Chi sei tu? di Corrado S. Magro 1


Chi sei tu che vieni a turbare i miei sogni, che arrivi a farmi vivere una vita mai vissuta?
Creatura non incontrata sul mio cammino, hai attraversato il deserto, hai lasciato dietro di te le sabbie aride, sconfinate, hai scalato le vette, sorvolato fluttuante i pascoli delle colline, sfiorato l’erba dei prati e sei entrata agile nella mia giungla senza lasciarti fermare dai grovigli di rami e radici, fino ad avvicinarti al mio viso in quell’angolo dove stavo pensieroso in disparte?
Chi sei tu?
Visione incantevole avvolta in un tessuto di raso avorio che copre e lascia indovinare il corpo divino che racchiude?
Seduta sulle mie gambe hai tenuto il mio viso tra le tue mani. La bellezza e la dolcezza delle tue chiome castane ondulate con  i boccoli che scendevano ai lati delle tue tempie, fluenti dei tuoi pensieri che io accarezzavo, accendevano fremiti convogliati verso il cuore.
Mi sono innamorato di te in un istante ricco di un’eterna dolcezza, ripieno della luce dei tuoi occhi fulgidi. Luce che illuminava il mio mondo.
Mai come questa notte ho pensato di amare, mai come questa notte ho saputo che avrei potuto amare tanto.
Chi sei tu?
Mi rivolsi a te con voce suadente:
«Non vedi che la mia è  una vetta ormai imbiancata, le cui nevi e i cui ghiacci non si scioglieranno più al sole? Spariranno solo quando essa si sgretolerà cadendo nel nulla.»
Mi guardasti quasi ad assorbire nelle tue pupille i suoni che le mie labbra emettevano, poi seria e dolce mi rivolgesti la parola:
«Io voglio amarti.
Quel che sento  per te non può conoscere confini, non ha età, non abbisogna di ricchezze né di fama.
Io voglio amarti.
Accostati a me, prendi  il mio corpo, prendi me stessa, abbracciami, avvolgimi, scorda l’età, voglio essere amata, essere la regina di un sentimento puro che non conosce confini di spazio e di tempo, un sentimento che naviga in armonia con l’infinito ed in esso si annulla con te.»
Chi sei tu che portasti le mie mani sui tuoi seni turgidi di vita lasciandoli accarezzare  mentre le tue braccia nude cingevano la mia nuca, la tua fronte poggiava alla mia e le tue chiome accarezzavano il mio viso?
Non era passione sensuale che sgorgava, che mi spingeva a  fondermi con te. Era una sensazione eccelsa che metteva le ali al mio cuore, che mi faceva dimenticare di avere un corpo del quale sentivo solo la spinta che mi librava nell’etere assieme a te, abbracciato a te.
Il risveglio al mattino non lasciava in bocca l’amaro di un sogno svanito nel nulla. Era dolce e la tua immagine sfiorava ancora la mia fronte.
Seduto sulla sponda del letto guardavo accanto e mi sembrava vederti, sentire il tuo  mento poggiato alla mia spalla, il tuo capo inclinato verso il mio, le tue braccia cingermi.
È strano che il risveglio non ti abbia cancellato.
Mi hai accompagnato tutto il giorno, mentre andavo, mentre scrivevo, mentre pensavo. Ero lieto di averti vicino, di aver potuto assaporare il tuo affetto e di accettare che  la mia giornata ne fosse intrisa.
Era sera quando mi affacciai dall’alto del davanzale della finestra della mia stanza per rifocillare d’aria fresca che il tramonto mi offriva, il posto dove i miei pensieri vagano e si perdono tra galassie e spazi siderei in cerca di mondi mai esplorati.
Forse fosti tu a passare luminosa, sorridente. L’andare leggero e sicuro di una giovane donna elegante nella sua semplicità, uno zaino alla spalla ed uno strumento musicale pendeva dalla tua. nuca.
Proprio in quel momento alzasti lo sguardo  e scorgendomi il tuo viso s’illuminò di un sorriso simile a quello del sole primaverile che fa capolino tra le vette imbiancate che al mattino scorgo all’orizzonte. Mi facesti un cenno di saluto con  la mano e mi dicesti:
«Ciao.»
Ero sorpreso. Risposi anch’io con un timido cenno. Ti girasti ancora dopo qualche passo, ritornando a salutarmi. Che strano!
I capelli avevano lo stesso colore delle chiome tue, fata notturna, il sorriso era il tuo sorriso. Non ebbi  il coraggio né il tempo di chiederti se anche tu per caso avessi sognato di me. Eri già andata, trasportata sulla superficie dell’acqua di una sorgente che placida scorreva e ti spingeva lontano.

Corrado S. Magro

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Un commento su “Chi sei tu? di Corrado S. Magro

  • Enzo Maria Lombardo

    Non è semplice rappresentare l’intensa fisicità di un sogno.
    Leggendo questo splendido pezzo vien da chiedersi l’effettiva valenza del sogno rispetto alla realtà e cosa si intenda, in effetti, per realtà.
    Il saluto finale è un colpo da maestro dell’Autore: appare come il saluto di un essere che è stato “vivo” accanto al personaggio e ripete il saluto quasi a conferma della “realtà” del sogno, prima di sparire nel fiume della vita.
    Complimenti vivissimi.