La morte ha sorriso all’assassino di Aristide Massaccesi


A cura di Gordiano Lupi

La morte ha sorriso all’assassino è del 1973 e ha come sottotitolo Sette strani cadaveri. Si tratta di un lavoro importante, la prima tappa dalla quale cominciare a  parlare della figura di Aristide Massaccesi, perché si tratta di un film horror classico.  Come faccia Marco Giusti su “Stracult” a parlare di porno-horror resta un mistero. Ci sono poche scene erotiche e nella maggior parte dei casi si lascia soltanto intuire. Niente di porno, ve lo assicuro. Un film molto gotico condito di numerosi effetti splatter. Cominciamo a capire che cosa è l’horror per Massaccesi: la rappresentazione di qualsiasi avvenimento estremo, viscerale e raccapricciante, ma anche lo splatter commisto alla tensione psicologica e alle atmosfere angosciose (cfr. Antonio Tentori “Horror made in Italy” vol. 2, Profondo Rosso Editore).
La sceneggiatura è dello stesso Massaccesi con la collaborazione di Romano Scandariato e Claudio Bernabei. La fotografia è di Massaccesi, le musiche sono di Berto Pisano, il montaggio di Piera Bruni e Gianfranco Simoncelli, le scenografie e i costumi di Claudio Bernabei. Produzione di Franco Gaudenzi per la Dany Film. Distribuito da Florida. Da notare che Aristide Massaccesi per la prima volta si firma con il suo vero nome. A livello di curiosità c’è da dire che il produttore Franco Gaudenzi era un ex avvocato del cinema amico di Massaccesi che più tardi (1988) produrrà Zombi 3. Qui è accreditato pure alla cura degli effetti speciali.
Il cast: Ewa Aulin (Greta), Klaus Kinski (dottor Sturges), Angela Bo (Eva), Sergio Doria (Walter Ravensbrook), Giacomo Rossi Stuart (Herbert), Attilio Dottesio (commissario Dane), Marco Mariani, Luciano Rossi (Franz), Fernando Cerulli, Carla Mancini e Giogio Dolfin.
Questa pellicola ricalca molto da vicino le atmosfere del cinema gotico anni Settanta e fa proprie reminiscenze argentiane frammiste a tematiche magiche e oscure. Non solo: a un’attenta visione non può sfuggire la notevole ispirazione narrativa da Edgar Allan Poe e Le Fanu (la trama ricorda Carmilla). Il film è girato in un’atmosfera oscura e si svolge tra castelli e cripte, parla di amuleti e maledizioni, infine la musica di Berto Pisano lo rende ancora più inquietante. Ci sono alcune sequenze erotiche e vediamo le prime scene splatter del cinema italiano, con occhi strappati alla Fulci (Zombi 2) e visi dilaniati. Per la prima volta Joe D’Amato si avvicina al cinema di sexploitation e mostra il mostrabile senza remore o tabù di sorta. Il dualismo orrore-erotismo, due generi una volta separati da uno steccato invalicabile, tornerà spesso nei lavori di Massaccesi. Il regista romano è il primo a tentare una commistione tra i due generi che più ama senza farsi prendere la mano dall’uno o dall’altro. Il critico cinematografico è in difficoltà quando va a classificare certi film di Massaccesi, perché non sa mai a quale dei due generi ascriverli. Come fa Pino Farinotti nel suo monumentale “Dizionario di tutti i film” (si noti bene il sottotitolo dell’opera: dalla parte dello spettatore) a liquidarlo come “un giallo condotto con la tecnica del documentario”? Non è da meno Piero Mereghetti nel suo Dizionario: “contorta e risibile la sceneggiatura… di atmosfera ce n’è pochina giusto qualche effettaccio… il gotico italiano era già morto e sepolto…”. Stronca Massaccesi pure come direttore della fotografia perché “eccede in grandangoli e zoom”. Ed è tutto dire. Ci risolleva la lettura di Antonio Tentori che ha visto il film proprio come noi: “In questo primo thriller del regista sono presenti omicidi a colpi di rasoio, atmosfere gotiche, violenza esasperata. Un crescendo di tensione e inquietudine, saturo di un clima malsano e morboso che conferisce alla pellicola il suo strano fascino”.
Vediamo in breve la trama che non è affatto confusa e contorta. Solo un tantino complessa, serve un po’ d’attenzione durante la visione e soprattutto la mente libera da pregiudizi.
La storia si svolge all’inizio del secolo e fa dell’atmosfera gotica la sua arma migliore. Si comincia con il fratello deforme di Greta in lacrime: “Povera sorellina, ti hanno strappata a me. Povero amore, così dolce e così romantico…”. Greta è morta e giace su di una lapide. Il fratello ricorda quando erano piccoli e lui è sempre stato innamorato di lei. “Ti hanno uccisa e io non ho fatto niente per impedirlo. Sono colpevole anch’io”. Il fratello l’amava di un amore morboso, era geloso di lei e del suo uomo, non avrebbe voluto neppure che si sposasse.
D’improvviso si cambia scena. Sono passati gli anni.
