Manzoni e il Risorgimento italiano


A cura di Augusto Benemeglio

1. Il Senatore Manzoni
Siamo agli inizi del 1860, sta per nascere il Regno d’Italia ed Emilio Broglio si reca a casa Manzoni trafelato per dare la notizia, in anteprima al “Signor Conte”: “Hanno deciso di nominarla Senatore del primo Regno d’Italia”. Ma don Lisander lo ghiaccia:
“Sono lusingato, ma accettare è un’assoluta impossibilità…”
“ Ma perché mai, Signor Conte?”
“ Lascio stare che a settantacinque anni viaggiare, mutare domicilio e abitudini, separarmi da una moglie inferma e da una famiglia che non potrebbe seguirmi, non è cosa di poco momento. Ma v’ha di peggio, caro Broglio. Di parlare in Senato, non è nemmeno il caso di pensarci, giacchè sono balbuziente, e tanto più quando son messo al punto; sicchè farei certamente ridere la gente alle mie spalle anche soltanto a dover rispondere, lì per lì, alla formula del giuramento”.
“Ma Signor Conte, la proposta è di Cavour in persona e poi ella non ha alcun bisogno di…”
“ Parlare, dice?…Ma guardiamo in faccia la realtà, Broglio!…Mi ci vede davanti ad una così alta e solenne assemblea che dico…Giu… giu…giuro!… Farei ridere tutti. E andare in Senato, anche per tacere, è già una grossa difficoltà per un uomo che, da quarant’anni, in causa di attacchi nervosi, non osa uscir solo di casa sua”.
Per convincerlo ad accettare la nomina dovrà venire , il 15 febbraio , Cavour in persona , quello stesso Cavour che gli aveva scritto una lettera l’anno prima dichiarando che l’essere amico di Alessandro Manzoni sarebbe stata “ la più cara, e la più splendida ricompensa per quel poco che ho potuto operare a pro della nostra Patria” . Manzoni Senatore del Regno d’Italia farà due soli viaggi a Torino: nel giugno dello stesso anno, per il giuramento. E l’anno successivo , il 26 settembre 1861, per la proclamazione del Regno d’Italia e il conferimento a Vittorio Emanuele II del titolo di Re d’Italia. In precedenza lo stesso monarca gli aveva fatto assegnare la pensione di 12.000 lire annue a titolo di ricompensa nazionale. E nel frattempo erano venuti a trovarlo, come un monumento vivente , tutti gli eroi del risorgimento, Garibaldi in testa , che gli portò un mazzo di violette, ed anche Verdi che di fronte a lui si intimidì ed emozionò a tal punto da balbettare come uno scolaretto.

2. Viva Manzoni!
Dodici anni prima, la sera del 23 marzo 1848, trecento studenti universitari , – gli insorti, i combattenti, i difensori delle porte cittadine , gli stessi delle cinque giornate di Milano , – erano andati sotto le finestre di casa Manzoni , in Piazza Belgioioso, per gridare “ Viva Manzoni, Viva Manzoni” e il poeta , forzando la sua natura , si era affacciato dal terrazzino della cameretta del figlio Filippo, che era prigioniero degli austriaci, e aveva promesso ai giovani che avrebbe scritto un inno per la liberazione dell’Italia, cosa che poi non fece. Manzoni Senatore è un uomo anziano , malato, timido , schivo , e soprattutto non ama nessuna forma di popolarità. Anzi la folla lo atterrisce. E’ pieno di nevrosi, un poco balbetta , soprattutto quando è a disagio . E sono più di quarant’anni che non esce di casa , se non accompagnato. E’ , dal punto di vista pratico , un uomo totalmente inetto , non sa fare nulla da solo, neppure allacciarsi le scarpe . Si spaventa dei temporali , le persone sconosciute lo intimidiscono , non è assolutamente in grado di badare a sé stesso: “Alessandro è come un bambino smarrito e ignaro” , affermò la stessa madre , donna Giulia Beccaria , che l’adorava. E tuttavia tutti inneggiano a lui , si prostrano davanti a lui , lo vogliono senatore a tutti i costi, anche contro la sua volontà, quell’inetto di Manzoni per tutti è una specie di icona vivente. Perché mai? Cosa può aver fatto per la causa italiana un uomo del genere? “Io non lo so proprio , – afferma lui stesso – e l’ho detto anche ai giovani universitari, quando mi hanno costretto ad affacciarmi dal terrazzino : io non ho fatto nulla, proprio nulla per la rivoluzione e per l’Italia… però…” “Però?” “Una sola cosa posso dire: ho sempre creduto all’eguaglianza fra gli uomini. Nelle mie opere ho sempre voluto sottolineare il sentimento fortissimo della personalità umana, della dignità spirituale del singolo. Non ho mai giustificato, per mezzo di facili sofismi storicistici, la Ragion di Stato e l’assolutismo, le iniquità sociali e le prepotenze dei governi e dei ceti privilegiati. E ho fermamente rifiutato la miserabile politica dei potenti, l’iniqua ragione della spada, la feroce forza che possiede il mondo e fa nomarsi diritto”.

