Quando ho iniziato a leggere “Le ferite originali” di Eleonora C. Caruso, non mi aspettavo di essere trascinata in una montagna russa di emozioni.
Nel cuore di questo romanzo ci sono persone comuni con problemi differenti che vengono amplificati dal carattere conturbante di Christian. Dafne è una studentessa di Medicina che sembra avere tutto sotto controllo, ma in realtà è una ragazza di venticinque anni che cerca disperatamente amore e accettazione, il suo rapporto con Christian è complicato. Christian, un ex modello con un fascino irresistibile, soffre di disturbo bipolare, il che rende la sua vita e quella di chi lo circonda un vero caos. La sua relazione con Dafne è come una danza pericolosa: lui può sollevarla alle stelle con la sua energia, ma può anche trascinarla nel profondo dell’oscurità. Quello che Eleonora C. Caruso fa così bene è mostrarci la realtà cruda della malattia mentale senza indolcirla. Ci fa vedere come Christian cerchi conforto nei modi più distruttivi, usando il sesso e l’alcol come vie di fuga.
Dafne, nel suo percorso, è costretta a confrontarsi con le insicurezze e con la paura di perdere Christian. Ma, come spesso accade, è nel momento più buio che trova la forza; il suo viaggio è una lenta rinascita, una ricerca di qualcosa di stabile in mezzo al caos che Christian porta con sé. La sua crescita personale è qualcosa che possiamo sentire sulla nostra pelle: quella sensazione di ritrovare sé stessi dopo essersi persi nel dolore di qualcun altro.
Davide è uno studente di Ingegneria fisica al Politecnico, un tipo che passa inosservato, ma non perché sia privo di fascino: c’è una bellezza timida in lui, come se fosse il risultato di un passato che lo ha costretto a nascondersi. Da ragazzo, la timidezza era la sua corazza contro il bullismo dei compagni di scuola, e ora si porta dietro quel peso, come una ferita che ancora deve rimarginarsi. Nonostante questo, c’è qualcosa in Davide che fa venire voglia di conoscerlo meglio, una gentilezza silenziosa che traspare nei suoi gesti.
La vita di Davide cambia quando incontra Christian, un ex modello dal fascino irresistibile che irrompe come un uragano nel suo mondo ordinato, Christian è tutto ciò che Davide non è: sicuro di sé, magnetico, pericolosamente seducente. La loro relazione mette sottosopra le certezze di Davide, spingendolo a guardarsi dentro e a confrontarsi con i suoi desideri più profondi.
Per Davide, Christian non è solo un amante; è una forza dirompente che lo costringe a rompere le barriere che si era costruito, attraverso questo legame, Davide trova il coraggio di fare coming out, un gesto che per lui significa affrontare il mondo con una nuova consapevolezza, non è una decisione facile; sa bene cosa significa essere giudicato, ma l’amore per Christian e il desiderio di vivere sono più forti della paura.
Il vero momento di svolta per Davide è quando accetta sé stesso, invece di nascondersi dietro la timidezza, inizia a mostrarci chi è veramente. Questo viaggio di autoaccettazione è pieno di ostacoli, e Davide deve affrontare le conseguenze del suo coraggioso gesto. Ma in tutto questo, emerge una nuova forza: la sua luce interiore inizia a risplendere, nonostante le ombre che ancora lo circondano.
La storia di Christian è la più struggente e malata del libro, è come se fosse in una costante lotta con se stesso, cercando di trovare un equilibrio che gli sfugge sempre. Il rapporto con il fratello minore, Julian, è dolce e doloroso allo stesso tempo: Julian rappresenta il legame con la realtà, ma anche un peso per Christian, che si sente responsabile e allo stesso tempo incapace di prendersi cura di lui. La sessualità diventa un terreno di gioco, ma anche di lotta contro se stesso.
Dante, uno dei personaggi centrali nel romanzo, è un affascinante uomo d’affari di quarant’anni, in apparenza senza scrupoli, è capace di mostrare tenerezza soltanto con la figlia Diletta.
La sua vita si intreccia con quella degli altri protagonisti, e tutti e tre hanno in comune una cosa: stanno con lo stesso ragazzo, Christian.
Nel tessuto narrativo di “Le ferite originali”, Dante rappresenta un altro aspetto della trama emotiva, e la sua relazione con Christian e il suo coinvolgimento nei drammi degli altri personaggi contribuiscono a creare un quadro complesso e coinvolgente. La sua lotta tra autodistruzione e desiderio di espiazione è uno dei fili conduttori del romanzo: Dante è un paradosso vivente, oscillando tra l’abisso e la salvezza, tra eccesso e ricerca di redenzione. La sua presenza aggiunge profondità e contrasto alla storia, e la sua capacità di estrarre bellezza dalle ferite dell’esistenza umana è ciò che lo rende un personaggio indimenticabile
“Le ferite originali” è un romanzo che esplora il lato oscuro dell’animo umano senza paura, non c’è nulla di patinato qui; è una storia di ferite reali, di lotte personali e di un amore che può guarire ma anche distruggere. La sessualità è parte integrante della narrazione, non come semplice elemento erotico, ma come un campo di battaglia emotivo. Christian usa il sesso per nascondere le sue vulnerabilità, ma anche per infliggersi dolore, cercando conforto in relazioni effimere.