Una donna che pare in tutto e per tutto Greta (ed infatti è lei) ha un’incidente alla carrozza sulla quale sta viaggiando e accetta l’ospitalità nella villa di Walter ed Eva Ravensbrook, una coppia di sposi. Il conducente muore orrendamente sfigurato e qui assistiamo alla prima scena cruda del film. Un medico (un ottimo Klaus Kinski) visita la donna e si accorge che qualcosa non va. Lui sta studiando la resurrezione dei morti e si affascina a uno strano gioiello che Greta porta al collo. Prima che possa scoprire altro però viene assassinato insieme al suo assistente. Viene uccisa con un colpo di fucile in pieno volto anche una serva della villa, prima che possa fuggire spaventata. Da notare in questa parte del film un grande utilizzo di primissimi piani e un uso smodato di inquadrature sugli occhi dei personaggi. Si sottolinea in questo modo il crescendo di tensione e di angoscia.
Greta ha perso la memoria e la coppia le chiede di restare alla villa, danno feste in suo onore e bandiscono una caccia al fagiano. Poco a poco Walter si innamora di lei e anche sua moglie Eva è irretita dal fascino torbido della strana ospite. Greta va a letto con entrambi e qui ci sono alcune scene che giustificano un discorso di contaminazione tra generi horror ed erotico (non certo porno!). Eva a questo punto viene colta da un raptus di folle gelosia e mura viva Greta in uno scantinato. Quando il marito fa ritorno a casa chiede notizie della ragazza, ma la moglie si limita a rispondere che Greta è andata via. Walter chiama la polizia ma il commissario non sa che fare perché nessuno ha visto la ragazza. Pochi giorni dopo, a una festa in maschera,  Greta compare di nuovo e si vendica della donna che l’ha rinchiusa nello scantinato. Il suo volto si trasfigura in una maschera orribile (notevole il trucco della maschera che terrifica al punto giusto) ed Eva si getta nel vuoto suicidandosi. Queste sono sequenze ad alta tensione con il volto della morte in primo piano, prima sorridente e poi terribile, che colpisce senza pietà. Horror puro. Al funerale arriva anche il padre del marito di Eva e ci rendiamo conto che era il marito di Greta, il padre di quel figlio che l’ha fatta morire di parto. Lui vede quella che un tempo è stata la sua donna e ricorda. “Non sono morta” gli dice Greta e lo chiude in una tomba dove lo uccide senza pietà. A questo punto si libera di Walter. “Sono tornata” dice. E fa l’amore con lui, ma sul più bello appare il volto orrendo della morte. Lo uccide attaccandolo a dei ganci infissi nella parete. Infine è la volta del servo che conosce il segreto di Greta. “Vieni a prenderti la tua ricompensa” dice lo spettro. E massacra l’uomo con numerose coltellate al volto. Quando arriva il commissario vede quell’orrore e trova la medaglietta di Greta. Uno studioso gli dice che quel tipo di amuleto veniva usato dagli Incas per far tornare in vita i loro re e che proprio il fratello di Greta stava studiando quel mistero. Il commissario va a casa del fratello ma lo trova cadavere in decomposizione avanzata: è morto da anni. In realtà è stato la prima vittima della sorella, che dopo resuscitata lo ha ucciso gettandogli un gatto tra gli occhi. Questa è un’altra scena splatter molto ben fatta e il mazzo di fiori che in volo si tramuta in gatto infuriato è un’altra cosa tecnicamente pregevole. La spiegazione del mistero è a inizio pellicola: Greta era morta di parto alcuni anni prima e per mezzo dell’amuleto il fratello innamorato l’aveva richiamata in vita. Per finire il commissario si accorge che la tomba di Greta è vuota e si domanda davanti alla moglie: “Mi chiedo se riuscirò mai a risolvere questo caso”. Per tutta risposta nella scena finale la moglie appare al commissario con le sembianze di Greta.
Klaus Kinski e Giacomo Rossi Stuart sono interpreti eccellenti di una storia cupa, ben fotografata e arricchita dalla suggestiva colonna sonora di Berto Pisano. Meno brave le attrici Ewa Aulin e Angela Bo che sembrano poco calate nella parte, soprattutto la Aulin che deve recitare un insolito ruolo di zombi assassina.
Il film non ebbe molto successo. Secondo Massaccesi e Scandariato la colpa fu della produzione che inserì qua e là scene erotiche girate da controfigure (ma nemmeno più di tante) e soprattutto un pessimo sottotitolo: il primo splatter romantico. In ogni caso resta un film da vedere e da ricordare perché è da questo lavoro che cominciano i film di Massaccesi che amiamo di più: quelli in cui lo splatter erotico contamina l’horror.

La colonna sonora di Berto Pisano (Greta): http://www.youtube.com/watch?v=TU3308ihMA0
Per vedere il film in streaming: http://filmpertutti.com/la-morte-ha-sorriso-all-assassino/

Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
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