Maurizio Cattelan. Autobiografia non autorizzata di Francesco Bonami

Nell’arena con i leoni 69

recuperavano cose di prima necessità. Un metodo molto efficace era quello di comprare al supermercato un grosso pentolone da poche lire e riempirlo di vettovaglie, andare poi alla cassa e pagare solo il pentolone. Il trucco riusciva sempre. Ma mi rimaneva l’ansia che qualcuno prima o poi mi avrebbe riconosciuto e mi avrebbe fatto pagare quello che non avevo pagato. Così ho maturato questa paranoia, e per tutta la vita ho provato a nascondermi. A volte usando altre perso¬ne al mio posto, a volte addirittura travestendomi. Anche se ho sempre odiato il carnevale e le feste in maschera. Le trovavo umilianti.
Tutte queste paure e tutti questi malesseri che ho accumulato dentro di me, a un certo punto, ho deciso di condividerli con gli altri. Condividerli forse non è la parola giusta. Ho deciso che anche gli altri dovevano subire quello che avevo dovuto subire io nella vita. C’è stato un periodo in cui, non so perché, mi ero messo in testa di essere una vittima della società, delle sue regole, delle sue con¬venzioni, delle sue leggi Un’ossessione che si è poi tramutata nel desiderio di trasformare in vittime tutti quelli con cui avevo a che fare. Dalle donne ai galleristi, ai curatori e agli altri artisti.jMi sentivo nell’arena, insieme ai leoni che mi volevano mangiare. C’erano due galleristi che volevano per forza allestire una mia mostra dopo aver visto l’orset¬to equilibrista. Io non avevo nessuna idea, ma loro hanno tanto insistito che alla fine ho detto ok. Erano felici, finché non son venuti a sapere che la mostra sarebbe consistita in loro due vestiti tutto il tempo con due costumi da leone. Un giorno, guardando II libro della giungla di Walt Disney, mi si accese un neon nella testa. Se trasformi le persone in animali e gli animali in persone, è possibile che una volta su due tu riesca a fare qualcosa di buono. I due galleristi leoni erano perfetti.