A cura di Gordiano Lupi
Il cinema italiano non sta attraversando un bel momento. Le produzioni commerciali legate al cinema di genere sono ferme da tempo e molti registi si sono riciclati come autori televisivi. Michele Soavi, Lamberto Bava, Ruggero Deodato si specializzano come autori di fiction, sceneggiati e serial strappalacrime come Incantesimo. Un segnale positivo viene dal cinema horror che fa registrare un ritorno alla grande di autori come Dario Argento (Jenifer, Pelts, La terza madre, Giallo, Dracula 3 D), Lamberto Bava (The Torturer e Ghost Son, girati in video), Pupi Avati (Il nascondiglio), il debutto del promettente Gabriele Albanesi (Il bosco fuori, Ubaldo Terzani Horror Show) e di giovani autori come Stefano Simone (Cappuccetto Rosso, Una vita nel mistero, Unfacebook).
Il resto dei generi oscilla tra Cinepanettoni targati Carlo Vanzina e Neri Parenti, ci delizia con deboli remakes (Eccezziunale veramente parte 2, L’allenatore nel pallone 2, Il ritorno del Monnezza) e qualche timido noir (Michele Soavi gira un convincente Arrivederci amore ciao). Molto cinema commerciale si basa sullo sfruttamento in pellicola di opere letterarie di qualità più o meno alta. Caos calmo (2007) di Antonello Grimaldi, con un ottimo Nanni Moretti attore e sceneggiatore, è un esempio positivo di questa tendenza, mentre al negativo citiamo Tre metri sopra il cielo (2004) di Luca Lucini e Ho voglia di te (2007) di Luis Prieto, ispirate alla moda giovanilistica dei libri di Federico Moccia.
Stefano Mordini gira alcuni documentari e un cupo Provincia Meccanica (2005), mentre scriviamo è alle prese con Acciaio (2011), tratto dal romanzo di successo di Silvia Avallone. Siamo scettici sul risultato finale, dopo aver visto l’opera prima di fiction del regista – sceneggiatore, ma attendiamo di vedere il film nelle sale. Il presente del cinema italiano di qualità resta saldamente nelle mani di tre registi come Roberto Benigni, Nanni Moretti e Paolo Virzì, con alcune piacevoli novità nel campo della commedia targate Giovanni Veronesi (Manuale d’amore), Gabriele Muccino (L’ultimo bacio, Ricordati di me e La ricerca della felicità) e Sergio Rubini (Colpo d’occhio).
Pupi Avati è un altro grande vecchio, inossidabile come pochi, capace di stupire in positivo ogni anno che passa. Ne abbiamo già parlato nelle pagine di questo blog. Rimando alla recensione de Il cuore grande delle ragazze (2011). Una tendenza importante è la rivitalizzazione della commedia all’italiana, che adesso parla di proletariato in giacca e cravatta, precariato senza un futuro, stress da call center e da lavoro alienante. La ricetta è quella di sempre, perché la commedia all’italiana non è obbligata al lieto fine, ma può usare i meccanismi del dramma per esprimere le proprie idee. Tutta la vita davanti (2008) di Paolo Virzì è un esempio importante di questa tendenza e racconta l’allegra riscossa di un gruppo di precari realizzando una cinica fotografia del mondo. La prima cosa bella (2010) è grande commedia che racconta la storia dell’Italia dal dopoguerra a oggi, attraverso le vicissitudini familiari, strappando lacrime e sorrisi.
Non ci spacciate per commedia all’italiana lavori pretenziosi come Habemus Papam (2011), dove Nanni Moretti tocca i minimi storici della sua creatività e si salva solo grazie alla grande interpretazione di Michele Piccoli. Al momento in cui scriviamo attendiamo di vedere il primo film da regista del livornese Francesco Bruni, già eccellente sceneggiatore di Paolo Virzi, alle prese con il giovanilistico Scialla! (2011). Le produzioni italiane si orientano verso un cinema verità e di denuncia che prende ispirazione ancora una volta dal neorealismo e dalla commedia all’italiana. Cover Boy (2006) di Carmine Amoroso viene distribuito soltanto nel 2008, quando sono giudicati maturi i tempi per mettere in circolazione film di denuncia sul mondo del lavoro. Parole sante (2007) di Ascanio Celestini, racconta il lavoro precario dei dipendenti di una compagnia telefonica, mentre Il Vangelo secondo precario – Storie di ordinaria flessibilità (2005) di Stefano Obino aveva già preso posizione sull’argomento. Silvio Soldini con Giorni e nuvole (2007) racconta il dramma e le incertezze di una famiglia borghese dopo un licenziamento. Francesca Comencini gira un film documentario come In fabbrica (2007), per fare la storia degli operai dagli anni Cinquanta a oggi, Daniele Segre gira il drammatico Morire di lavoro (2008) sulle morti bianche, Mimmo Calopresti dirige il documentario La fabbrica dei tedeschi (2008) e Fabrizio Rondolino, Simona Ercolani e Paolo Fattori realizzano un ammiccante La classe operaia va all’inferno (2008).
Ermanno Olmi resta un regista prolifico con Terra madre (2009) e Rupi del vino (2009), mentre Ettore Scola ha detto basta con il cinema nel 2003 con il poco visto Gente di Roma. Ritiene di aver già dato il meglio di sé negli anni passati e non vuole essere ricordato per le ultime opere, di solito insignificanti. Sono parole del grande regista pronunciate a novembre 2011 a Che tempo che fa, nel corso di un’intervista televisiva rilasciata a Fabio Fazio. In ogni caso, il cinema italiano pare aver trovato nella commedia calata nella realtà e nell’analisi disincantata dei problemi sociali una nuova vitalità ed è pronto per affrontare una nuova stagione di impegno.
Gordiano Lupi
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