Emilio attraversa in fretta il ponte dell’Angiolo, di fronte alla Fortezza Nuova, chiusa da anni. Getta uno sguardo disperato verso piazza del Municipio, dove c’è la fermata degli autobus che raccolgono i turisti arrivati con le grandi navi da crociera per portarli alla Stazione marittima.
Emilio si sforza di non mettersi a correre. La Stazione marittima è molto lontana, non riuscirà mai ad arrivare in tempo. Spera che l’autobus di Inga non sia ancora partito. Spera di non mancare all’appuntamento.
Però, che strano: all’improvviso Emilio si ferma, il fiato tirato.
Cosa dirò ad Inga, si chiede, una volta di fronte a lei?
Guarda per terra, ancora una volta incapace di prendere una decisione. Ha passato l’intero pomeriggio chiuso in casa, a misurare con passi ansiosi ogni stanza sotto gli occhi preoccupati di sua madre, che confinata sulla maledetta sedia a rotelle ha seguito ogni movimento senza dire una parola.
Quando ha visto calare la sera, incapace di resistere, si è buttato in strada con la mente inondata di pensieri contrastanti, in pieno conflitto con sé stesso e col mondo intero.
Ha lasciato un biglietto, nel cassetto della scrivania, ma non ha nessun bagaglio con sé. Emilio non è abituato a viaggiare. La gita più lunga risale a due giorni prima, una mezza giornata trascorsa con Inga a Firenze. E già gli sembrava di respirare sott’acqua.
La sua vita ha sempre avuto confini precisi. Il bar sull’angolo di via Borra, ritrovo abituale del suo gruppo di amici. Qualche occasionale partita “a pallone” in piazza dei Legnami. Una passeggiata lungo gli scali del Pontino, dove da sempre sogna di comprare un posto barca, e una Gabbianella con un piccolo motore fuoribordo, per andare d’estate alla Meloria.
Ecco: nella sua più fervida immaginazione, non è mai arrivato oltre lo scoglio della Meloria, confine ultimo del suo più ambizioso viaggio. Non riesce nemmeno a concepire quanto possa essere distante Amburgo. Milioni di chilometri. Non l’ha neanche mai vista sulla cartina geografica. I confini dell’universo.
Mentre riprende a camminare, Emilio cerca di portarsi verso una calma interiore, riesaminando gli elementi che caratterizzano il suo quotidiano.
Disoccupato da sempre, membro controvoglia di una generazione perduta nella corsa incontro allo spread, spende le proprie giornate in una monotonia sempre uguale a se stessa.
Le mattine consumate nel fare la spesa al Mercato centrale, per fortuna poco distante, dove ha stretto effimere amicizie con i gestori dei negozi, dove scambia due parole col barista che puntuale gli serve il suo caffè lungo al vetro, senza più il bisogno di chiedere: basta sedersi al bancone.
Nessuno che possa notare la sua assenza. Nessuno a cui possa mancare.
Dopo la spesa si dedica a riordinare casa, ché sua madre poveretta non è da anni in condizione di assolvere quel compito, ficcata a forza su una sedia a rotelle da un porco automobilista mai rintracciato.
I pomeriggi indolenti trascorsi a fissare la strada attraverso le vetrine del bar, assorbito senza scopo dalle chiacchiere inconcludenti degli amici: sesso e pallone.
Le sere spese a ripercorrere i propri passi lungo gli scali del Pontino, o fermo a fissare un cartello che annuncia la vendita di un posto barca, opportunità così distante dalle sue tasche vuote.
L’unico lusso che si concede è quello di rientrare tardi, alla sera: a fine pomeriggio sua sorella Angela torna finalmente dal lavoro e può assistere la madre nelle incombenze a lui precluse. Portarla in bagno. Aiutarla a lavarsi.
Povera Angela: dopo ore passate a distruggersi la schiena nel pulire scale su scale, il meglio l’aspetta al ritorno a casa. La sera si addormenta davanti alla televisione. Emilio la scuote gentile, per non spaventarla, poi la guarda ciabattare fino alla camera.
Emilio ha quasi raggiunto piazza del Municipio, vede due pullman alla fermata, ma nel gruppo di persone che affollano le entrate non riesce a distinguere Inga.
In questa vita che Emilio ha accettato senza troppa tristezza, Inga è apparsa come un fulmine a ciel sereno.
Nel suo inglese stentato da scuole medie, Emilio ha ascoltato con occhi sgranati la sua proposta, scuotendo la testa, incredulo. Vuole portarlo con sé, ad Amburgo. Ai confini dell’universo.
Con gli occhi azzurro mare puntati su di lui, Inga ha presentato i fatti in maniera efficiente. Ha un lavoro di prestigio in una grande banca, una casa nel pieno centro di Amburgo, amicizie influenti che possono aiutarla a trovare un lavoro per Emilio. Tanto amore da donargli, e dedizione, e gioia, e speranza, e vita senza più ostacoli.
Inga. Da un giorno all’altro. Così.
Emilio è rimasto senza fiato, con la mente a galoppare oltre lo scoglio della Meloria.
Cancellare questa vita. Possibile. Impossibile.
Abbandonare sua madre, incurante delle precarie condizioni in cui versa. Lasciare Angela da sola ad accudirla. Un gesto vile. Odioso. Inimmaginabile. Ma possibile.
Ha lasciato un biglietto, Emilio, nel cassetto della scrivania, ma non ha preso una decisione. Spera di trovarla negli occhi fermi ma gentili di Inga, la forza di lasciarsi alle spalle ogni responsabilità, senza detestarsi troppo. Perché forse lo vuole. Lo vorrebbe.
Ma non sa se può farlo.
Inizia a correre, Emilio. Sempre più forte.
Chissà se ad Amburgo ci sono dei moli privati, dove poter ormeggiare una Gabbianella.
Tratto da: Livorno – Cronache immaginarie
Mario Ughi
Una fuga dalla realtà verso il baratro dei rimorsi. Una scelta possibile tra l’infelicità, chiara e visibile, del presente e quella, travestita di speranze (ma già pregna di consapevolezza), di un futuro da irresponsabile. Cosa deciderà Emilio durante la sua corsa?
Mario Ughi lascia la domanda in sospeso anche se un molo privato e una gabbianella ormeggiata sembrano anticipare una risposta.
Ma non si è sicuri: a volte l’animo umano ha una scorta di energia da spendere per fermarsi all’ultimo momento, poco prima di cadere.
Come sempre un racconto che fa riflettere. Una cronaca “immaginaria” che è anche un ritratto dei nostri tempi.
Complimenti.
Enzo Maria Lombardo