RecensioniTeatrali: Circeo-Il massacro


Il massacro del Circeo come metafora. Quel tragico evento in cui due giovani (Donatella e Rosaria: quest’ultima vi morì) furono disgraziatamente coinvolte – per due giorni sadicamente torturate e fatte oggetto di efferate sevizie e folle violenza da parte di tre ventenni (o giù di lì) della “Roma bene” – è tristemente scolpito nelle coscienze individuali e nell’immaginario collettivo del Paese. Il massacro del Circeo, dicevamo, come metafora: della violenza fisica e psicologica, della violenza che annichilisce le donne, della violenza sociale che si scarica sui più deboli, sui meno protetti, sugli innocenti.
(Nel 1975, anno del massacro del Circeo, si presumeva un numero di circa 11mila stupri in Italia, la maggior parte non denunciati)
Lo spettacolo teatrale in scena al Litta fino al 24 marzo si configura come una specie di fotocopia di quel terribile e barbaro accadimento e sebbene brevi siano i riferimenti a esso – qualche doloroso fotogramma, qualche monologo in cui le parole si ripetono come un disperato loop (anche dalla straziante deposizione di Donatella, che sopravvisse alle botte e all’incubo, ma ne avrebbe per sempre pagato le conseguenze) – ha la grande intuizione di partire da quella vicenda e da quell’assunto per sviluppare il tema della insopportabile mostruosa coercizione che gli individui possono sviluppare su propri altri simili. La scena è quella di una villetta sperduta sul litorale laziale dove d’estate due fidanzati sono raggiunti da una coppia di sconosciuti – apparenti amici di famiglia (ah il persuasivo e devastante potere della menzogna, in principio, nonostante lo straniamento, paradossalmente rassicurante…) – i quali, conquistata fiducia e ospitalità, si insediano e propongono, per trascorrere il lungo e noioso tempo della canicola, un inquietante gioco di società. E le pulsioni più oscure si liberano, senza più freni, in un perverso percorso di annientamento della dignità dell’altro e del rispetto dovuto; una disintegrazione sottile, ma irreversibile nella sua tenebrosa distruttività, del vivere civile.
Una pièce che scuote, dalla scrittura rapida, incalzante, anche ardua, implacabile, che trasmette e lascia disagio, che fa tuttavia pensare. “Pier Paolo Pasolini, in una delle sue ultime lettere luterane, pubblicata ne Il mondo un mese dopo i fatti del Circeo, tratteggia una società pervasa dalla violenza, dal sadismo, indipendentemente dall’appartenenza di classe. Non ci sono ambiti circoscritti, situazioni straordinarie, nelle quali la violenza si scatena, al contrario, la violenza è una presenza quotidiana, abituale sia tra i borgatari che tra i borghesi […] desideriamo raccontare quella società e quelle tensioni che si riverberavano nella vita di tutti i giorni e che, con un gioco al rialzo, arrivarono a permettere che certi fatti straordinari accadessero. Desideriamo riflettere specularmente sulla nostra società, in cui tensioni molto simili non sfogano più solo sulla violenza di genere, ma anche su quella contro lo straniero”.
Come finirà non è dato sapere. O forse sì. A quanti massacri ancora saremo costretti ad assistere? E la risposta tormenta l’anima.

Alberto Figliolia

Circeo-Il massacro di Elisa Casseri e Filippo Renda. Con Michele Di Giacomo, Luca Mammoli, Arianna Primavera e Alice Spisa. Regia di Filippo Renda. Teatro Litta-MTM, Corso Magenta 24, Milano. Fino al 24 marzo.

 

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