A cura di Valeria Vezzi
IL VIOLINO SCORDATO DI EDUARDO
Di Augusto Benemeglio
D: Questo omaggio a Eduardo De Filippo , un altro dei grandi personaggi che si aggiunge alla nostra collana ( siamo partiti da Neruda per arrivare a Cechov) , che metteremo in scena al teatro don Mario Torregrossa il prossimo 22 novembre, alle 17, – personaggio che – se mi consenti – ti ho suggerito io di fare già da diverso tempo…
R: Te ne dò pienamente atto, Valeria, sarà almeno un anno che mi parli di Eduardo, ma io ho voluto aspettare questa ricorrenza, – trentesimo anniversario dalla morte, avvenuta proprio qui, a Roma, il 31 ottobre 1983 – per celebrarlo in modo adeguato, naturalmente sempre grazie a voi tutti che mi seguite ormai da cinque anni.
D: Te ne ho parlato a lungo perché ho delirato per certe sue opere ( ad. Es. “Natale in casa Cupiello” nessuna opera come quella è stata capace di portare il presepio nelle case degli italiani) e perché è un artista “ trinitario”, un po’ come te: autore, regista e attore.
R: Vuoi sfottere, eh?
D: No, voleva essere un complimento. Ma entriamo subito in argomento. Partiamo dallo strano titolo: perché “Il Violino scordato di Eduardo”, che cosa significa, è un po’ criptico?
R: Non possiamo svelarlo, altrimenti – un po’ come capita nei gialli – si perderebbe il gusto del mistero, di sapere chi è …l’assassino e il pubblico non verrebbe più a vederlo… Però ti posso dire che la storia del violino non è una mia invenzione, c’è stato qualcuno, credo uno degli allievi di Eduardo, che l’ha raccontata e io l’ho solo trovata e un po’ …rielaborata.
D: Naturalmente , come nel caso di Beckett e Cechov, farai recitare alcuni brani delle opere di Eduardo, ritenuto oggi forse il più grande commediografo italiano , a partire dalla seconda metà del novecento. Opere come “Napoli Milionaria”, “Filumena Marturano”, “Le voci di dentro”, “Questi fantasmi”, ecc., sono state tradotte in tutte le lingue e rappresentate nei teatri più importanti del mondo, da Parigi, Mosca, Londra, New York, Tokio, perché hanno il valore della universalità dei sentimenti e della vita dell’uomo in senso lato. Problemi che fanno capo sempre – per Eduardo – al conflitto fra individuo e società. Tu quali spezzoni di opere hai scelto, tenendo conto del fatto che i tuoi attori non sono dei “veri” attori, ma solo degli appassionati della cultura e dello spettacolo?
R: Ci sono frammenti di “ Napoli milionaria” ( il famoso finale, “add’a passà a nuttata”) , e poi anche una farsa, praticamente nella sua interezza, “ Pericolosamente”, in cui ci sarà da ridere, con grande soddisfazione di parte del pubblico che ogni volta che finiamo uno spettacolo me lo chiede , quasi me lo implora…
D: Finalmente, anch’io ne sono felicissima . Ma dobbiamo dire che – se non sbaglio – tutto il primo teatro della compagnia I DE FILIPPO ( Eduardo Titina e Peppino) era costituito da farse, e anche lo stesso “Natale in casa Cupiello” nacque come tale, no?
R: Certamente, è come tu dici. Con “Pericolosamente “ io credo che si riderà molto, perché è una delle farse più richieste e rappresentate nella fine degli anni ’30, poco prima che Eduardo scegliesse, – come dirà lui stesso, – di fare commedie tragiche, staccandosi dalla compagnia dei De Filippo per elevarsi a drammaturgo civile del nostro dopoguerra; tra le opere più famose di questo periodo c’è sicuramente “Filumena Marturano”, di cui metteremo in scena tre spezzoni molto significativi e particolarmente coinvolgenti, avendo avuto la grande fortuna della disponibilità di una vera attrice , napoletana verace, come Adriana Torricella.
D: A proposito di questo, come la mettiamo con tutti gli altri attori? Nessuno del Gruppo Recital , se non sbaglio , è napoletano…al massimo conoscono il dialetto romano, veneziano , marchigiano , genovese, calabrese, etc.
R: Hai ragione. Adotteremo una sorta di plurilinguismo, nel senso che ci sarà un napoletano un po’ meticciato, diciamo italianizzato, ma cercheremo comunque un’unità linguistica che rispetti il testo originale , insomma ci faremo comunque capire chiedendo comprensione al nostro pubblico che ormai ci segue da anni. Se poi ci sarà qualche napoletano che sorriderà al nostro accento, alle nostre calate…chiediamo scusa fin da ora.
