Stalin e Pasternak


stalinA cura di Augusto Benemeglio

1. Stalin e i poeti
Alla fine del 1924 Stalin volle vedere, tutti insieme, i tre più grandi poeti dell’Unione Sovietica, Pasternak, Majakovskij e Esenin. Questi ultimi due si suicideranno poco dopo tale incontro, e quindi non lasciarono alcuna testimonianza di questa singolare danza, di questo intreccio tra il potere politico (assoluto) e la libertà (assoluta) della poesia e dello spirito che animava i tre grandi letterati russi. E Boris Pasternak, l’unico sopravvissuto allo storico incontro, non ne volle quasi mai parlare fin quasi alla vecchiai a (ai vecchi/tutto è troppo/ tranne la memoria/ della giovinezza). Disse Olga Ivinskaja, la donna che viveva con lui da ormai quattordici anni, la Lara del “Dottor Zivago”, che Boris aveva il terrore di parlare del dittatore georgiano, considerava Stalin l’uomo più terribile che esistesse sulla faccia della terra. Ma un giorno Olga-Lara insistette molto (peral tro, Stalin ormai era morto da diversi anni ), e allora Pasternak le raccontò di quell’ incontro con il dittatore:
Un uomo molto simile ad un granchio uscì dalla penombra e venne verso di me. Il suo volto era giallo e butterato. I suoi baffi erano ritti. Era un nano, ma un nano smisuratamente largo: per la statura faceva pensare ad un ragazzo di dodici anni, ma il suo grosso volto era quello di un vecchio dagli occhi di fuoco, come un demone appena uscito dall’inferno

Boris_Pasternak2. Boris era un poeta sociale
Stalin gli parlò, da solo, (Majakovskij e Esenin furono fatti uscire dalla stanza) e gli disse che da lui si attendeva “il vero pathos creatore russo” e che lui, insieme agli altri due, doveva diventare uno degli araldi della poesia sovietica .Allora Pasternak, tremante come un bambino , gli dedicò alcune poesie esaltando in lui il vero capo di tutte le Russie. Ma quando furono ripubblicate nell’edizione del 1965 le poesie suonavano a condanna del dittatore:. “In mezzo alle stragi, / tra mille torture, / il nostro gemello, / trillava, immortale/…Le risa nel cortile / l’immagine del vomere, / e poi Lenin e Stalin/ e questi poveri versi miei…/ Egli, certo, è ben meschino/ in questa fuga per due voci/ eppur crede ad un’armonia / dei due grandi principi estremi…

“Boris Pasternak – scrive Olga Ivinskaja – odiava ogni religione ufficiale trionfante. Il suo civismo, il suo patriottismo non avevano nulla a che fare con l’ottimismo ufficiale e con il nazionalismo di bassa lega. E’ davvero sorprendente che ancora oggi vi siano persone che , pur avendo conosciuto Pasternak , non riescono a cogliere il contenuto sociale della sua poesia”. La voce di Pasternak – scrive in una lettera a M. Gor’kij – è la voce di un vero poeta , di un poeta sociale nel senso migliore e più profondo del termine. Io domando a voi LETTORI se un poeta che non era un ” pensatore sociale” avrebbe mai potuto scrivere i seguenti versi :
Amavo i poveri una volta / non per un nobile sentire/ ma per una vita senza sfarzo/ che io scoprivo in mezzo a loro.
Sì, frequentavo case ricche, / famiglie ammodo, gente bene,/
ma detestavo i parassiti / ed ero amico dei pezzenti.
Desideravo l’amicizia / la simpatia degli operai,/ per cui chiamandomi
straccione/ mi si faceva un grande onore./
Sentivo senza tante frasi/ il mondo solido,
corporeo/delle cantine disadorne/ di quei solai senza tendine./
Poi mi ha sfiorato, rovinandomi/ la corruzione del mio tempo;
/ adesso è un’onta la miseria/ e si fa mostra d’ottimismo.
Non credo più agli amici antichi, / coi quali m’ero confidato
Ho perso l’uomo , come tutti, / quand’egli ovunque s’è smarrito

