Scoprire la più durabile essenza del mondo, scavare nel fondo, trovare il numero, la misura, il peso: numerus, mensura, pondus.
L’altera signora di profilo, in nero. Gruppi familiari o di anziani. Sogni stellati. Nudi, in cui eccelleva per densità psicologica e intensità fisica, una luce magica a piovere, quasi da un altrove, sui corpi, a intriderli di domande.
Sono solo alcuni dei temi esplorati dalla curiosità artistico-esistenziale di Felice Casorati, artefice poliedrico quant’altri mai, cui Palazzo Reale dedica una splendida mostra sino al 29 giugno 2025.
Un pittore che viene da lontano e che va verso neo-dimensioni, che indaga l’invisibile anche nel quotidiano, così attento, preciso e accurato nel catturare psicologie, caratteri, azioni, gesti e particolari del reale e, nel contempo, visionario, sospeso, capace di metamorfizzare, suggerire ed evocare altro.
La sua prima esposizione avvenne nel 1904 al Circolo Filarmonico di Padova, per poi partecipare alle Biennali di Venezia, nelle edizioni del 1907 e 1909. E di tale manifestazione divenne assiduo frequentatore.
Pittore colto era Casorati – influenze da Bruegel, Tiziano, Botticelli, Klimt – ma originale nella ricomposizione e rielaborazione lungo la via che andava tracciando fra (ri)scoperte, deviazioni, ricerca, ritorni, ricombinazioni.
Bellissime anche le incisioni, vedi La Via Lattea… “straordinaria sperimentazione grafica e plastica di quegli anni (1913-14, N.d.A.) ispirata soprattutto alla Secessione viennese.”
Allegorie e simboli non mancano nella sua produzione. Signorine: “Dolores, personificazione del lutto, Violante della malinconia, Bianca della purezza (la sola in una innocente e magnificente nudità, N.d.A.) e infine Gioconda, simbolo della vita soddisfatta nel matrimonio”. Un grande e verdeggiante albero sullo sfondo e una quantità di elementi ai piedi delle quattro donne – (identificate, ciascuna, da un cartiglio) – fra i quali fiori recisi, libri – uno aperto, uno chiuso – fotografie sparse, vasetti per unguenti, frutti (tanta uva: bianca e nera), tre dadi, un ventaglio, gioie. Anche la firma dell’artefice è in un cartiglio.
E teste scolpite, con fattezze quasi aliene. La dama in nero sul sofà dal pallido incarnato fra una scacchiera di piastrelle in vertiginosa orizzontale spirale. Maschere e armature 1914-1921 (Giocattoli, Tiro al bersaglio). Le grandi tempere 1918-1920… “interni desolati, prospetticamente elaborati per creare una sorta di spazio mentale in cui le figure, prive di una precisa connotazione realistica e contemporanea nella stilizzazione delle sembianze degli abiti, appaiono in un’angosciosa attesa, esprimendo nella loro solitudine un male di vivere, riflesso anche nei poveri oggetti…”
Tre bassorilievi di un teatrino progettato dall’artista. Le Conversazioni platoniche 1925-1930. La prima “presentata nel 1926 a Milano, alla Prima mostra nazionale del Novecento Italiano, curata da Margherita Sarfatti, è apprezzata dalla critica. Le due figure accostate, in un effetto di enigmatico erotismo, suscitano sui giornali una polemica di costume, un dibattito sul rapporto uomo e donna.”
La primavera della pittura 1929-1932, con Aprile, Ritratto di fanciulla, Ragazze a Nervi (“la donna a destra ha un’imponenza statuaria, risaltata dalla veste turchina. Il dipinto è, allo stesso tempo, un quadro di figure, una marina, una natura morta, composta sul vassoio in primo piano”), Mele, frutti reali trasformati in fiabeschi.
Le figure melanconiche 1931-1937… “attitudine melanconica, silenziosamente meditativa, anche velata da una intimistica dimensione di smarrimento e di attesa…”
“Seduta su una povera sedia in un ambiente spoglio, la Donna con manto è una presenza pateticamente chiusa in sé stessa, dipinta dall’artista con particolare partecipazione emotiva”. “La Ragazza a Pavarolo (o Clelia), una fragile adolescente a torso nudo, con le mani in grembo, immersa in un’atmosfera con delicate tonalità verdi e blu, ha invece un atteggiamento più dolcemente malinconico”.
