1. IDI DI MARZO
Presso il Policlinico militare del Celio , a Roma, alle idi di marzo del 2018, il generale Biagio Ferrara si è voltato quietamente su un fianco e ci ha dato l’estremo addio, per il suo trapasso in altri lidi, ma il suo spirito se ne era già andato via da un pezzo, dalla scomparsa dell’adorata moglie, Fiorenza, donna straordinaria per sensibilità, cultura, stile, bellezza (“la rosa che sboccia anche nella tenebra”), che l’aveva lasciato solo circa un anno fa, una solitudine infinita, magmatica, vischiosa, nella quale Biagio si era completamente smarrito. Non desiderava altro che silenzio e preghiera e ricongiungersi alla sua Fiorenza, come ha testimoniato dall’ambone il sacerdote che ha celebrato il suo rito funebre e conosceva entrambi i coniugi da molti anni.
2. L’AUTOIRONIA
Soltanto un anno fa gli avevo fatto gli auguri , su f.b., per il suo compleanno: “Caro Biagino, sei uno di quei rari amici che hanno due doni supremi, l’autoironia e la sincerità. Il tuo pessimismo di fondo sull’uomo e sulla storia è uno squisito – per quanto malinconico – senso della realtà delle cose e mi ricorda un po’ il genio di Recanati, Giacomo Leopardi”. Mi ero dimenticato di aggiungere il suo dono più prezioso: l’umiltà. Biagio Ferrara era un gentiluomo napoletano d’antico stampo, schivo, riservato, che aveva perfino il pudore di far sapere il suo alto grado militare , nonché le tante imprese che aveva compiuto nel corso della sua lunga e luminosa carriera, di cui non m’aveva mai parlato, se non per traslazione di un argomento, facendoci su sempre una battuta autoironica, sempre particolarmente efficace perché le faceva sempre con il suo tono di voce profonda e l’aspetto di serissimo gentleman. Posso dire che la sua vivacità d’ingegno, unita alla semplicità , al garbo, alla modestia, erano tali da incantare chiunque avesse avuto la fortuna di conoscerlo, anche per poco. Aveva quell’intelligenza vivida dell’uomo che sa vedere il tutto di una cosa sempre con occhio indagatore , spaziale, ma allo stesso tempo umano , benevolo, di uno che conosce le debolezze e le fragilità umane e le perdona di cuore, magari con una battuta ironica, o, più spesso, autoironica, anche se non poteva tollerare la stupidità , l’arroganza, la protervia e l’ignavia. Era un napoletano atipico che non beveva il caffè e non suonava il mandolino.
3. LE ILLUMINAZIONI
Ma al di là della sua intelligenza, cultura, simpatia e rara competenza storica , (molti dei suoi articoli che sono stati pubblicati sulla rivista “Espresso Sud” erano originalissimi e completamente ignorati dalla storiografia ufficiale), Biagio, per me, era soprattutto un amico, uno di quegli amici veri con cui puoi stare insieme mezza giornata, a passeggiare sulla spiaggia, e parlare un po’ di tutto, senza minimamente accorgerti del tempo trascorso. Sapeva raccontare le cose con leggerezza, con spirito disincantato e sempre giovane, nonostante la sua età non più verdissima. Ma con lui si poteva stare anche in silenzio. Era un’altra forma di comunicazione. Oso dire che scattarono subito fra noi – come flashes irrelati – tutta una serie di scintille , o “illuminazioni” con una caratteristica plurivalenza : illuminazioni intese come miniature e allo stesso tempo rischiaramenti. Con lui le mie ore di spiaggia , a Ostia, trovarono un senso diverso da quel via vai lungo la passerella che portava in un mare grigio , un mare da convulsioni e da meduse ( Non ho mai visto Biagio fare un bagno, mentre io qualche volta, pur turandomi il naso, lo facevo) . C’era fra noi, inavvertibile, quel ritmo interiore , quel parallelismo di ex militari: lui con “i carri d’argento e di rame che sollevanoi cespiti dei roveti , / che corrono verso i pilastri della foresta / , ai fusti dell’argine” , io con le “prue d’argento che battono la schiuma / pervasi da turbini di luce”, tanto per non trascurare il genio di Rimbaud e il riferimento forse arbitrario alle sue “Illuminazioni”. Ma soprattutto ci legava una corrente di leggerezza, di ironia, o meglio di autoironia, in cui non ci si prendeva mai troppo sul serio. Lui è stato sempre un gran signore , sia nel tratto che nella nobiltà d’animo, intessuta di una modestia rara , che appartiene solo ai grandi uomini. Alla fine rimaneva in me quella sua musichetta ironica e sapiente, la cui chiusa era sempre sorprendente, e che rinnovava – in entrambi – il desiderio di rincontrarci, tant’è che quando uno mancava all’appello l’altro si annoiava a morte.
