Film d’amore e d’anarchia di Lina Wertmüller


A cura di Gordiano Lupi

Film d’amore e d’anarchia reca il lungo sottotitolo: Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori, nella nota casa di tolleranza…”, al tempo una vera e propria moda, marchio di fabbrica per una regista di commedie grottesche e politicamente impegnate come la Wertmüller.
In sintesi la trama. La storia è ambientata nel 1932, in pieno ventennio fascista, con ricchezza di particolari scenografici e dettagli inerenti la vita quotidiana. Il protagonista è Antonio Soffiantini (Giannini), detto Tunin, un incolto contadino lombardo che assiste all’uccisione di un compagno anarchico da parte del carabinieri e decide di andare a Roma ad ammazzare Mussolini. Tunin conosce Salomè (Melato), la prostituta più ricercata e affascinante del bordello gestito da Madame Aida (Cei), amante di un anarchico, che aiuta il contadino a compiere l’attentato. Salomè spaccia Tunin per un cugino, lo ospita nel bordello, va a letto con lui senza chiedere denaro, si affeziona all’uomo, anche se l’amore non fa parte della sua vita. In compenso Tunin si innamora della tripolina (Polito), una giovane prostituta napoletana, la difende dalle offese di un arrogante gerarca fascista (Pagni), si fidanza con lei e insieme sognano il matrimonio. Tunin quando arriva il giorno dell’attentato si sveglia tardi – per colpa delle due prostitute che non vogliono che vada a farsi ammazzare – e si fa prendere da un attacco di follia perché viene meno a un impegno d’onore. Tunin impugna una pistola, scende le scale e si mette a sparare contro una pattuglia di carabinieri che sta compiendo un controllo di ordine pubblico nel bordello di Madame Aida. Grida: “Volevo ammazzare Mussolini!”. L’uomo viene arrestato, picchiato a sangue dalla polizia politica, ucciso a botte in cella, ma la sua morte viene fatta passare per un suicidio con la collaborazione della stampa compiacente.
Lina Wertmüller scrive, sceneggia e dirige un film politico, antifascista, memoria storica di un periodo assurdo della storia italiana, ancora oggi utile e ricco di spunti interessanti. La vita all’interno di una casa di tolleranza è la cosa più riuscita della pellicola, perché la regista realizza un contenitore di dialetti e situazioni, complesso da decifrare, ma realistico. Molto prima di Tinto Brass e del suo Paprika (1991, più spinto sul lato erotico), viene analizzata la vita di un bordello, i rapporti tra donne, le frequentazioni dei clienti, i caratteri delle prostitute. La tematica viene giudicata pericolosa da una censura bigotta e reazionaria e costa al film un assurdo divieto ai minori di anni quattordici. La lunga sequenza del pranzo nel bordello è un piccolo capolavoro. Uno sconvolto Giannini mangia in silenzio mentre prostituite di ogni regione italiana parlano usando il loro dialetto. Giancarlo Giannini è bravissimo a costruire una maschera di mutismo, genuinità, paura, rassegnazione, amore, contenuta nelle espressioni immutabili di Tunin. Vince con pieno merito la Palma d’Oro a Cannes. Mariangela Melato è una credibile prostituta bolognese (si doppia da sola in un dialetto che non è il suo), grande attrice capace di esprimere sensualità, determinazione, dolcezza e passione. Salomè è la vera donna forte della storia, prende decisioni, difende, lotta e – solo quando non resta altro da fare – grida, accusa, si dispera. Lina Polito recita in napoletano la parte della Tripolina, prostituta dolce e innamorata che vorrebbe andarsene con il suo uomo, mentre cerca di difenderlo da una storia più grande di lui. Eros Pagni (doppiato) è la macchietta del fascista toscano, sciupafemmine, frequentatore di casini, arrogante, stupido, innamorato del duce, picchiatore di socialisti. Brava anche Pina Cei nei panni della rigida e interessata maïtresse. Enrica Bonaccorti, giovanissima, è una delle prostitute, come Anna Melato (sorella di Mariangela), che ci delizia con un paio di intermezzi musicali. Nel cast apprezziamo pure Anna Bonaiuto, un’altra prostituta.
