Poesie: Dove potevi andare di Alberto Figliolia


Dove potevi andare
se le ceneri di una tua frazione di DNA
si rimescolavano nella pioggia
con quelle degli altri
macerate sul marciapiede in un guazzabuglio
paludoso e le identità giacevano
in carte abbandonate, scolorite, gualcite?
Studiavi tutti quei nomi senza futuro
nei frammenti sopravvissuti, inconsulti,
sapendo di avere perduto il tempo
in un’attesa vana e ostinata,
sconfortata, scorticata.
Non vi sarebbero state dilazioni,
neppure nella biblioteca dei propri pensieri
(e geroglifici d’oro lampeggiavano
incisi sulle neuronali tavole in trasparenza).
Non rimaneva che chiedere
del terminal più prossimo: ti risposero
-chi aveva compiuto il viaggio
nell’oscurità immobile,
le braccia incrociate sul petto-
che la speranza è un gioco a perdere,
che il virus dell’immortalità colpisce
nell’ignoto, senza alcuna consapevolezza
da parte nostra, casuali molecole.
Ti rispondevano che l’umanità era già separata
in sé e questo era ineluttabile.

La luce s’irradiava sulla città
da nubi che navigavano
in molteplici sfumature e opposte direzioni,
attraversava le vetrate dividendosi
in silenzi colmi di ricordi
(che cosa sono? sogni mutanti?):
provavi ad afferrare i raggi senza corpo
e fluivano come sabbia fluorescente
fra le dita ossute mentre il vento trascinava
in un ultimo loop di vertigine
lontano, lontano, parole d’amore.

San Giacomo Filippo, lunedì 19 agosto 2024-ore 8,16
Alberto Figliolia

 

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