ArteRecensione: Dubuffet e l’Art Brut. L’arte degli outsider.


Operazione artistica del tutto pura, bruta, reinventata dal suo autore, a partire unicamente dai propri impulsi, in tutte le sue fasi. (Jean Bubuffet, da L’Art Brut préféré aux arts culturels, Catalogue de l’exposition à la Galerie René Drouin, 1949)

Tout le monde est peintre-Ognuno è pittore. (Jean Dubuffet)

Jean Dubuffet (Le Havre, 1901-Parigi, 1985), pittore, scultore, scrittore, musicista. Intellettuale e artista versatile (creatore anche di maschere e marionette) e oltremodo curioso (i suoi interessi si rivolgevano anche all’universo dell’infanzia, all’antropologia, all’all’etnografia e al folklore, alla psichiatria, alla pedagogia e alla psicologia, alla geologia), alieno dall’idea di una pratica artistica schematica e ingessata. “Opposizione” e “paradosso” paiono due sostantivi perfettamente aderenti al lavoro di Dubuffet nell’arco della propria esistenza. Presto, oltre alla propria produzione, Jean, ex commerciante di vini, si premurò di raccogliere, collezionare e promuovere opere create al di fuori dei consueti ambienti ufficiali, coniando nel contempo la fortunatissima espressione Art Brut. Un’arte che può nascere nei luoghi più disparati (anche disperati), dal centro stesso del sommovimento (o del suo contrario, la stagnazione) esistenziale.
A lui e al movimento, cui diede riconoscibilità, il MUDEC dedica una splendida mostra, Dubuffet e l’Art Brut. L’arte degli outsider – dal sapiente allestimento, come sempre – visitabile sino al 16 febbraio 2025. Inevitabile la collaborazione in tal caso con  la Collection de l’Art Brut di Losanna. L’esposizione è a cura di  Sarah Lombardi e Anic Zanzi, con la consulenza scientifica di  Baptiste Brun per la sezione di Jean Dubuffet.
Si naviga quindi fra le opere di Dubuffet e quelle degli esponenti storici, più rappresentativi, iconici e icastici (loro malgrado?), dell’Art Brut.
Dubuffet era interessato all’utilizzo di materiali difformi da quelli degli standard soliti e di tecniche non necessariamente canoniche, in una logica di libertà assoluta (intrinseco tuttavia il rigore formale) e di sperimentazione, solo in apparenza estemporanea, ma con tutte le sue, seppur recondite, ragioni (oltre agli oli su tela l’assemblaggio, per esempio, di disegni a penna a sfera, rifiniti a gouache, o l’acrilico, come quello su klegecellde Le Précepteur, una sorta di scultura-pittura animata, “che potesse penetrare lo spazio reale e modellarlo […] offuscando il confine tra realtà e immaginario”). E il luogo e il modo di osservazione dovevano essere molteplici: Piuttosto, bisogna guardare le cose molte volte. E ogni volta cambiando punto di vista, mai lo stesso punto di vista per due volte. Guardarle una volta dall’alto, una volta dal basso, una volta di traverso – soprattutto di traverso. A costo di essere “cacofonico”, ma “brulicante” come nei panorami urbani. Non è vietato interpretare il mondo decifrandolo in altri modi, con un’organizzazione diversa da quella in cui finora abbiamo avuto piena fiducia.
“L’arte di Dubuffet è caratterizzata da un contrappunto e da una vera e propria cultura del paradosso; non si lascia mai rinchiudere in formule collaudate, oscilla tra un materialismo manifesto e un’alta concettualità, fa dell’eterogeneità e della diversità una condizione della sua esistenza. Così, per quasi quattro decenni, una serie si è susseguita all’altra, combinando, a volte contemporaneamente, l’elogio di una figura umana archetipica e la celebrazione della materia nel suo stato più elementare, l’apologia del visibile e la celebrazione dello spirito, con l’Art Brut come orizzonte della vera creazione.”
Nella seconda sezione sono ospitate le composizioni delle figure più importanti dell’Art Brut, come… Aloïse Corbaz, internata in un ospedale psichiatrico, che aveva iniziato a disegnare e scrivere in segreto, anche con succhi estratti da petali di fiori, foglie schiacciate, addirittura dentifricio, servendosi per i suoi lavori di supporti eterogenei quali carta da pacco, buste, cartone, ogni utile materiale di recupero (“La sua opera è una cosmogonia personale, popolata da figure principesche e temi festivi”)… Carlo Zinelli, “le cui gouache, con figure umane stilizzate e dettagli anatomici, sono un viaggio nella sua mente complessa e affascinante”… Adolf Wölfli, “colorista geniale e autore di un’opera colossale, con 25.000 pagine di composizioni grafiche a pastello, collage, creazioni letterarie e partiture musicali”… Emile Ratier, “artista cieco che – spinto dall’esigenza di “vedere” in maniera alternativa – crea sculture mobili animate con manovelle e meccanismi sonori, scolpendo il legno, sua grande passione. I rumori e i cigolii guidano la sua finitura, mentre i soggetti delle sue opere spaziano da carri e giostre ad animali.”
Un mondo nuovo, che sorprende, stupisce, meraviglia, e un’immersione piena nel cosmo della fantasia. Incredibile la gamma espressiva e di soluzioni inventata da questi “artisti senza saperlo”, sognanti e visionari (più informati di tanti, troppi, teorici), remotissimi dall’ufficialità e da qualsivoglia accademia, capaci di indagare l’arcano dentro e fuori di sé. Una lezione esemplare.