Film d’amore e d’anarchia ci porta in pieno periodo fascista, la regista ambienta con grande capacità la storia in una Roma degli anni Trenta, tra vicoli angusti e spaccati d’epoca, ricostruisce il rapporto tra gli italiani e le case di tolleranza, raccontando una grottesca storia d’amore dai risvolti drammatici. Commedia all’italiana, in fondo, ma corretta con la regola Wertmüller, composta da un mix di originalità, satira di costume, femminismo e messaggio politico. Formidabile la colonna sonora di Carlo Savina con pezzi d’epoca firmati Nino Rota. Paolo Mereghetti non è entusiasta, ma non ama il cinema della Wertmüller. Due stelle: “Storia di una presa di coscienza annacquata (come sempre nei film della regista) da troppi cedimenti all’istrionismo degli attori e da un sguaiataggine che qui appare solo un po’ più controllata. Comunque è uno tra i migliori film della Wertmüller che firma anche la sceneggiatura”. Conferma le due stelle Morando Morandini (tre di pubblico): “Ghignante quadro di costume. È un’opera ideologicamente equivoca perché il suo contenuto evidente (l’antifascismo) è in contraddizione con il suo contenuto latente (una mescolanza di sentimentalismo e volgarità). Come la bricconata conclusiva mostra, la sua mancanza di rigore rasenta l’isterismo. Attori ineccepibili”. Tre stelle per Pino Farinotti, che ristabilisce il giusto senso delle cose, non confonde tra cinema e ideologia, ma giudica secondo il reale valore un storia ben raccontata.
Il film è stato sceneggiato per il teatro dalla regista, interpretato da Elio (del gruppo Elio e le Storie Tese) e Giuliana De Sio per i due ruoli principali. Tra le canzoni più suggestive che ascoltiamo durante la pellicola, frutto di una ricerca nella tradizione popolare anarchica, ricordiamo Canzone arrabbiata (Nino Rota), cantata da Anna Melato e già sentita in Fantasmi a Roma (1961). Anna Melato, sorella di Mariangela, discreta attrice e buona cantante, interpreta anche Antonio Soffiantini detto Tunin, mentre Ninna nanna e Canzone appassionata sono cantate da Isa Danieli.
Due parole sulla regista. Lina Wertmüller (Roma, 1928) è lo pseudonimo di Arcangela Wertmüller von Elgg, comincia dal teatro con Garinei e Giovannini, entra nel cinema nel 1953 come assistente di Grottini (E Napoli canta) e subito dopo aiuto regista per Fellini ne La dolce vita e Otto e mezzo. Regista e sceneggiatrice radiofonica, ma anche regista televisiva (Canzonissima). Il suo primo film è I basilischi (1963), “satirico e grottesco, sulla falsariga dei Vitelloni”, secondo Roberto Poppi. A parte lavori commerciali come il film a episodi Questa volta parliamo di uomini (1965), Rita la zanzara (1965) e Non stuzzicate la zanzara (1966), ottiene il primo grande successo con Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972), che bissa con Film d’amore e d’anarchia (1973). La sua cifra stilistica è una comicità grottesca condita di messaggi politici, satira sociale, femminismo e tematiche dissacranti. Un suo successo televisivo è Il giornalino di Gian Burrasca con Rita Pavone (1965) che tutti noi ragazzi degli anni Sessanta abbiamo visto. Inventa la coppia comica Giannini – Melato, con cui realizza alcune pellicole indimenticabili, anche se la migliore resta Travolti da un insolito destino nel’azzurro mare d’agosto (1974), con lo scontro borghesia – proletariato che si stempera in un’isola deserta e diventa persino amore. Altri titoli: Tutto a posto niente in ordine (1974), Pasqualino Settebellezze (1975), La fine nel mondo nel nostro solito letto in una notte di pioggia (1978), Fatto di sangue tra due uomini per causa di una vedova (1978), Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico (1989) e Io speriamo che me la cavo (1992), interpretato da Paolo Villaggio. Lina Wertmüller è sempre attiva per la televisione (Mannaggia alla miseria, 2009, è il suo lavoro più recente), anche se il suo ultimo film per il cinema (Peperoni ripieni e pesci in faccia, 2004), nonostante abbia tra gli interpreti Sophia Loren, è stato poco distribuito e l’hanno visto in pochi. Un flop precedente è l’idea di riproporre la coppia Giannini – Melato interpretata da Solenghi e Piovetti (non è proprio la stessa cosa) in un deludente Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica (1996). David di Donatello alla carriera nel 2010. Meritato, per originalità e impegno.

Regia: Lina Wertmüller. Soggetto e Sceneggiatura: Lina Wertmüller. Produttore: Romano Cardarelli. Fotografia. Giuseppe Rotunno. Musiche: Nino Rota e Carlo Savina. Scenografia: Gianni Giovagnoni. Costumi: Enrico Job. Interpreti: Giancarlo Giannini, Mariangela Melato, Lina Polito, Eros Pagni, Pina Cei, Elena Fiore, Giuliana Calandra, Isa Bellini, Isa Danieli, Enrica Bonaccorti, Anna Bonaiuto, Anita Branzanti, Maria Sciacca, Anna Melato, Gea Linchi, Anna Stivala, Josiane Tanzili, Valerio Piaggio, Franca Salerno, Roberto Herlitzka, Anna Maria Dossena, Mario Nandi, Maria Capparelli, Gianfranco Barra, Luigi Antonio Guerra, Lorenzo Piani. Premi: Festival di Cannes 1973 – Palma d’Oro a Giancarlo Giannini (Miglior Interpretazione Maschile).

Gordiano Lupi
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