Recensione: Giovanni Piubello – I racconti, le poesie


Anche poeta
I curatori Mario Artioli e Vladimiro Bertazzoni, nel proporre l’opera omnia di Giovanni Piubello, hanno deciso di riunire in un unico volume i racconti e le poesie, scelta a prima vista opinabile, vista l’evidente difformità tipologica, ma che ha un senso ove si tenga presente che i primi sono di gran lunga maggiori di numero delle seconde, non poche, ma comunque nemmeno tante da giustificare una pubblicazione a se stante. Dell’abilità di narratore dell’autore già ho ampiamente riferito in occasione della stesura della nota critica ai suoi due romanzi Matti beati e Gli ubbidienti, e quindi non c’è da meravigliarsi se anche nei racconti si riscontrino i pregi che sono propri di Piubello, come una linearità espositiva, ma comunque non priva di originalità, una struttura sempre sicura, vicende che affondano per lo più nei ricordi dell’infanzia, descrizioni di paesaggi, di ambienti e di atmosfere puntuali, precise, accompagnate ogni tanto da una certa verve poetica e con sullo sfondo sempre una garbata e gradevole ironia. Viene proprio da pensare che lui non abbia avuto in vita i meriti che gli spettavano, insomma il successo  che anche per una sua refrattarietà al clamore, all’essere al centro dell’attenzione, aveva lui stesso ostacolato. Forse è il caso di dire che Piubello scriveva pressoché esclusivamente per il piacere di scrivere, per farne oggetto di quelle conversazioni alla bancarella con cui lui trascorreva beatamente la sua giornata. Parte di queste prose, peraltro, non era sconosciuta ai mantovani perché il locale quotidiano La Gazzetta di Mantova aveva pubblicato a puntate i racconti, che alla fine furono riuniti in un volume intitolato Zingara (dal titolo di uno degli stessi, forse il migliore) che incontrò un notevole interesse, tanto da arrivare alla terza ristampa. I Curatori, con felice scelta, nel presente libro hanno suddiviso la narrativa breve in due grandi capitoli, di cui il primo dedicato unicamente alle prose che vennero racchiuse appunto nella pubblicazione intitolata Zingara, mentre le altre sono state tutte riunite con il generico titolo “Altre storie”. Come sempre accade in questi casi ci sono brani che possono più o meno piacere, ma è indubbio come il livello medio sia più che buono. Si tratta di storie semplici, niente di epico, trame che vedono coinvolta, a vario titolo, quasi sempre povera gente, frutto di indubbia creatività che tuttavia – è una mia ipotesi – nascondono un fondo di verità, e d’altra parte stando tutti i giorni sotto i portici si poteva osservare un campionario umano vario e a volte anche di particolare interesse, individui sconosciuti (e che tali spesso rimanevano) che si fermavano a curiosare e magari a conversare con Piubello.
Più sorprendente è la parte del volume dedicata alla poesia, sorprendente perché, per quanto nella narrativa sia possibile riscontrare una sua verve poetica, non è detto che poi l’autore possa andar oltre scrivendo addirittura dei versi, e invece si scopre, e con piacere, anche la sua attitudine poetica. Che i titoli dati alle due raccolte qui pubblicate siano I gobbi, questa a suo tempo auto pubblicata, e poi Altri gobbi dimostra in modo chiaro il legame affettivo fra l’autore e la città di Mantova, poiché è notorio che la dinastia dei Gonzaga ebbe di sovente a scontare la tara ereditaria della gobba, frutto del matrimonio con una Malatesta. Ma i protagonisti di queste liriche non sono membri della schiatta gonzaghesca, bensì mantovani, gente colta e osservata nella serali vasche, deambulante per far venire l’ora della cena. E’ l’ironia che prevale, mai feroce, né cattiva, anzi a volte con un sottofondo di pietà, e così si possono cogliere personaggi, protagonisti loro malgrado di versi da trasmettere ai posteri, figure che altrimenti non avrebbero lasciato il segno se non fossero incorse nell’acuto spirito di osservazione di Piubello. Adesso che ne scrivo, mi pare di rivederlo e quando vado a Mantova, che passo di lì, d’istinto guardo, come se ci fosse ancora, come se quest’uomo, tanto umile quanto grande, osservasse il continuo passeggio, pronto a cogliere aspetti, pronto a far nascere idee, non un semplice libraio, ma un artista della penna talmente presente da essere quasi un’istituzione. Piubello era una di quelle persone alla cui presenza ci si abituava, quasi ormai da non notarlo, ma di cui si avvertì immediatamente la mancanza quando venne meno.
Da leggere, non c’è dubbio.

Titolo: Giovanni Piubello. I racconti. Le poesie
A cura di M. Artioli, V. Bertazzoni
Prezzo copertina: € 15.00
Editore: Sometti
A cura di: M. Artioli, V. Bertazzoni
Data di Pubblicazione: gennaio 2003
EAN: 9788874950584
ISBN: 8874950586
Pagine: 384

Giovanni Piubello (San Bonifacio, 24 giugno 1921 – Mantova, 16 giugno 1983) trascorse l’infanzia nel paese natale, e si trasferì a Mantova nel 1928 dove conseguì il diploma di perito industriale, ma volle diventare scrittore, libraio ed editore.
La sua prima opera, pubblicata in proprio, fu Zingara e poi diede alle stampe numerosi volumetti di racconti, prose, lettere in piazza e A proposito di gobbi, in versi.
Nel 1967 l’editore Rizzoli pubblicò il romanzo Matti beati, con il quale vinse il premio nazionale Duomo. Il romanzo è autobiografico e racconta l’infanzia dello scrittore nel paese di San Bonifacio (Sambonifacio), descrivendo un quadro suggestivo della vita contadina e di paese negli anni Venti, in un contesto di sostanziale povertà vissuto tuttavia con allegria.
Il successo fu di breve durata e Piubello continuò a stampare in proprio, nelle Edizioni di Bancarella, le sue storie, le sue lettere e i suoi dialoghi con lettori veri o presunti.
Fu straordinario osservatore della vita cittadina nella sua patria d’adozione, e fu amato dai mantovani che trovavano nella bancarella sotto i portici Broletto un dimesso ma profondo uomo di cultura.

Renzo MontagnoliSito

 

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