La terza e la quarta sezione – Credenze e Corpo – raccolgono una miscellanea di opere dai cinque continenti, il cui oggetto di ricerca è strettamente legato alle tematiche, per l’appunto, delle credenze e del corpo. “La tematica delle credenze, intesa in un senso molto più ampio della sola dimensione religiosa, coinvolge qui anche credenze personali, vere e proprie mitologie individuali. Cercando spiegazioni sui fondamenti dell’essere, sulla vita e sulla morte nonché sul proprio destino individuale, gli autori d’Art Brut non trovano risposte a priori nei dogmi usuali, oppure, a volte, se ne riappropriano reinterpretandoli.”
Ammiriamo quindi i disegni automatici e medianici – a matita – di Marie Bouttier, che raffigurano “strane creature dalla forma indistinta, in cui fogliame e vari motivi vegetali si confondono e si trasformano in insetti, pesci o larve”, o del potere della metamorfosi… Giovanni Battista Podestà (lavorava le sue sculture colorate e gli altorilievi con segatura, colla, gesso, carte metallizzate, filo di ferro) e Madge Gill (i cui supporti di cartone erano lunghi anche decine di metri), ambedue a  muoversi in un solco mistico-religioso… Charles Boussion, che si ricollega, reinventando il tutto, alle icone bizantine, all’oreficeria moresca e all’arte della miniatura… Guyodo, haitiano, che usa la penna a sfera su vecchi calendari, scatole alimentari e altri materiali di scarto recuperati alla nuova funzione, e che per le proprie sculture si serve di parti di vecchie auto, fili elettrici, anche ossa umane… Augustin Lesage, ex minatore, che realizza tele enormi seguendo il dettato di voci che, a suo dire, gli dettano il tema specifico, sempre riconducibile tuttavia a un sincretismo religioso… I fluidi che attraversano il corpo di Guo Fengyi (i suoi dipinti su fogli di carta di riso – l’arte calligrafica vi svolge un ruolo non secondario, così come la contaminazione – si srotolano per metri e metri)  o le anatomie frammentate di Giovanni Bosco (giovanissimo pastore, due fratelli assassinati, soggetto a depressione e paranoie, clochard, muralista)… Le stoviglie rotte di Angelo Meani che divengono maschere colorate… Le bare figurative del ghanese Ataa Oko Addo… L’erotismo e il piacere nelle opere di Sylvain Fusco (in principio ebanista, carcerato come femminicida, soldato arruolato in un battaglione disciplinare in terra africana, internato in un ospedale psichiatrico dopo essere sprofondato in un mutismo totale, tracciatore di graffiti sulle pareti dell’ospedale in cui morì letteralmente di fame all’inizio della Seconda guerra mondiale). Una successione di opere che portano alla luce l’inespresso, nonché “la potenza estetica di lavori concepiti ai margini del mondo dell’arte da creatrici e creatori autodidatti che dimostrano fantasia, ingegnosità, talento e capacità che hanno acquisito da sé.”
“La storia personale e il rapporto con la società hanno profondamente influito e caratterizzato la produzione artistica di questi autori, i quali creavano senza preoccuparsi né del giudizio del pubblico né dello sguardo altrui. Non avendo bisogno di riconoscimento né di approvazione, gli autori dell’Art Brut concepiscono universi, spesso enigmatici, non destinati ad altri che a loro stessi.”
Tutto è sconcertante e spiazzante, un grondare di simbolismo esuberante, forse pure eccessivo, ma al tempo stesso tale apparato, che emerge da un pozzo profondo, in cui sono contemplati pure disagio, spaesamento e straniamento, si rivela estremamente ricco, affascinante, suggestivo, come affacciarsi a porte su dimensioni inesplorate, come catturare parole e immagini di un segreto altrimenti insvelabile. A volte è incubo a volte sogno, sempre energia, e il ‘bello’, inteso non in maniera stereotipata e convenzionale, domina il corpus di tutte le opere esposte.
Il partito preso dell’Art Brut è quello che si oppone al partito preso del sapere, ciò che l’Occidente chiama (piuttosto rumorosamente) la propria ‘cultura’. È il partito preso della tabula rasa. Le sue truppe non indossano alcuna uniforme, non vestono toghe o ermellini e non si fregiano di titoli gloriosi. […] Vagabondi, veggenti dagli ostinati soliloqui, non brandiscono diplomi bensì stampelle e vincastri; sono gli eroi dell’arte, i santi dell’aria. (Jean Dubuffet)

Alberto Figliolia

Dubuffet e l’Art Brut. L’arte degli outsider. MUDEC, via Tortona 56, Milano. Fino al 16 febbraio 2025. Mostra prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e promossa dal Comune di Milano-Cultura con il patrocinio del Consolato Generale Svizzera a Milano, in collaborazione con la Collection de l’Art Brut, Lausanne. Curatela di Sarah Lombardi e di Anic Zanzi (e di Baptiste Brun per la sezione dedicata a Jean Dubuffet).
Catalogo Dubuffet e l’Art Brut. L’arte degli outsider (24 ORE Cultura).
Info: tel. 0254917 (lun-ven 9-18), e-mail helpdesk@ticket24ore.it (singoli) e ufficiogruppi@ticket24ore.it (gruppi e scuole), sito Internet www.mudec.it.
Orari: lun 14,30‐19,30; mar, mer, ven, dom 9,30-19,30; gio e sab 9,30-22,30.

Biglietti: intero € 16, ridotto € 14 (il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura).

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