplina nuoto. Bruno, Daniele e Annarita – con i loro insegnanti e accompagnatori Marco e Stefania – assurgono al ruolo di protagonisti, in una cornice di genuino entusiasmo, lealtà competitiva, puro agonismo (puro nel nobile significato di purezza) e comunione d’intenti e sentimenti.
Toccante senz’esser retorico, istruttivo senz’esser didascalico, coinvolgente, Eppure da piccoli eravamo juventini-Ovvero tetralogia H, è un romanzo-verità o un docuromanzo. Le etichette, esistenti o create ad hoc, non esauriscono in ogni caso la forza di una storia in cui si entra con ogni fibra esistenziale.
Alberto Figliolia
Titolo: Eppure da piccoli eravamo tutti juventini ovvero tetralogia H
Autore: Marco A. Signò
Editore: A.CAR.
Collana: Brividi & Emozioni
Prezzo: € 16.50
Data di Pubblicazione: Aprile 2013
ISBN: 8864900691
ISBN-13: 9788864900698
Pagine: 294
Reparto: Narrativa > Narrativa contemporanea