3. Il dottor Zivago è pieno di difetti
Nel dottor Zivago la poesia di Pasternak si snoda in un’atmosfera di purezza e purificazione , di freschezza e d’incanto…Ma quel romanzo- fiume che contrassegnò la nostra giovinezza è pieno di difetti.
Un romanzo nel quale confluiscono folle di personaggi, epoche dense di storia ( dalla rivoluzione del 1905 alla piena instaurazione del potere bolscevico, 1929), e la Russia con il suo mistero e con il suo fascino , con le sue città e le sue isbè, le tempeste, le nevi, le distese sconfinate – con le mille storie che convergono in quella di Zivago , umili storie di destini umani – la storia di Lara, di Tonja , Strelnikof, Nikolaj Nikolaevic, Tanja , Tiverzin, ecc
Quel romanzo manca di unità per l’intersecarsi delle vicende , ora abbandonate , ora riprese, e una certa maniera di ricostruire uomini e cose mediante l’interiorizzazione dei personaggi , quasi come un loro riflesso
psicologico, ecc.., per cui capita che il lettore – specialmente nella prima parte – stenti a tener dietro alle storie nella storia…
Epperò sull’orizzonte di brutture, sofferenze e il fallimento di un esperimento disumano qual è stata la dittatura marxista , Pasternak – le lacrime agli occhi – dopo aver lanciato un canto di speranza e di risurrezione, ecco rinascere l’arcobaleno della bellezza eterna dell’amore e dell’arte. L’amore è per
Pasternak donazione e giovinezza , dolcezza del vivere , senso delle cose, armonia, ordine , poesia. Pasternak è un impenitente cantore dell’amore…..

4. L’ambiguità dello sfondo religioso
Che il protagonista si muova in uno sfondo religioso , che senta la nostalgia della vecchia fede del popolo russo e il fascino della grandi figure della religione ortodossa (il Cristo Redentore e la Vergine , le
famose icone bizantine) ,che abbia anche intuizioni folgoranti sul cristianesimo , tutto ciò sembra abbastanza evidente e tuttavia sarei molto cauto ad affermare una cosa del genere…
Ci sono espressioni e posizioni dense di ambiguità e di ” disordine morale” che vengono accettate , senza nessuna resipiscenza…da parte del protagnista . Non dico il Manzoni e neppure la Santa Sede , ma qualunque scrittore osservante della morale cattolica non potrebbe accettare l’ambiguità di fondo nella vicenda (peraltro bellissima ) dei due amanti Lara-Zivago , che si perdono, si ritrovano e si sperdono nella foresta (anche dei ” sensi” ) , assediati dalla tormenta di neve e dai lupi…fregandosene di tutto e di tutti , come sempre capita nell’amore.
Del resto Pasternak non è un prete , nè un osservante , è un grande poeta ed anche un uomo pieno di passione, entusiasmo, carnalità, in cerca di purezza bellezza amore che trova dovunque perché è nel suo cuore…
Comunque sia , il dottor Zivago è decisamente fuori dalla “Weltanschaung marxista” , non appartiene alla cultura sovietica ,ma all’anima della vecchia nobilissima Russia.

5. Un inno alla lotta per la libertà
Non è religioso, in senso stretto , abbiamo detto, ma neanche politico. Pasternak aborriva ogni forma di politica . Ha scritto sì un libro di protesta contro il regime sovietico, ma di ordine spirituale. Si tratta di
una protesta umana estetica religiosa e mistica. E’ un inno alla lotta per la libertà, , nonostante e contro la virulenza di quel tremendo morbo politico che è stato il comunismo, che ha fatto ritardare di cinquant’anni la crescita della Russia ; un inno alla speranza e alla resurrezione. “Ricordate: mai, in nessun caso bisogna disperarsi. Sperare e agire, questo si deve fare nelle sventure. La disperazione passiva significa
mettere da parte , tradire il nostro dovere…
“Scenderò nella bara e il terzo giorno risorgerò / e, come le zattere discendono i fiumi/ in giudizio , da me, come chiatte in carovana,/ affluiranno i secoli dell’oscurità”.

6. Tempo ed eternità
Il tempo passerà, passeranno molte grandi epoche. Io allora non ci sarò più. E non vi sarà ritorno al tempo dei padri e dei nonni, cosa che d’altra parte non è nè indispensabile nè desiderbaile. Ma alla fine riapparià ciò che è NOBILE e GRANDE e CREATORE, rimasto celato per tanto tempo.
Quella sarà l’epoca dei bilanci. La vostra vita sarà ricca e feconda come non mai. E allora ricordatevi di me”.

Probabilmente ogni grande poeta ha avvertito un tragico divario tra il suo tempo e l’eternità creata dal vero artista. I bisogni quotidiani, i favoriti dal potere , la vita di tutti i giorni, i politicanti della letteratura , la folla: in queste carceri può soffocare e appassire anche un talento non comune come Pasternak. Ma le creazioni del genio corrono impetuose verso l’avvenire, verso l’eternità.
Pasternak fu tra coloro che avvertirono in modo veramente tragico il divario tra il tempo e l’eternità.
“Tu sei l’ ostaggio dell’eternità/ nel tempo che ti tiene prigioniero”. Sapeva che la sua poesia sarebbe durata e che dalla prigione del tempo se ne sarebbe udita l’eco nel futuro, così come noi udiamo oggi i versi di Omero, Dante , Leopardi, Baudelaire , Puskin…..addio, Boris, tu ci sarai sempre, per l’eternità.

Roma, 3 dicembre 2012 Augusto Benemeglio

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