Emir Kusturica – Dove sono in questa storia


A cura di Michele Lupo

Su Emir Kusturica di cui Feltrinelli traduce ora l’autobiografia Dove sono in questa storia, si è esercitato il solito vizietto banalmente acritico di incensare un autore fino a dichiararlo il migliore del mondo (successe ai tempi di Underground, che rivisto oggi, pur restando un film in certi momenti straordinario, mostra qualche pesantezza di troppo) per poi liquidarlo come un regista di second’ordine. Le ondate sembrano più emotive che raziocinanti come sempre e seguono correnti sotterranee non proprio limpidissime. In questa sua autobiografia il bravo regista ci avverte che quello che ha provato a fare è stato combattere l’oblio, senza patetiche concessioni a certa tediosa retorica della memoria. “L’oblio – scrive – è stato messo in funzione dalla teoria della ‘fine della storia’”. Kusturica non è un cineasta di quelli che non sanno niente del mondo (che viceversa ne è pieno), che vivono solo nel, di, per il cinema. Kusturica negli anni Novanta fu anche duramente avversato da chi non apprezzava il fatto, né puro né semplice, che diceva un’elementare verità: che non c’erano i buoni da una parte (i croati) e i cattivi dall’altra (i serbi). Questa autobiografia è dunque anche macrostoria degli ultimi decenni.
Scrive Kusturica: “Quand’ero ragazzo, nelle piazze principali di New York, Londra e Parigi, i giovani aspettavano in fila i nuovi dischi dei Beatles, di Springsteen, di Dylan. Al posto di opere d’autore, i ragazzi oggi aspettano l’iPhone 4”. Prima di strappare con Ti ricordi di Dolly Bell il “Leone d’oro” a Venezia per la migliore opera prima, Kusturica cresce nella Sarajevo degli anni Sessanta e Settanta. Il sogno interculturale in cui ora hanno smesso tutti di credere, .per qualche anno sembra essersi depositato nella tragica città simbolo del Novecento. E il regista trascorre l’infanzia fra Charlie Chaplin e Tito, fra realtà e immaginazione, fra un precocissimo amore per il cinema e il volo nello spazio di Gagarin. Poi arrivarono Praga, dove il cinema lo avrebbe studiato per davvero, e il primo grande amore, Maja, la donna che sarebbe diventata sua moglie. Una vita intensa in cui non mancano periodi turbolenti (“come tutti i provinciali che dopo un grande successo si lasciano andare, esageravo con l’alco” scrive, né è mancata la droga), passioni culturali e civili. Evidente insomma che benché il suo sia un cinema di estrema cura formale (non contraddetto dalla sgangheratezza delle storie e dalla programmatica caoticità della scrittura), parliamo di un cineasta sensibile al mondo che lo circonda; il grande amore per Fellini (le influenze stilistiche nel suo cinema sono fin troppo evidenti) e Bergman – l’ammirazione per un uomo, il secondo, che i giornalisti idioti li prendeva a ceffoni – non gli fa perdere di vista né la vita quotidiana, né il macrocosmo politico e il paesaggio terremotato degli anni della guerra: il padre musulmano (con Papà… è in viaggio d’affari Kusturica vinse a Cannes), il matrimonio, i parenti, gli amici.
Dove sono in questa storia ci fa conoscere il punto di vista intimo quanto eccentrico di un vero artista di quel mondo estroso e per certi versi estremo che chiamiamo Balcani.

Michele Lupo

Titolo: Dove sono in questa storia
Autore: Emir Kusturica
Traduttore: Parmeggiani A.
Editore: Feltrinelli
Collana: Universale economica
Prezzo: € 10.00
Data di Pubblicazione: Giugno 2013
ISBN: 8807881713
ISBN-13: 9788807881718
Pagine: 341
Reparto: Biografie e memorie > Biografie > Artisti e personalità dello spettacolo

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