Si succedono le sezioni – 14 le sale impegnate – e i capolavori. Daphne a Pavarolo (la moglie: “l’immagine emblematica della serenità sentimentale dell’artista e dell’apertura della sua pittura anche alla dimensione naturale, al di là dello spazio dello studio”) e Donne in barca (“vaga allegoria della vita, immersa in una poetica atmosfera mitica sospesa nel tempo”) furono esposte con altri undici dipinti alla XIX Biennale di Venezia del 1934.
L’enigma di Narciso 1937-1944… “L’inquietante tensione legata agli avvenimenti bellici che si percepisce in questa composizione sembra presente anche per certi versi nell’ombrosa atmosfera cromatica in cui sono immerse la fanciulla seduta in poltrona del Nudo verde, e le Due donne, in muto dialogo fra loro”.
E ne La strategia della composizione non potevano mancare le Nature morte (1947-1953)... “Casorati realizza negli anni Quaranta anche varie composizioni con valente neometafisiche, mettendo in scena calchi in gesso (piedi, mani, braccia, teste classiche), maschere, teste di manichino ed elmi del suo repertorio precedente.”
Oltre 100 le opere esposte – provenienti da varie raccolte private, dalla GAM di Torino, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, dalla Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro di Venezia, dal Museo del Novecento di Milano, dal Mart di Trento e Rovereto, dalla Galleria d’Arte Moderna di Genova, dalla Galleria d’Arte Moderna Achille Forti di Verona, dal Museo Revoltella –, bozzetti scenografici per il Teatro alla Scala compresi (Le Baccanti e Fidelio).
La mostra, promossa da Comune di Milano-Cultura e prodotta da Marsilio Arte in collaborazione con l’Archivio Casorati, curatela di Giorgina Bertolino, Fernando Mazzocca e Francesco Poli, è davvero imponente, una vastissima esposizione dedicata al pittore piemontese (Novara, 1883-Torino, 1963) che torna nel capoluogo meneghino a 35 anni dall’ultima esposizione a lui dedicata.
La parola ai curatori: “La retrospettiva è stata pensata per trasportare i visitatori all’interno dell’universo poetico di Casorati, invitandoli a immergersi nei suoi ambienti (gli interni e lo studio, teatro concettuale della sua intera poetica), conducendoli tra le figure pensose e malinconiche, emblemi riflessivi di un’umanità partecipe e di una profonda filosofia esistenziale. Le sale di Palazzo Reale costituiscono il contesto aulico perfetto per ricostruire la dimensione silenziosa, fatta di pause, contrappunti e vuoti, emanata dalle opere stesse.”
Una narrazione che nel suo multiforme manifestarsi ed espandersi segue tuttavia “l’intera cronologia dell’arte di Felice Casorati, documentando l’avvicendarsi delle fonti di ispirazione e degli stili, dal verismo al simbolismo, dal neoclassicismo al realismo magico, dalla fase più espressionista orientata dalle deformazioni picassiane sino al ritorno al sintetismo e alle stesure à plat, caratteristiche della produzione di fine carriera.”
Come non perdersi innanzi alla grandiosa e inquietante drammaticità della Colazione (Castello di Rivoli-Museo d’Arte Contemporanea. Collezione Cerruti)? “Una famiglia di sole donne, forse orfane o vedove di guerra, a riassumere lo stato emotivo e psicologico di Casorati, intonato al senso di lutto che pervade i primi anni del dopoguerra”. O innanzi a Silvana Cenni, figura d’ispirazione metafisica non scevra di un debito verso il Quattrocento e Piero della Francesca? O l’Annunciazione, fra intimismo e mistero della maternità, fra la simmetria matematica della luce e l’insondabile gioco dell’enigma?
Una mostra che colma testa e cuore d’infinite impressioni, incanto e malie. Oltremodo fascinosa, magnetica.
Alberto Figliolia
Casorati. Palazzo Reale, Piazza Duomo, Milano. Fino al 29 giugno 2025.
Info: siti Internet palazzorealemilano.it, marsilioarte.it.
Orari: mar, mer, gio, ven, sab, dom 10-19,30; gio 10-22,30; lun chiuso.
Catalogo: Marsilio Arte.

