A cura di Frank Cappelletti
“Bum bum. Due colpi di pistola. Cade ammazzato Vittorio Meano, italiano d’Argentina. Luogo del reato, Buenos Aires. Scena del crimine: calle Rodriguez Pena 30, casa sua.
Alle 9,55 del 1° giugno 1904 scende il sipario sull’esistenza dell’architetto che ha caratterizzato, per l’eternità, lo skyline della metropoli latino-americana con due segni distintivi dall’indiscusso significato estetico, sociale e culturale: il Palazzo del Congresso e il Teatro Colòn, gemme della corona di un regno presto avvolto dalle tenebre. Reca la sua firma anche un’altra opera di abbagliante impatto visivo ed enorme portata civile nel panorama uruguagio di Montevideo: il Palazzo Legislativo. Il movente appare immediatamente chiaro agli inquirenti, il fattaccio è liquidato in fretta e furia: classico dramma passionale esploso all’interno di un triangolo scaleno; cuore a pezzi in tutti i sensi. L’assassino viene beccato col sorcio in bocca: come nei consumati copioni cinematografici di genere, il marito rientra prima del previsto e sorprende la moglie con l’amante. L’uccisione è l’epilogo crudele di una bella storia zeppa di tante cose nella breve, travolgente e tragica parabola dalla traiettoria vertiginosa che ha preceduto la tragedia: storia di talento, lavoro ed emigrazione; di amore, tradimento e gelosia; con delitto finale e qualche mistero.”
L’epilogo, anche se questo è l’inizio del libro, descrive a grandi linee i fatti salienti della vita di Vittorio Meano.
Ma chi è costui?
Vittorio Meano è un architetto piemontese che sul finire dell’800 sbarca in Argentina e grazie al suo estro e all’aiuto di un altro architetto dell’epoca, Francesco Tamburini , riuscirà a progettare e far costruire palazzi e teatri di immane magnificenza. Il fato vuole che però la lasciva compagna, accetti profferte amorose e che infine lo tradisca con un cameriere. La fine è la morte dell’architetto.
Nonostante l’immane lavoro svolto da Claudio Martino e Paolo Pedrini, per raccogliere notizie riguardanti Meano, questo racconto biografico risulta assolutamente poco allettante, a volte noioso benché suddiviso in capitoli e sotto capitoli che dovrebbero facilitarne la lettura e rendere la storia, sconosciuta ai più, piacevole e accattivante. Purtroppo la troppa carne al fuoco ha reso il tutto contorto e pieno di citazioni, nomi e situazioni, non inerenti alla vita del Meano, vedi i Doors, Mohammed Ali, Francesco de Gregori, Natalia Ginzburg e capitoli interi sulla vita degli emigranti a bordo dei piroscafi, la nascita di Buenos Aires, la fine della gloriosa Torino come capitale d’Italia, sicuramente interessanti dal lato storico, ma inutili in questo ambito. Da aggiungere anche come nota, le biografie di personaggi che hanno gravitato attorno al suo “maestro” Francesco Tamburini, tra l’altro mio compaesano, ma che hanno poco a che fare con la vita, la gloria e le disgrazie dell’architetto Meano. Tutto ciò è parso come una cosa riempitiva, edulcorante che ha reso la storia prolissa facendo arrivare il lettore, alla parola fine di questa opera di ricostruzione storica, annoiato. Sono più che certo che le capacità di Martino e Pedrini come scrittori siano di gran lunga migliori di ciò che hanno dimostrato con “C’era un italiano in Argentina…” e mi auguro che molto presto mi facciano rimangiare queste mie impressioni con qualcosa di eclatante.
Frank Cappelletti
Titolo: C’era un italiano in Argentina…
Editore: Hever
Data di Pubblicazione: Dicembre 2013
Prezzo: € 15.00
ISBN: 8896308232
ISBN-13: 9788896308233
Pagine: 232
Reparto: Biografie e memorie