Recensione: Jennifer Worth – Chiamate la levatrice


Dedicato a chi aiuta a nascere
In tutta sincerità non avrei mai letto questo libro se non mi fosse stato segnalato da un amico, che l’aveva particolarmente apprezzato e che a sua volta l’aveva preso in mano probabilmente in forza della professione di ginecologo da lui svolta. Onestamente devo dire che non ero particolarmente entusiasta dell’idea di leggerlo, temendo, chissà perché, descrizioni di carattere medico, ma per fortuna non è stato così; anzi, Chiamate la levatrice, frutto dell’esperienza maturata in diversi anni dall’autrice in qualità appunto di levatrice, è un’opera particolarmente interessante, anche perché, pur essendo basata su un diario, è stata stilata come un vero e proprio romanzo, con un “IO” narrante che è appunto Jennifer Worth.
Ambientato a Londra, nell’Est Side, il porto della città, agli inizi degli anni Cinquanta, al di là della descrizione degli eventi, cioè dei parti, di cui l’autrice è stata protagonista, Chiamate la levatrice è anche un ritratto impietoso, ma sincero, delle condizioni di vita della povera gente, inasprite dalle difficoltà economiche conseguenti la guerra da poco finita. Ci sono descrizioni che richiamano le situazioni di estrema indigenza così ben descritte da Archibald Cronin e da Charles Dickens in tante loro opere con la differenza che i due narratori, pur osservando situazioni reali, erano ricorsi alla loro vena creativa, cioè inventando fatti e personaggi, mentre nel caso di Jennifer Worth si tratta di vicende realmente accadute in cui lei è stata testimone e sovente coprotagonista.
Il grigio di una metropoli la cui aria è ammorbata dalle industrie finisce con il diventare anche quello della vita di tanti miserabili senza speranza e in quanto tali particolarmente prolifici, tanto che famiglie con una decina di figli non erano da considerare una rarità (nel libro ce una donna al suo ventiquattresimo parto); tuttavia, l’autrice è capace di descrivere situazioni e personaggi con un senso di autentica pietà e con un profondo rispetto per ogni individuo, per il ricco e per il povero, per l’erudito e per l’incolto.
Comunque, se uno non ha mai assistito a un parto, qui ha l’opportunità di essere reso opportunamente edotto, ma in modo semplice ed efficace, così che  si finisce con l’appassionarsi a quel grande evento che è la nascita. Peraltro, accanto a tanti umili personaggi, ci sono anche le figure delle giovani levatrici e delle suore del convento di Nonnatus House, descritte con autentica tenerezza e se agli inizi della sua esistenza con queste religiose Jennifer è agnostica, poco a poco sente maturare qualcosa in lei che se forse non è ancora fede, però è in corso di divenire, e questo senza un insegnamento religioso, senza approfondimenti teologici, ma con l’esempio della vita quotidiana di queste monache, votate a soccorrere la povera gente e a far nascere i bambini.
Chiamate la levatrice si legge con grande piacere e quindi è sicuramente consigliabile.

Titolo: Chiamate la levatrice
Autore: Jennifer Worth
prezzo copertina: € 15.00
Editore: Sellerio Editore Palermo
Collana: La memoria
Traduttore: De Caro C.
Data di Pubblicazione: febbraio 2014
EAN: 9788838931444
ISBN: 8838931445
Pagine: 493

Jennifer Worth (Clacton-on-Sea, 25 settembre 1935 – 31 maggio 2011),  infermiera fino agli anni Settanta, e dopo musicista, ha scritto una trilogia dedicata alla sua esperienza come levatrice nell’antica zona proletaria di Londra: Call the midwife (2002), Shadows of the Workhouse (2005) e Farewell of the East End (2009).
La prima opera, Chiamate la levatrice, è stata pubblicata in Italia nel 2014 da Sellerio. In Gran Bretagna ha venduto oltre un milione di copie e la BBC ne ha tratto una serie televisiva, distribuita in numerosi Paesi.

Renzo MontagnoliSito

 

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