3. Gramsci: i poveri?, li prende per il culo
In effetti, c’è chi osserva che tutta la Sua opera è percorsa da questo lievito morale e profondamente umano, da questa sollecitudine costante per gli oppressi, per gli umili, per le collettività sfruttate, per i loro sacrifici ignorati e disprezzati dagli storici di professione, dall’odio altrettanto radicato per quegli “eroici” furfanti che sono i protagonisti della grande politica e della diplomazia; dalla polemica contro i furbi e i facitori di raggiri e violenze e magari contro i facili predicatori di rassegnazione. Ma c’è anche chi dice peste e corna di Don Lisander. Gramsci , ad esempio, dice che i poveri in realtà li ha sempre trattati con ironia troppo sorniona, da “Signore”, da “Aristocratico”… Insomma i poveri Manzoni li avrebbe sempre presi per il culo ” Ma don Lisander dice: “Non nego di aver fatto uso dell’ironia , ma non certamente per sfottere i i poveri”…del resto io non mi sono mai sentito un letterato o uno storico, ma un artigiano della parola… un puro dilettante, che ha fatto le cose non per lucro , ma per amore , se mai rimettendoci di tasca…” In effetti , con l’ultima edizione dei Promessi Sposi, curata da lui stesso, ci rimise un patrimonio. Rimasero moltissime copie invendute e tutti tiraraono a fregarlo sul prezzo. Ma c’è chi dice che uno come Manzoni – che avrebbero voluto cancellarlo dalla scuola – lo dovremmo recuperare , non solo a scuola,con professori all’altezza (cosa difficile), ma nel nostro modo di vivere, perché oggi si detesta soprattutto l\’etica del messaggio manzoniano, che insegna qualcosa per vivere, qualcosa che va al di là della grandezza letteraria… Ma nel gioco delle parti c’è chi detesca con tutto se stesso Manzoni e lo contesta “globalmente”, come uomo e come artista .

4. Era un maniaco sessuale
“Altro che etica! Un giorno si dirà di lui che è un maniaco sessuale, un erotomane tutto libri e potta , che da giovane stuprò una cameriera” . Manzoni è un aristocratico senza nerbo, un codino rifatto, incapace di capire e soprattutto di amare la gente del popolo…. Lui tende a narcotizzare le istanze di giustizia sociale, predicando “pazienza” e “fede” nella promessa cristiana, ma non fa nulla, dico nulla di concreto per modificare lo stato di estrema gravità sociale in cui versano le masse dei contadini e artigiani “lumbard”… “ Fosse per me vorrei – aveva detto don Lisander – mi augurerei di essere dimenticato, cancellato dalla storia . I monumenti mi fanno orrore. Questo è quello che vorrei, essere dimenticato, Ma non sono gli uomini a scegliere , Dio soltanto può glorificare chi vuole”. “La sua arte – scrive Ceronetti – non ha mai nulla di gratuito, è un’arte che bandisce ogni estetismo e demolisce le torri d’avorio. Il suo valore sta soprattutto nell’etica”. “La vita non è già destinata ad essere un peso per molti e una festa per alcuni, ma per tutti un impiego, del quale ognuno renderà conto…. L’ansia di conoscere il vero è la sola cosa che possa indurci ad attribuire importanza a ciò che apprendiamo”. Ecco, questa è l’etica manzoniana.

