ArteRecensione: Io sono LEONOR FINI


Sono solita dire che dipingo quadri che vorrei vedere e che non esistono. Ma la verità è che i percorsi della mia pittura sono sconosciuti a me come a chi li contempla.

A volte vorrei, ai margini della mia creazione, capire davvero come si siano formate e come arrivino in superficie, nell’espressione. Vorrei SAPERE; che nulla sfuggisse alla comprensione, che tutto venisse alla luce, che tutto fosse formulato in ogni possibile maniera – in breve, padroneggiato. Ma non è possibile ,e se cerchiamo di trovare una spiegazione, non sappiamo da dove venga e se non sia un’illusione, un’ingannevole genialità, un’insidia.

Leonor Fini, argentina, italiana, cosmopolita. Pittrice, scenografa, costumista e tanto altro ancora nel segno della versatilità. Poliforma e poliedrica, eclettica, visionaria, ribelle, anticonvenzionale. A Leonor, gigantessa dell’arte del XX secolo, è dedicata una splendida mostra al Palazzo Reale di Milano visitabile sino al 22 giugno.
Come da consolidata tradizione della sede, il percorso espositivo è ricco e sapiente, esaustivo, con una quantità di opere che sviscerano l’essere della Fini, sia dal punto di vista esistenziale  che da quello dell’ispirazione, del suo agire autonomo, con una cifra oltremodo personale, slegata da sudditanze di sorta nei confronti di correnti e movimenti, per quanto una parte della sua produzione possa ascriversi ai moti e alle tematiche del Surrealismo. Ma Leonor andava oltre, andava sempre oltre, in una ricerca dagli esiti difficilmente catalogabili. Anche se ne1 1936, come detto, espose a Londra alla International Surrealist Exhibition e, ancor prima (1931), era giunta a Parigi, dove aveva stabilito contatti con Meret Oppenheim, Dora Maar, Max Ernst. Leonor conobbe anche un’altra icona, alias Frida Kahlo.
I dipinti della Fini son colmi di riferimenti simbolici e agli archetipi, con figure e figurazioni che la rappresentano e che indagano il lato magico-misterico della vita: nell’interiorità, nel sogno che ci sballotta, frastorna, modella, imprigiona, sprigiona e libera, infine nell’agnizione-disvelamento che lancia e lascia ulteriori domande. Per esempio la Sfinge: Le sfingi vivono nella mia pittura fin dall’inizio. Tutto è partito dal mio amore per la piccola sfinge di marmo rosa sul terrapieno del parco pubblico sotto il Castello di Miramare a Trieste. La sfinge sul frangiflutti era il mio posto preferito al mondo. La giovanissima Leonor era stata condotta dalla madre, triestina di origini tedesche, nella città giuliana, dove avrebbe frequentato i circoli intellettuali.
La fascinazione per la Sfinge, una sorta di altro da sé, l’enigma, o un altro sé, sepolto nel profondo e sempre in procinto di riaffiorare:  “un essere ibrido, mutante, potente e magnetico […] sospesa tra uomo e donna, tra animale e umano, simbolo di una coscienza femminile che non ha bisogno di manifesti. Custode delle essenze, la Sfinge rappresenta l’evocazione ancestrale di una potenza femminile perduta, un mito che intreccia natura e cultura, civiltà e mistero.”
Ed è subito alla nostra vista la Sfinge arancione/Sfinge alata (1973, tecnica mista su archi montati su tela, collezione privata). Le sfingi non mi hanno mai abbandonato, le vedo come presenze costanti, come messaggeri notturni con le ali, come spiriti luciferini, che conversano con le vergini, le amazzoni, sibille, la loro “altra metà”.
Ci sorprende e scuote la tragica e cupa potenza da fine civiltà de Le Bout du monde-Il confine del mondo: “… l’artista si ritrae come l’unica sopravvissuta in un paesaggio apocalittico, regina di un mondo trasformato da teschi viventi con bulbi oculari.”
Morte, bellezza, sensualità convivono in creature mistiformi, come Mephisto (Angelo-Diavolo) – l’ambiguità o l’ambivalenza: tanti penduli seni e un sesso multiserpentiforme.
Nature morte di pesci, piume, farfalle, funghi, gusci d’uova rotte, radici, foglie… Foglia d’acanto/Donna con foglia d’acanto (1946, olio su tela, collezione privata)… Scene primordiali, ombre dietro porte vetrate, minacce velate/conclamate. E chimere, streghe, sirene. L’interesse per la magia, l’alchimia e l’esoterismo, elementi dei quali confluiranno nella sua ispirazione concettuale. Come l’idea di travestimento… “Dopo un tentativo di rapimento da parte della polizia, inviata da suo padre, la madre la traveste da ragazzo per proteggerla. Questo episodio segna la sua identificazione con il travestitismo e con la costante metamorfosi dell’identità attraverso il mascheramento” – il travestimento inteso quale atto creativo sia con la pittura che con uno degli altri mezzi comunicativo-artistici da lei esplorati e praticati, vale a dire la fotografia.
Analitica ed evocativa, suggestiva e sovversiva è la sua pittura, come era lei nello sgranarsi dei giorni. Anche per quel che concerne le posizioni sulla sessualità e l’omosessualità.
Il terrore nel quotidiano o, semplicemente, il meraviglioso o le altre facce della realtà… Quando la luce è glauca, temporalesca, minacciosa, da fine del giorno, da fine del mondo, è un vero riflesso di come mi sono sentita in certi momenti. Queste opere non sono espressioni di disperazione, ma precise dichiarazioni di terrore.
La osserviamo nell’Autoritratto con cappello rosso: i capelli corvini; lo sguardo intenso, magnetico; il copricapo quasi come un’enorme aureola, una sorta di alone mistico-magico; il fondo azzurro forte con screziature; quasi una sfinge che ti fruga dentro, che intimorisce. Perdersi nelle stanze dell’impossibile… Dans la tour; Rasch, Rasch, Rasch, meine Puppen, Warten!; Femme assise sur un homme nu; Le radeau; Ea; La Cérémonie; L’Ombrelle; La chambre ouverte; Baigneuses II. Trois filles dans l’eau.
L’attrazione per Ecate, Persefone e i gatti… I gatti sono sempre stati con e attorno a me. Che siano così aperti e accessibili, affettuosi e teneri, è ancora più sorprendente se si considera la loro capacità di essere crudeli e feroci.
Le sezioni si succedono: Rituali, cerimonie e metamorfosi… “Il suo lavoro si distingue per l’audace abbraccio del femminile nella sua forma selvaggia, indomita e pericolosa […] “periodo minerale”, descritto da Victor Brauner come un caos primordiale vibrante di colori chimici e minerali […] il vaso alchemico…”
Scena o boudoir. Tra pubblico e privato… “La sua fascinazione per i costumi la portò a collaborare a numerose produzioni teatrali, operistiche, di balletto e cinematografiche”, quali Il credulo di Domenico Cimarosa, Il ratto dal serraglio di Mozart, la progettazione dei costumi di 8 ½ di Federico Fellini. E “… disegni per scenografie, costumi, mobili ed elementi ornamentali”, design industriale, come il flacone del profumo Shocking di Elisa Schiaparelli, o l’Armoire antropomorphe, “… pannelli decorativi ispirati al Rinascimento e una sedia a forma di corsetto, fatta di ebano e madreperla.”
Un’artista sorprendente, di cui stranamente, per certi versi, sembravano un po’ essersi perdute le tracce. Una riscoperta importante per il grande pubblico.

