O PAZZO E NAPULE 69
Albertine: «S’era gettata sulle spalle un mantello di Fortuny che il giorno seguente avrebbe portato con sé e che poi nei miei ricordi non avevo più riveduto» leggiamo nella Fuggitiva.
Soprattutto, in quel periodo, Gemito s’innamorò.
Aveva per vicino, al Moiarello, un antiquario francese, il signor Duhamel, che si teneva in casa la signorina Matilde Duffaud. Non pare che mademoiselle fosse una gran bellezza, era una jolielaide, una bruttina-carina, che poteva avvincere con una grazia lieve da acquerello. La signorina Duffaud aveva palpebre pesanti, sudava molto e il mal sottile le rendeva prezioso ogni attimo che viveva. Aveva ventotto anni quando conobbe Gemito, e lo scultore ventuno. Salvatore Di Giacomo le attribuì «de’ magnifici occhi neri, delle mani di singolare finezza, nervose, un po’ esangui». Vincenzo se ne innamorò al punto da occuparsi quasi esclusivamente di lei quando si trovò per la prima volta a Parigi. Era il 1877. Vi si era trasferito per giocare la carta dell’internazionalità. Voleva che lo conoscessero e lo valutassero anche nella città che stava per diventare la capitale mondiale dell’arte. Alla fine di marzo scrisse alla Duffaud di avere venduto per duemila franchi una testina di bronzo a un americano, un certo Mister Stewart, e di quei duemila franchi gliene spediva mille perché, con cinquecento, pagasse i fonditori per la parte di lavoro che avevano fatto e utilizzasse il resto per riscattare dal Monte di Pietà i pegni che vi erano trattenuti e per servirsene nel momento in cui avrebbe deciso di partire per Parigi, dove lui l’aspettava. In un’altra lettera le confessò di non vedere l’ora che fosse maggio e che riaprisse il Salon, perché lì, nella sala concessa alla scultura italiana, in mezzo a un fiume di accademismo, lui avrebbe esposto la statua ardita e ribelle del Pescatore.
Fino ad allora, però, non si poteva dire che la missio¬ne parigina di Gemito fosse un successo. Gli cresceva intorno la stima, i giornali parlavano di lui, ma le vendite languivano. All’artista napoletano nuocevano il carattere bizzoso, se non addirittura sdegnoso, e l’indole antimercantile. Poteva rifiutare un bel pacchetto di franchi se il
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