Recensione: Barbara O’Brien – Operatori e cose. Confessione di una schizofrenica


Questo libro nacque nel 1958 negli Stati Uniti e fu pubblicato sotto pseudonimo, Barbara O’Brien decise di raccontare dall’interno la sua esperienza di schizofrenia, mettendo sulla pagina il delirio che l’aveva travolta e la lenta ricostruzione di un contatto con la realtà. Da allora il testo ha conosciuto più ristampe ed è stato riscoperto negli ultimi anni come una delle testimonianze più intense e disturbanti sulla malattia mentale.
La scrittura di O’Brien non è pensata per spiegare in modo clinico la schizofrenia ma per mostrarla, e la forza del libro sta proprio in questo gesto radicale. Ci troviamo di fronte a un mondo che ha una logica interna assoluta, in cui la realtà viene divisa tra operatori e cose, e non è una semplice metafora, ma la grammatica che regge ogni pagina e che obbliga chi legge a sospendere per un momento le proprie certezze. È come se la narrazione ci invitasse a guardare un universo parallelo dove il consenso condiviso sulla realtà si spezza e rimane soltanto una struttura alternativa e coerente.
Dal punto di vista emotivo il libro è un continuo oscillare tra isolamento e lucidità, O’Brien racconta senza chiedere indulgenza né pietà, si limita a testimoniare, compiendo un gesto etico potente, perché restituisce alla malattia mentale una voce che non è solo oggetto di diagnosi ma parte integrante dell’esperienza umana. Leggere questo libro non significa guardare da fuori un fenomeno patologico, ma assumersi la responsabilità di ascoltare una soggettività che si esprime con tutta la forza della parola.
C’è anche una riflessione implicita sulle istituzioni della cura, non c’è un manifesto contro la psichiatria ma il ricordo vivo di quanto sia rischioso ridurre una persona a sintomi e comportamenti. O’Brien ci ricorda che dietro ogni definizione clinica c’è un vissuto che deve essere accolto. Questo rende il libro prezioso non solo per i lettori comuni ma anche per chi lavora nel campo della salute mentale.
Dal punto di vista letterario il testo alterna momenti di grande chiarezza a passaggi febbrili e visionari, ed è proprio questa alternanza a renderlo universale, perché restituisce la fragilità come esperienza che non appartiene soltanto alla patologia ma alla condizione umana. Chiunque abbia conosciuto il senso di smarrimento o la perdita di orientamento riconoscerà qualcosa di sé in queste pagine.
Operatori e cose è un libro che ferisce perché chiunque abbia conosciuto la fragilità sarà toccato da queste pagine, non come da una lezione di psicopatologia ma come da un invito a una maggiore umanità. È un libro che illumina, perché mostra senza sconti cosa significa avere il mondo ribaltato e, insieme, come la parola possa restituire un barlume di ritorno.

Titolo: Operatori e cose. Confessioni di una schizofrenica
Autore: Barbara O’Brien
Prezzo copertina: € 19,00
Editore: Adelphi
Collana: Fabula
Traduttore: Baiocchi M., Tagliavini A.
Data di Pubblicazione: 17 novembre 2021
EAN: 9788845936173
ISBN: 8845936171
Pagine: 251

Citazioni tratte da: Operatori e cose. Confessione di una schizofrenica

…la schizofrenia. La vostra mente è «scissa» e la sua parte subconscia, non più sottoposta al vostro controllo consapevole, mette in scena uno spettacolo privato solo per voi. Lo spettacolo che allestisce dipende dal genere di materiale che contiene il subconscio e anche dal rapporto che esisteva tra la parte conscia e quella inconscia della vostra mente, quando era integra. Vi può fare a pezzi sempre più piccoli ogni giorno che passa. Ma può anche, per contro, ricucire pazientemente i segmenti che erano stati separati. (pag 16)

Se sviluppate una schizofrenia che non può essere risolta da qualche dose di terapia dello shock o di tranquillanti, allora non c’è essere umano al mondo che vi possa aiutare. La sola cosa che vi può aiutare a quel punto è il demone al comando: la vostra stessa mente inconscia. (pag 16)

Nella maggioranza dei casi di schizofrenia, però, l’inconscio sembra preferire le tecniche del regista a quelle dell’attore. Non crea una nuova personalità ma mette in scena un dramma. La differenza fondamentale è che la mente conscia ha il permesso di rimanere, unico spettatore in tutto il teatro, ed è costretta ad assistere senza poter lasciare la sala. (pag 18)

Le onde mi facevano da guida per la strada, spesso comparivano nel parco a chiarirmi piccoli misteri, ma rimanevano ostinatamente nel sotterraneo quando ero nello studio dell’analista. (…) La spiaggia arida lo fissava sforzandosi di pensare a qualcosa da dire, ma le onde lo ignoravano cocciute. (pag 117)

«Mi rendo conto che il sesso finalizzato alla gratificazione sessuale possa offrire all’uomo una sicurezza emotiva. Ma dubito che questo valga anche per la maggioranza delle donne. La natura sembra aver organizzato le cose in modo diverso». (pag 132/133)

Ero stata malata di mente. Non avevo avuto la varicella, una gamba rotta o magari un trauma cranico. Ero stata malata di mente, il che non era solo uno spaventoso problema di salute, ma uno stigma. Il primo compito che affidai alla macchina pensante fu di stabilire quante possibilità c’erano che gli altri lo venissero a sapere. (pag 144)

…qual era stata la causa della mia schizofrenia? Quale attrito tra la spiaggia e Qualcosa era stato risolto, in passato, in modo tale da mandare in frantumi il meccanismo? E fino a che punto sarei stata capace, adesso, di prendere decisioni altrettanto stupide, producendo risultati altrettanto disastrosi? (pag 145)

Resta da stabilire se davvero lo schizofrenico si costruisca il suo mondo immaginario in modo intenzionale e con uno scopo preciso, o se invece semplicemente vi si trova dentro. (pag 174)

Ma per uno psichiatra la mente inconscia durante la follia è una macchina guasta, niente di più niente di meno. (pag 175)

L’uomo sta cercando di adattarsi a un ambiente troppo complesso o troppo limitato per la sua attuale dotazione fisica o mentale? Sta cercando di attrezzarsi per affrontare un ambiente che, a sua volta, inizia solo ora a prendere forma, e che la forza della natura percepisce? (pag 194/195)

Consideriamo i componenti dell’uomo. L’uomo si concepisce come una mente e un corpo e si accontenta, in buona sostanza di questa semplice analisi. Ma l’essere umano è un universo complesso, alimentato da un sistema solare di ghiandole endocrine, da una confederazione di organi, da una vasta rete elettronica di nervi, da fiumi di sangue e masse di cellule specializzate, alcune delle quali specializzate nel lavoro di pensare. (pag 195)

La diversità era accettabile a patto che restasse confinata nei settori sicuri. (pag 205)

La capacità della schizofrenia di non svelare il proprio segreto è straordinaria. Ogni anno i ricercatori pubblicano almeno seicento articoli sul tema, ma nessuno finora ha saputo avvicinarsi alla svolta necessaria per fermare quella che oggi è riconosciuta come la peggiore piaga del nostro secolo. (pag 234)

Katia Ciarrocchi
© Redazione Lib(e)roLibro

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