Recensioni Teatrali: Zio Vanja (Scene di vita) di Anton Čechov


Che vuoi farci, bisogna vivere! Noi, zio Vanja, comunque vivremo. Vivremo una lunga, lunga serie di giorni, di lunghe serate; sopporteremo con pazienza le prove che il destino ci manderà; ci affaticheremo per gli altri, e adesso e da vecchi, senza conoscere tregua e, quando verrà la nostra ora, moriremo con mansuetudine, e di là, dalla tomba diremo che abbiamo sofferto, che abbiamo pianto, che sentivamo tanta amarezza, e Dio avrà pietà di noi… ( Sof’ja Aleksandrovna Serebrijakova)

Due ore di rappresentazione scenica che scorrono inchiodando alla poltrona. Non parrebbe succedere alcunché di eclatante: non cavalcate furiose, inseguimenti a rotta di collo, colpi di scena clamorosi. Ma tutto lo straordinario può avvenire nella quotidianità di una tenuta di campagna nella Russia più tradizionale e profonda di fine Ottocento, in cui deve convivere un nucleo familiare composito, e nelle sterminate incognite dimensioni di ogni anima individuale.
Zio Vanja (Scene di vita) di Anton Pavlovič Čechov, con la traduzione e l’adattamento di Fausto Malcovati, da un’idea e per la regia (insieme con Claudio Orlandini) di Antonio Syxty, è un classico del teatro. Intramontabile. Un’indagine di dinamiche antiche: psichiche, relazionali e familiari.
I protagonisti del lavoro del geniale medico scrittore russo sono: Aleksandr Vladimirovič Serebrijakov, professore in pensione (o della inutilità e vacuità del dotto, della sterilità di certi intellettuali); Elena Andreevna Serebrijakova, l’avvenentissima, annoiata e inquieta seconda moglie del professore; Sof’ja Aleksandrovna Serebrijakova (Sonja), figlia di primo letto di Aleksandr; Marija Vasilevna Vojnickij, madre di Vanja e della prima moglie del professore; Ivan Petrovič Vojnickij (Zio Vanja), zio di Sonja; Michail L’vovič Astrov, medico, filosofo e idealista (una proiezione dell’autore?); Ilja Ilič Telegin, proprietario terriero nell’indigenza; Marina, l’anziana balia.
Nello Zio Vanja portato in scena al Litta mancano la madre di Vanja e Telegin, ma ciò non inficia il lineare e classico svolgimento, il pieno svolgersi drammatico. Fernanda Calati, Gaetano Callegaro, Margherita Caviezel, Pietro De Pascalis, Maurizio Salvalalio, Debora Virello forniscono un’interpretazione attoriale superlativa, sapendo restituire tutto il disagio esistenziale, tutta la noia di giorni uguali, l’accidia che soverchia e impedisce, l’impossibilità dell’amore o la sua illusione, l’acre sentimento di avere sprecato o di stare disperdendo (inerti e apatici) le proprie opportunità, le convenzioni cui non si sfugge, il tentativo – rassegnato? Consapevole? Simbolo di matura accettazione di ruoli e casi della vita? – di proseguire e ricostruire. Rifabbricare e rimodulare, forse… Perché potrebbe  anche essere una fuga. Una fuga statica. Anche se… Sentiremo gli angeli, vedremo tutto il cielo pieno di diamanti, vedremo tutto il male terreno, tutte le nostre sofferenze affondare nella misericordia che riempirà di sé tutto il mondo, e la nostra vita diventerà quieta, soave, dolce come una carezza. (Sonja)
Zio Vanja (in russo Дядя Ваня, traslitterato Djadja Vanja) è la storia “dell’immobilismo di un nucleo familiare, della perdita di slancio vitale, della monotonia di una vita vuota. Attraverso i suoi personaggi Čechov crea delle sinfonie. È un compositore dei movimenti dell’animo umano e riesce a farlo suonare (e risuonare) come nessuno scrittore moderno di teatro ha mai fatto. Le sue battute sono note musicali che procedono in minuetti, assoli, concertati che si ripetono, si avvicendano in variazioni sullo stesso tema fino a commuovere l’animo di chi ascolta, in accordo con quello di chi racconta e parla di sé.”
Aggiungiamo il particolare che gli attori chiamati a interpretare i personaggi sono insegnanti, formatori e attori di Grock Scuola di Teatro, da cinquant’anni operante a Milano, una sorta di immedesimazione, di racconto autobiografico nel proprio farsi ed essere  “testimoni del mestiere del teatro”. E straordinario è stato il risultato.
Giusto citare anche le  scene di Guido Buganza, i quadri di scena (molto suggestivi nella loro vaporosa dolente fantasmaticità) Aurelio Gravina, il disegno luci di Fulvio Melli, i costumi  di Valentina Volpi, foto di Fabio Benato.

Alberto Figliolia

Zio Vanja (Scene di vita). Produzione Manifatture Teatrali Milanesi, direttrice di produzione Elisa Mondadori. Sino al 28 gennaio 2024. Teatro Litta, Corso Magenta 24, Milano.
Info e prenotazioni: e-mail biglietteria@mtmteatro.it, tel. 0286454545, sito Internet www.mtmteatro.it.
Orari: martedì/sabato ore 20,30; domenica ore 16,30.

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