RecensioneTeatrale: Oblomov Show


Può l’apatia divenire uno show? Uno spettacolo di tenebra interiore, un buco nero senza rimedio? L’inedia e l’inerzia sono una sorta di film al contrario o, meglio, una pellicola rovinata nello svolgimento di un’esistenza. Del resto l’accidia è un peccato capitale. Oblomov docet…
Dal celebre romanzo di Ivan Aleksandrovič Gončarov giunge sul palcoscenico del Teatro Litta una riscrittura in chiave contemporanea di un antico vizio dell’anima, ben lontano peraltro dal concetto (utile e con una sua nobiltà) di ozio creativo.
Se nelle pagine del capolavoro di  Gončarov il protagonista (a ben vedere, un non-protagonista) è un proprietario terriero tarato dall’inazione, dalla passività e dalla rinuncia (una specie di sindrome), nel lavoro in cartellone al Litta Oblomov è un regista dai trascorsi artistici importanti, ma ormai piombato in una narcolessia sentimentale e fisica, un’afflizione dello spirito, un cedimento fatalistico totale.
“L’intuizione di Gončarov è quella di portare alle estreme conseguenze una condizione esistenziale che risuona più che mai nel nostro contemporaneo, tanto che alcuni critici letterari hanno definito il romanzo “un inno all’apatia”. Il protagonista Oblomov, l’antieroe per eccellenza, nelle prime cento pagine del romanzo non si alza neanche dal letto, cercando ogni scusa possibile per rimandare la vita al giorno successivo. […] Dopo alcune delusioni lavorative e sentimentali ha scelto di isolarsi nella vecchia casa di famiglia con il fratello Zachar, lontano da colleghi, passioni e da qualunque tipo di ambizione. A loro si aggiunge Agafia, una conoscenza estiva di Zachar, che da un giorno all’altro invade la casa di Oblomov, creando i primi disequilibri nella quotidianità dei due fratelli.” E poi giunge l’amico d’infanzia Stolz, che prova a fungere da catalizzatore per innescare una reazione positiva, virtuosa. E con lui Olga, di cui Oblomov finisce per innamorarsi. Sarà la svolta per uscire dall’impasse o…?
La riscrittura scenica indaga quei meccanismi psicologici forse anche mutati a causa della pandemia, i cui esiti sono stati abbandono delle relazioni, paura del confronto, timore di rimescolarsi alla vita rischiando, poiché la vita, oltre che un glorioso mistero, è anche rischio, rimettersi quotidianamente in discussione per evolversi come individui e come componenti di una più vasta comunità.
Oblomov Show si sviluppa fra toni umoristici, semiseri, drammatici, un pot-pourri, un groviglio di emozioni represse e di (sterili) esplosioni umorali. Sebbene tutto giaccia, per l’appunto, in quella misera e miserabile apatia, allucinato e deformante specchio della realtà.

Alberto Figliolia

Oblomov Show. MTM Teatro Litta, corso Magenta 24, Milano (M1 e M2-Cadorna, tram 19, bus 57, 58, 61, 81, 94). Fino al 12 febbraio 2023. Ideazione e regia Stefano Cordella, aiuto regia Noemi Radice. Scrittura scenica collettiva, testo di Dario Merlini. Con Martina De Santis, Francesca Gemma, Francesco Meola, Dario Sansalone, Umberto Terruso. Scene e costumi Stefano Zullo. Sound design e musiche originali Gianluca Agostini. Disegno luci Martino Minzoni. Organizzazione Carolina Pedrizzetti e Irene Romagnoli. Produzione OYES e La Corte Ospitale con il sostegno di Centro di Residenza della Toscana (Armunia-CapoTrave Kilowatt).
Orari: da giovedì a sabato ore 20.30, domenica ore 16.30.
Info e prenotazioni: e-mail biglietteria@mtmteatro.it, tel. 0286454545.

Note di Regia

“Quando ho letto per la prima volta Oblomov di Gončarov ho provato sentimenti molto contrastanti nei confronti del protagonista. Immaginare quest’uomo che “spreca” la propria vita passando tutto il giorno sul divano a oziare mi provocava a tratti fastidio, rabbia ma spesso anche tenerezza e comprensione. Ho pensato a quante volte mi sono ritrovato in quella che per Oblomov è una condizione quotidiana, alle volte che avrei preferito non scegliere e rimandare le decisioni, gli impegni, gli incontri al giorno successivo. Stare sul letto tutto il giorno ad ascoltare musica, pianificare un viaggio che non potevo permettermi, immaginare l’incontro perfetto con la persona che mi piaceva. Quell’idealismo quasi adolescenziale che ci si concedeva prima di diventare “adulti”, prima di entrare in una logica più produttiva e performativa per cui la realizzazione personale va di pari passo con il raggiungimento di determinati obiettivi (lavorativi, sociali, affettivi) ed è vietato perdere tempo.
In questa chiave di lettura Oblomov diventa quasi un eroe, un uomo che non accetta di piegarsi ai canoni imposti dalla società.
Poi è arrivata la pandemia e in molti ci siamo trovati nostro malgrado nella stessa condizione del protagonista. Per quasi due anni abbiamo rinunciato alla vita sociale e alcune categorie sono state costrette per molto tempo a interrompere l’attività lavorativa. Nel testo non c’è alcun riferimento alla pandemia ma inevitabilmente quello che abbiamo vissuto ha condizionato la creazione dello spettacolo e la nostra visione dell’oblomovismo.
Oblomov Show si muove sul delicato confine tra dimensione mentale e vita reale, cercando di tradurre scenicamente ciò che accade nella testa di Oblomov e gli effetti che questa alienazione provoca nel rapporto con gli altri personaggi.

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