A cura di Giuseppe Iannozzi
Con “Il senso di una fine”, Julian Barnes ha consegnato alle stampe un Capolavoro assoluto a tutto favore della letteratura contemporanea, un romanzo febbrile in bilico fra “Madame Bovary” di Gustave Flaubert, “L’impazienza del cuore” di Stefan Zweig e “La caduta” di Albert Camus.
«La nostra vita non è la nostra vita, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato».
Julian Barnes, Il senso di una fine
Tony Webster è un uomo senza qualità. Negli studi e nel lavoro, nei sentimenti e, c’è da scommetterci, anche nel sesso. Ma la lettera con cui un avvocato gli annuncia il lascito di cinquecento sterline e di un diario proveniente dal passato scuote il fondo limaccioso della sua esistenza. Tony deve ora scoprire chi gli ha destinato quell’ingombrante eredità e perché ha scelto proprio lui, e quale segreto rabbiosamente custodito quel diario potrebbe rivelare. Nel porsi queste domande, s’imbatterà in risposte che avrebbe preferito non conoscere e dovrà imparare a sue spese che «la nostra vita non è la nostra vita, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato».
La vita di Tony Webster è stata un fiume relativamente tranquillo, da costeggiare al riparo di scelte ragionevoli e sistematici oblii. Ora però la lettera di un avvocato che gli annuncia un’inattesa quanto enigmatica eredità sommuove il termitaio poroso del passato, e il tempo irrompe nella noia del presente sotto forma di parole risalenti all’adolescenza, quando Tony procedeva all’educazione morale, sentimentale e sessuale che ne avrebbe fatto, inavvertitamente come spesso accade, l’adulto che è.
Il percorso a ritroso nelle zone d’ombra della vita, con i suoi dolori inesplorati e i suoi segreti, diventa così riflessione sulla fallacia della storia, «quella certezza che prende consistenza là dove le imperfezioni della memoria incontrano le inadeguatezze della documentazione», secondo il geniale amico dei tempi del liceo, Adrian Finn. Ed è dunque a quel punto di congiunzione, ai ricordi imperfetti come ai documenti inadeguati, che il vecchio Tony deve ora guardare per comprendere le vicissitudini del Tony giovane. Come ha potuto la ragazza di allora, Veronica Ford, preferirgli l’amico raffinato e brillante, Adrian? Ci sono solo Camus e Wittgenstein dietro l’estrema decisione di Adrian? Da che cosa ha voluto metterlo in guardia tanti anni prima la madre della ragazza? Perché a distanza di quarant’anni Veronica ritorna nella sua vita con un bagaglio di silenzi e il rifiuto di dargli ciò che è suo?
Gli indizi da studiare tessono un filo d’Arianna di reminiscenze inaffidabili, ipotesi errate e parole d’ordine ribadite; di fatti, nomi e immagini giustapposti a intuizioni filosofiche e rivelazioni poetiche; di un corpus di parole interne al testo – lettere, e-mail, pagine di diario – ed esterne a esso, nella forma di rimandi espliciti o più spesso impliciti al sapere che puntella l’assunto ideale del romanzo: da Stefan Zweig a Philip Larkin (il «poeta» senza nome cui il narratore più volte si richiama), dall’immaginario Patrick Lagrange al Flaubert di Madame Bovary (significativamente citato nel modo quasi esatto che la memoria consente) fino a Frank Kermode, con il cui testo chiave questo romanzo condivide il titolo, l’insistenza sul ruolo del tempo e il proposito di «dare un senso al modo in cui diamo un senso al mondo».
Tempo e memoria. Con quelli si entra nel libro, attraverso la lista di flashback che il tempo ha cristallizzato in immagini. La memoria di Tony Webster predilige ricordi d’acqua, nel cui fluire controcorrente passa il racconto della sua sommersa inquietudine.
Titolo: Il senso di una fine
Autore: Julian Barnes
Traduttore: Basso S.
Editore: Einaudi
Collana: Supercoralli
Data di Pubblicazione: Maggio 2012
ISBN: 8806211560
ISBN-13: 9788806211561
Pagine: 150
Reparto: Narrativa
Julian Barnes è nato a Leicester nel 1946. Si è dedicato al giornalismo, scrivendo sul «New Statesman», sul «Sunday Times» e sull’«Observer». Tra le sue opere Einaudi ha in catalogo: Storia del mondo in 10 capitoli e 1/2, Amore, ecc. («Einaudi Tascabili»); Oltremanica, England, England («Supercoralli»), Amore, dieci anni dopo («Coralli» e «Einaudi Tascabili») e Arthur e George («Supercoralli»). Il senso di una fine (pubblicato nel 2012 nei «Supercoralli» e nel 2013 nei «Super ET») è risultato vincitore del piú importante premio letterario di lingua inglese, il Man Booker Prize 2011. Nel 2013 sono usciti, sempre per Einaudi, Livelli di vita (Supercoralli) e il racconto Evermore (Quanti), tratto dalla raccolta Oltremanica; nel 2014, Il pappagallo di Flaubert, nella nuova traduzione di Susanna Basso.