4. FONTANA LIRI
Le nostre frequentazioni si estesero ben presto anche al di là del mare : partecipammo insieme a conferenze e spesso lui, con la sua amata Fiorenza, venivano ai miei spettacoli teatrali, ed io li andavo a prendere alla stazione della metropolitana di Acilia con grande gioia. Una volta organizzammo anche una conferenza su un tema di carattere storico , presso il Villaggio culturale “Pentatonic” dell’Eur , in cui lui era il protagonista assoluto ed io facevo da presentatore. Come ho accennato , Biagio aveva perfino il pudore di far sapere che era un generale dell’esercito e un ingegnere chimico di valore nazionale e internazionale , al punto tale di meritarsi sia l’ammirazione, la stima e la riconoscenza di un’intera popolazione , quella di Fontana Liri , che gli ha conferito , nel 1993, la cittadinanza onoraria per i “ miracoli” da lui realizzati nel rendere efficiente funzionale e produttivo il vecchio stabilimento militare “Propellenti”, ormai fatiscente, scongiurando che lo stesso fosse chiuso con la perdita del posto di lavoro di ben 700 padri di famiglia.
5. IL RE DI SPAGNA
Inoltre a Biagio fu conferita anche la Croce dell’Ordine al Merito Militare del Re di Spagna Juan Carlos , massima onorificenza che viene concessa a chi, “con coraggio, si sia distinto particolarmente con fatti e servizi eccezionali, durante il servizio militare ordinario”. E ciò avvenne , per le innovazioni che il generale Ferrrara apportò allo Stabilimento, progettato e realizzato nell’ambito di una partnership internazionale con la spagnola “EmpresaNacional Santa Barbara”. E abbiamo tralasciato altre sue grandi e personali iniziative quali la risistemazione della piazza antistante lo Stabilimento e il completo rifacimento della chiesa parrocchiale di Fontana Liri Inferiore (Santa Barbara), che fu demolita e ricostruita ex novo. Di tutte queste nobili cose realizzate grazie al suo ingegno, alla sua volontà, al suo cuore grande e generoso, da considerarsi delle vere e proprie imprese di eroismo civile , che la gente di Fontana Liri non ha mai dimenticato , io (come accennato) ero completamente all’oscuro. Biagio non me ne aveva mai parlato,e ciò attesta– se ce ne fosse stato ancora bisogno – l’assoluta grandezza dell’uomo, che lo configura come un eroe di modestia, ovvero un autentico anti-eroe, cosa rarissima, quasi unica, nel panorama storico e culturale del nostro Paese.
Ciao, amico caro, so che dopo la perdita di Fiorenza ,avevi bisogno solo di silenzio e preghiere, ma spero che queste mie memorie non abbiano tradito la tua volontà. So che ci incontreremo ancora, in qualche luogo fuori del tempo.
Roma, 21 marzo 2018
Augusto Benemeglio
Grazie Augusto, per questo tuo ricordo del carissimo Biagio Ferrara, molto fedele alla sua personalità. Ci siamo conosciuti uscendo dal Policiinico del Campus biomedico universitario di Trigoria. Era buio, tardo pomeriggio. Entrambi finivamo una visita a persone malate molto care. Nel suo caso si trattava di sua moglie Fiorenza. Accompagnato da sua figlia Monica, è bastato il ritorno a casa con l’autobus e la metropolitana assieme, per far nascere una amicizia profonda con Biagio. Così ho vissuto con la famiglia -“l’investimento più importante della mia vita”, mi diceva- le vicende degli ultimi anni, da sacerdote e amico. Qualche giorno fa i suoi resti sono stati deposti al cimitero del Verano accanto alla bara della moglie, e alla preghiera abbiamo unito il ricordo delle parole della poesia spagnola “Amore costante al di là della morte” di Quevedo, con il versetto finale che parla delle ceneri e della “polvere innamorata”, perché l’anima non muore.