Del resto lo stesso Eduardo ha detto che la sua lingua non è il puro dialetto napoletano, ma una lingua interna che nasce da una polifonia complessa fra lingua e dialetto…il suo è insomma quasi un bilinguismo…Noi faremo quel che potremo, ma una cosa è certa : non scimmiotteremo mai i personaggi napoletani eduardiani… Noi siamo in primis degli operatori culturali che si divertono a fare anche qualche scketch teatrale. Ma il nostro fine rimane sempre quello dell’inizio: fare cultura senza annoiare, che è alla base di ogni spettacolo. Ci siamo riusciti con ossi duri come Montale e Kafka, siamo riusciti a non annoiare perfino con Beckett, ed è tutto dire!
D: Eduardo diceva di se stesso che era un illetterato, uno che fin da bambino era stato costretto , legato ad una sedia , come Vittorio Alfieri , a copiare a mano ( allora non c’erano le fotocopiatrici) , più volte i copioni di scena . Insomma era un attore che scriveva , come lo erano stati Scarpetta, Viviani e il mitico Petito. Insomma capocomici condotti da necessità pratiche a fabbricare i loro testi o scenari, che erano solo dei canovacci senza alcun valore letterario…Tu come ce lo descrivi questo straordinario personaggio che ha dato un impronta così forte al teatro del ‘900?
R: Eduardo era un uomo complesso, aveva un pessimo carattere, e sostanzialmente è vissuto in palcoscenico. La sua vera vita è stata il teatro . Lui era una bestia di teatro addestrata sulle tavole del palcoscenico, pensa che è andato in scena la prima volta che aveva tre anni! , ma ha capito presto che sul palcoscenico vi sono personaggi, e non uomini veri, a comunicare col pubblico, e che il fascino del teatro è proprio in questa ambiguità: l’attore è come se fosse un’altra persona…”Lo spettatore, – diceva Eduardo – all’inizio, diffida dal personaggio, che sente distante da sé, e allora tu gli devi tendere una mano, allora vedrai che il pubblico risponderà e volentieri ti stringerà nella sua destra. Ma stai attento a non tendergli anche l’altra mano, perché te la rifiuterà senz’altro , sdegnosamente . Ma tu aspetta e vedrai che sarà lui a tenderti la seconda mano, desiderosa di farsela stringere. E allora sarai tu a rifiutargliela, facendogli però intendere che una sera o l’altra gliela stringerai affettuosamente”. In questa strategia c’è tutta l’arte della recitazione e della commedia di Eduardo.
D: Che significa tutto ciò ? Che le parole create dall’autore per il personaggio devono essere in qualche modo ricreate dall’attore?, che il vero confessore spirituale del personaggio è l’attore? , cose che tu ripeti ogni tanto quando dici ai tuoi lettori-attori che loro sono registi di se stessi, in fondo?
R: Proprio così. Un volta assegnati i ruoli, scelti gli attori, il regista ha ultimato il suo compito; sono gli attori che devono andare a fondo , immergersi nel personaggio; durante la rappresentazione il regista potrebbe starsene seduto all’ultima fila insieme agli altri spettatori , e godersi lo spettacolo!
D: Ti piacerebbe, eh, lasciarci soli al nostro destino?…Vabbè che tu fai anche l’attore, quindi non è possibile. Ma quale altri personaggi vedrà il nostro pubblico , oltre a ripercorrere la vita non sempre facile di Eduardo che sarà raccontata tra un brano e l’altro della recitazione?
R: Ci saranno in scena il protagonista di “Questi fantasmi”, Pasquale Lojacono, in un monologo, quello famoso del caffè, e poi un monologo – questo liberamente tratto – di Armida, uno dei “fantasmi” minori, ma che qui assume una forma grottesca, vagamente pirandelliana con risonanze schiettamente napoletane.
D: So che avremo in scena un giovane violinista, delle graziose fanciulle che impreziosiranno la scena facendo le lavandaie napoletane e una cantante che eseguirà alcune celebri canzoni della tradizione antica napoletana , insomma non ci faremo mancare nulla…
R: Neanche le lacrime – tragiche e liberatorie , catartiche – di una grande Filumena Marturano che concluderanno lo spettacolo, che sarà dato il 22 novembre alle ore 17, presso il Teatro don Mario Torregrossa di Roma Acilia. L’ingresso è – come sempre – gratuito.
Roma, 5 novembre 2014 Valeria Vezzil