A cura di Alberto Figliolia
Sospeso in eterno. La pelle bronzea in volo, a mezzo fra acqua e cielo. Il tuffatore dell’omonima tomba di Paestum è un meraviglioso enigma. Panica gioia o simbolo di un ultimo viaggio, le acque sotto di lui e le pietre alle sue spalle come simbolo del mondo oltre i vivi? Il celeberrimo tuffatore, rarefatto ed estremamente concreto, raffinato, struggente ed elegante come un Greg Louganis di più di duemila anni fa, con venature che vanno fra l’estatica compenetrazione nell’universo naturale, l’acquisizione di una superiore consapevolezza, varcando la soglia del mistero, e la malinconia per la caducità dell’esistere, si può ammirare alla mostra Mito e natura-Dalla Grecia a Pompei visitabile sino al 10 gennaio al Palazzo Reale di Milano.
Il leitmotif o filo conduttore è rappresentato dal legame, estetico e funzionale, fra la Natura e l’uomo e l’azione da questi svolta su di essa, o viceversa: il tutto attraverso circa 180 opere che spaziano dall’arte greca e della Magna Grecia a quella romana. Idillio, arcadia e tragedia: l’ebbrezza della vite e della vita, del vino e del convivio, l’armonia di paesaggi e giardini, le scene della quotidianità e l’icona della fine con la potenza distruttiva e mortale del Vesuvio.
È un viaggio nel profondo della psiche e dell’anima di quelle civiltà attraverso l’inscindibile rapporto con gli elementi (e gli alimenti) della terra e con quelli, come detto, della Natura che tutto crea e infine si riprende.
“Mito e Natura. Dalla Grecia a Pompei – spiega Gemma Sena Chiesa, una delle curatrici dell’esposizione – vuole essere un insolito percorso intorno ad un tema centrale, ma pochissimo indagato, specificamente, del mondo antico: la rappresentazione figurata dell’ambiente che ci circonda. Un tema ben noto alla riflessione filosofica greca e al sapere naturalistico ellenistico, ma molto meno preso in considerazione per quanto riguarda la storia delle immagini che si snoda per più di sette secoli dalla Grecia a Roma. […] Proprio il continuo variare di prospettiva, all’interno di una comune cornice culturale, ci appare uno degli aspetti più affascinanti di questo viaggio inconsueto nel mondo classico. In età arcaica nel mondo delle immagini dominano le realtà più essenziali: il mare, le rocce, gli antri, gli alberi. Parallelamente gli dei e le storie del mito si identificano con le forze della natura. È un insieme di valori che domina tutta l’età classica ma che si sgretola all’arrivo della strepitosa forza innovatrice della cultura ellenistica scopritrice da una parte di una natura “decorativa” e dall’altra della dimensione del paesaggio. Saranno proprio questi due aspetti che si svilupperanno straordinariamente in età romana, elaborando nuovi modelli artistici. Sono questi che giungeranno, attraverso la rinascita grottesca e l’invenzione geniale di Leonardo, fino a noi. […] L’impressionante racconto di naufragio sul più antico oggetto presente nella mostra, il cratere da Pithecusa della fine dell’VIII secolo a.C. non potrebbe essere più attuale malgrado i circa 2700 anni che ci separano dal vasaio e dal pittore che avevano creato l’opera. Molti anni più tardi sarà la rappresentazione della nave che solca le acque a richiamare il viaggio marino, forse già metafora di viaggi senza fine verso l’ultimo oceano”.
Splendide, a dir poco, le opere in mostra: dai crateri ateniesi e della Magna Grecia alle colonnette dalla Villa Adriana di Tivoli (una inarrivabile grazia e perfezione formale), dagli innumerevoli affreschi di Ercolano e Pompei sopravvissuti alla furia della lava all’inestimabile Vaso blu – preziosissimo reperto lavorato con la stupefacente tecnica del vetro-cammeo: indimenticabili, leziosi e carnali, gli amorini che vendemmiano, suonano e godono delle delizie del mondo –, dalle nature morte pompeiane alle corone d’oro per cingersi il capo, dai piatti da pesce ai vasi, e mosaici, statue, anfore, terrecotte votive, monili, battaglie, libagioni, il Giardino delle Esperidi, collane, il Rilievo Grimani con la pecora che allatta i suoi cuccioli, così preciso nei particolari in primo piano e, insieme, così sfumato e vago intorno (quasi astratto), come un’opera della contemporaneità (osservazione naturale commista con una dichiarazione d’intenti, concettuale si direbbe). Di formidabile impatto gli affreschi della Casa del Bracciale d’oro da Pompei: un ordine naturale lussureggiante, con piante e uccelli d’ogni genere (un effetto illusivo e illusionistico straordinariamente avvolgente).
Dulcis in fundo: “Novità assoluta per la prima volta in mostra al grande pubblico, un’intera sezione dedicata ai cibi e alle pietanze di Pompei giunti miracolosamente intatti “sulla nostra tavola”, dopo duemila anni. Esemplari di semi, garum, fichi, bucce di melograno, mandorle, agli, grano, farro, datteri, resti di grappoli d’uva, noci, cipolle, ostriche, frutta e pane, sapientemente conservati nel Laboratorio di ricerche applicate della Soprintendenza archeologica di Pompei, arricchiscono la mostra e, molto presto, anche il percorso di visita dell’area archeologica di Pompei, riportandoci alle abitudini alimentari di età romana”.
Alberto Figliolia
Mito e natura-Dalla Grecia a Pompei. Palazzo Reale, Milano (Piazza Duomo 12). Sino al 10 gennaio 2016.
Orari: lunedì 14,30-19,30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9,30-19,30; giovedì e sabato 9,30-22,30.
Info e prenotazioni: tel. +39 02 92800821; sito Internet www.mostramitonatura.it e www.palazzorealemilano.it.