5. Manzoni e il Risorgimento
Ma torniamo all’assunto iniziale . Che cosa c’entra Manzoni con il Risorgimento? Don Lisander non è andato sulle barricate , né ha fatto proclami , ha subito un tremendo choc , ha sofferto di gravissimi disturbi nervosi , fino a perdere la vista e il sonno , dopo aver assistito al linciaggio , proprio sotto le finestre della sua casa, del conte Prina, Ministro delle Finanze. Non ha fatto niente …e tuttavia…egli ha dato all’ Italia uno strumento indispensabile per diventare una vera Nazione: la lingua e che lingua!, un esempio inimitabile di letteratura che spezza l’ antica incomunicabilità delle regioni e delle classi sociali, un modello di letteratura in cui ciascuno possa riconoscersi e sentirsi partecipe. E ciò non è davvero poco. Ma c’è di più . Manzoni ha tentato di costruire una poesia, un teatro e una letteratura non soltanto in grado di cementare una nuova nazione , ma anche capaci di rivolgersi a una classe sociale nuova ed emergente nell’intera penisola. Egli scrive per quella borghesia illuminata e progressista che si sta avvicinando ai gangli del potere e rappresenta una cerniera tra lo spirito rivoluzionario post-illuminista e la definizione della strategia italiana del Risorgimento. Assume il ruolo di specchio e di guida che il destino e la storia gli hanno riservato in modo indelebile… Qualcuno potrà osservare che è un paradosso fare di Manzoni un eroe del Risorgimento Italiano, al pari di Garibaldi che per tutta la vita si è esposto in prima persona con sciabole schioppi trombe bandiere e proclami , o Mazzini perennemente esule e malinconico a pensare sul da farsi per creare una coscienza italiana e ad incendiare cuori di tutti i giovani italiani o europei contro la tirannide , o Cavour tutto impegnato a tessere trame sottilissimi e difficilissime per far diventare potente un piccolo Stato come il Piemonte . Ma la Storia aveva scelto il timido il pauroso Manzoni come Vate , perché aveva una mente che era un mosaico bizantino , una sinfonia di Beethoven, un affresco di Raffaello , un reticolo cartesiano . D’altre parte i suoi comportamenti negativi di padre e di marito , le sue freddezze, la sua incapacità, le sue debolezze e irrseolutezze ne facevano un uomo men che mediocre. E’ questo è il mistero del Genio.

6. Povera Enrichetta!
Ci saranno sempre coloro che continueranno a dire che Manzoni risorgimentale è un paradosso, è tutto da ridere e avrebbe sicuramente fatto sbellicare di risate un Gioann Brera se l’avessero beatificato , come sembrava che volessero fare i preti e la Chiesa qualche lustro fa: “ Uno che è stato unito alla madre donna Giulia Beccaria da un amore piuttosto morbosetto anzichenò, uno che ha “ammazzato” d’amore e di maternità la povera Enrichetta lasciandola incinta ogni anno , un maniaco sessuale che è riuscito a sderenare anche un donnone come donna Teresa Stampa , uno che ha lasciato morire in solitudine la figlia Matilde , che l’adorava, sempre sordo alle sue invocazioni. . uno così lo facciamo Santo? Un tacchino lesso , incapace di slanci, di entusiasmi, di gesti di amicizia e solidarietà umana, lo spacciamo per il più fulgido campione del romanticismo italiano ? Un tipo così untuoso , sempre attento e preoccupato a non farsi coinvolgere nelle vicende di quei tempi calamitosi, a non trascinarsi in amicizie che potessero mettere in pericolo la sua sacra pace, diciamo che è un paladino della morale e dell’etica?” Ma Verdi , che l’aveva conosciuto e ammirato come nessun altro e che gli scrisse il requiem , disse : “uomini così nascono uno ogni mille anni”. Tutto si può dire di lui , signori antimanzoniani, ma sappiate che Manzoni non voleva nè onori, nè panegirici…

7. Lasciatemi in pace, per favore.
Ad un certo punto arrivò perfino a detestare la letteratura che lo strappava alla sua quiete. Lui desiderava essere come tutti gli altri, perduto tra l’immensa moltitudine di uomini che passa sulla terra senza lasciar traccia, (Lasciatemi in pace, per favore, non chiedo altro che questo) Invece Dio o il destino , il fato, come volete voi , lo volle genio, che – disse Pellico – ” ha fatto dono alla nostra letteratura dell’unico vero capolavoro letterario dell’ ottocento , uno dei pochi che abbiamo in assoluto … “ E anche il grande Goethe disse di lui che “si era innalzato d’un volo che difficilmente un altro gli può stare pari” E il Belli , che pure con i preti ce l’aveva parecchio disse: “Questo è il primo libro del mondo”, E, per finire , Bonghi disse : …” possono ben chiamarsi belle e buone azioni queste opere ..e bastano da sole a farlo entrare tra i benemeriti del risorgimento italiano”.

Augusto Benemeglio

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