Alla fine, ciò che rende questo libro così potente è la sua onestà, Eleonora Caruso ci mostra che anche nelle ferite più profonde c’è spazio per la speranza e la trasformazione. “Le ferite originali” è un inno alla resilienza umana, un viaggio che ci ricorda che, anche quando tutto sembra perduto, possiamo ancora trovare la forza di rinascere.
Titolo: Le ferite originali
Autore: Eleonora C. Caruso
Prezzo copertina: € 19.00
Editore: Mondadori
Collana: Scrittori italiani e stranieri
Data di Pubblicazione: 24 gennaio 2018
EAN: 9788804685555
ISBN: 8804685557
Pagine: 352
Citazioni tratte da: Le ferite originali di Eleonora C. Caruso
Non possiamo scegliere cosa ci tiene in piedi. A volte devi pensare a una cosa soltanto, cioè non crollare.
Le persone con cui parla, quelle con cui esce, quelle con cui scopa, non lo conoscono intero. Ognuno di loro è lo specchio di una versione semplificata di lui, fatta e finita, autopulente come un forno e autosbrinante come un frigorifero. Con ognuno Christian è qualcosa che ha perfettamente senso preso in sé, e non serve che le varie versioni si incontrino.
Christian crede che una bugia, se la vivi con coerenza e la racconti con costanza, diventa la verità.
Si parla sempre delle femmine, della difficoltà a comunicare con loro, dei pericoli che potrebbero correre, ma a lui sembrava che anche avere figli maschi fosse un percorso pieno d’insidie. Il mondo li voleva aggressivi, omertosi, violenti, se possibile poco sensibili. Ma se per evitarlo avesse cresciuto creature fragili, troppo diverse dai loro coetanei e per questo facili ad attirarne le beffe, non se ne sarebbe pentito? Quante inclinazioni non aveva assecondato, quanti difetti aveva scambiato per pregi, e quanti pregi per difetti? Doveva incitarli o scoraggiarli, esserci o non esserci? Era troppo affettuoso o troppo poco? Pietro era venuto su a suon di ceffoni e calci in culo, ne aveva prese più in casa che dai fasci, eppure era un uomo perbene, un pacifista, uno che potendo votava per dare i diritti, anziché per toglierli. Quindi cosa, erano solo scuse il cognitivismo, la pedagogia, lo spauracchio dei padri, dei figli cresciuti a metà? Non diventiamo forse solo quello che dobbiamo diventare?
Forse le persone cercano un ecosistema famigliare, non possono farne a meno, forse scappano da una bottiglia e però quando si rompe vogliono tornare dentro a una uguale.
Julian si rilegge spesso Echo, se lo porta in giro, lo riempie di segni. Ci sono tante frasi che lo toccano, quella che preferisce è questa: “Ed eccomi qui, sospesa a mezz’aria con le braccia aperte per volare via e circondata da un alone di luce che nasce da noi, e sì, sono io, pronta a diventare insieme umana e divina e finalmente me stessa”.
Julian sa (quanto, e da quando?) cosa vuole suo fratello da lui. È un fatto, qualcosa che c’è e non si muove da lì, com’è per Christian la sensazione della pazzia. Gli esseri umani sopravvivono adattandosi al pericolo: Julian si è adattato a lui.
Viviamo e non facciamo altro che rivivere quelle paure e quei piaceri, quelle scoperte e quegli abbandoni. Specialmente quegli abbandoni. Veniamo abbandonati, delusi, traditi dalle stesse persone per anni – per sempre.
Allora a che serve dire che è passato del tempo?
In che modo dovrebbe aiutarci?
Tutte le persone che prima di lui aveva amato, quelle a cui aveva detto la cosa sbagliata, o non aveva detto nulla per timore di sbagliare. Forse, pensò, non siamo altro che questo, il risultato di una fitta rete di emozioni, sentimenti generati da altri sentimenti.
Pensò che sono i bambini, i filosofi. Gli adulti insegnano loro come comportarsi, adattarsi, in un certo senso a snaturarsi – ma la vita e la morte, be’, solo i bambini ne capiscono qualcosa.
Quello che avevano toccato, le storie in cui erano entrati, quelle in cui ancora dovevano entrare. Quel momento, i precedenti, e i momenti a seguire partendo da quello. Tutto, sì, in un certo senso. Aveva avuto molto. Aveva anche perso molto. Ma la vita, pensò, deve pur essere qualcosa in più della somma delle sue perdite.
Ritorni sempre. In questo globo di vetro che cade a pezzi, ma sotto la luce, in alcuni momenti, scintilla.
Katia Ciarrocchi
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