Alberto Figliolia

Io sono LEONOR FINI. Mostra a cura di Tere Arcq e Carlos Martín, promossa dal Comune di Milano – Cultura e prodotta da Palazzo Reale e MondoMostre, con il patrocinio del Ministero della Cultura e con il supporto dell’Estate di Leonor Fini, main partner Unipol. Fino al 22 giugno. Palazzo Reale di Milano, Piazza Duomo.
Orari: da mar a dom 10-19,30, gio chiusura alle 22,30. Ultimo ingresso un’ora prima. Lun chiuso.
Info e prenotazioni: palazzorealemilano.it, leonorfinimilano.it; Ufficio Gruppi: gruppi.leonorfini@vivaticket.com.
Catalogo edito da Moebius. Con tutte le opere in esposizione, i saggi dei curatori della mostra e altri studi inediti e originali di specialisti internazionali. Il catalogo include anche un testo autobiografico della stessa Leonor Fini.

Teste di animali dell’inconscio
nella palude a galleggiare
e occhi che riflettono vuoti
da teschi viventi
nel tramonto che spacca l’orizzonte
oltre i grandi seni nudi
della misteriosa dea

e scale che conducono alla vertigine,
il sesso pluriforme e moltiplicato
di un diavolo-angelo,
ombrelli a brandelli nell’ombra
di un albero disseccato
dai cui rami frutti penduli e marci

e pesci, piume, farfalle, funghi,
sfingi-libellula/civetta che inseguono
il desiderio androgino, ali
che sbattono in silenzio
fra i rampicanti e i cipressi
che si allungano
quali nere dita scheletrite
nel crepuscolo violaceo,
l’osservatore che diviene osservato,
quanti di terrore,
sussurri di chimere sotto il noce
e canti di sirene nella bufera marina
a ogni casuale Ulisse-Nessuno
navighi il liquido ciglio
dell’abisso

per perdersi in un sogno serotino
e risvegliarsi nella luce piena,
nel fuoco di un’araba fenice

Alberto Figliolia

 

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