Citazioni tratte da: La stanza di Thérèse di Francesco D’Isa
I numeri non sono tutti uguali, pensavo, esattamente come le cose a cui si applicano: senza uno di essi la totalità di cui sono parte diviene incompleta, perché tutto è necessario nell’infinito.
ogni infinito è l’unità di un altro infinito
Non sono soltanto i numeri ad avere dei limiti, comunque, ma tutte le identità: una montagna è ‘da qua a qua’, io sono dentro la mia pelle e non fuori, qua c’è la finestra e attorno il muro, lì finisce il bicchiere e inizia il tavolo, questo è ora e questo dopo, questa sono io e quella sei tu… l’infinito è una sorta di ‘limite dei limiti’ che mi sfugge di mano non appena lo definisco, perché per essere colto richiede necessariamente un nuovo limite (il ‘limite dei limiti dei limiti’). È un confine inafferrabile, eppure mi sembra necessario per l’esistenza di una qualunque cosa finita.
Che importanza hanno le cose che facciamo se non cancellano il dubbio, il rumore di fondo della vita? Che valore hanno successo, potere, amore, piacere, dolore e desideri, davanti all’infinito? Una volta pensata la domanda non c’è via di ritorno. È come quando di notte, ai piedi del letto, dove credo di vedere un uomo accovacciato, d’improvviso distinguo una pila di vestiti; oppure quando mi pare di sentir parlare e scopro che si tratta di un fruscio di passi al piano di sopra. Vedo gli stessi colori, sento gli stessi suoni, ma il modo di vedere o di udire non è lo stesso, e una volta mutato non si può tornare indietro.
Il relativo è birichino senza trascendente
Ti chiederai se credo che si possa raggiungere dio per davvero. Personalmente la considero un’illusione più raffinata. Se anche lo percepissi con una sicurezza di questo dischetto di cotone annerito dal trucco, dio resterebbe una sensazione molto persuasiva, pur sempre possibile di errore.
Ho cucito le mie idiosincrasie su misura dei miei difetti
Anche il mio dilagante bisogno di comprendere è un modo per sopportare i colpi della sorte, più facili da accettare se li sistemo in un gioco illusorio di cause; è come quando, davanti una malattia, si scambia la sua origine per una cura.
Ho provato spesso a sfuggire dalla domanda, ripetendomi che non è un serpente che striscia nella vita di chiunque, che non ha importanza né risposta, è una distrazione che mi sono imposta per scappare dal dolore e dalla responsabilità. Dietro alla porta della mia stanza ci sono i tormenti del mondo ed è più facile fuggire nel trascendente, soprattutto se funziona. Sono ancora giovane, dovrei ributtarmi nella vita, uscire, cercare un nuovo lavoro, delle passioni, un ragazzo. Le ‘vere’ domande sono queste, le più importanti. Se mi alzassi dal letto e inciampassi contro la sedia, allungherei le braccia per non cadere, non mi metterei di certo a pensare a dio. La salute prima di tutto: dovrei uscire, correre, chiacchierare, andare a ballare, magari fare un figlio, giacché noi donne siamo destinate a generare figli. Li facciamo perché la vita è meravigliosa, perché abbiamo paura della morte, per far uscire qualcosa da noi stesse, per alimentare un ciclo che non capiamo, per distrarci, per amore, li facciamo e basta.
Certo, ci sono dei momenti felici, costruiti su odori, colori, speranze – li assaporo con gusto, quando capitano – ma gli istanti che reputo più preziosi sono quelli in cui il pensiero non offusca la mente, il corpo è in pace, non un graffio, un pizzicore o una scarpa scomoda, nulla. Qui si nascondono i doni di un’anestesia fisica e morale, in cui la gioia schiaccia il dolore, il dolore svuota la gioia ed entrambi si perdono in una contemplazione priva di me, dove ogni cosa si rivela nella sua vuota perfezione.
Nell’infinito gioca un inarrestabile groviglio di cose, che mutano di qualità e struttura: l’H2O diventa H, O, O, un malato diventa un morto,l’acqua ghiaccio. E’ solo un punto di vista finito…
Anche l’enigma del mucchio di sabbia funziona in modo analogo: il primo granello non è un mucchio, il secondo neppure, ecc.; per cui, o il mucchio non si costituisce mai o, se si ammette che si costituisce per l’aggiunta di un dato granello, si deve concludere che è stato quel solo granello a far nascere il mucchio.
Alcuni sostengono che il tempo è un’illusione, altri che è l’unica realtà. Da parte mia non so cosa pensare, ci abito e non posso sfuggirgli, ma non credo sia fondamentale, perlomeno non più di un bicchiere o di un tavolo – questo non per svalutarlo, quanto per il sospetto che qualunque cosa sia fondamentale, anche la più apparentemente piccola e inutile.
Titolo: La stanza di Thérèse
Auotre: Francesco D’Isa
Prezzo copertina: € 12.00
Editore: Tunué
Collana: Romanzi
Data di Pubblicazione: aprile 2017
EAN: 9788867901012
ISBN: 886790101X
Pagine: 117