Citazioni: Zadie Smith, Denti bianchi


Citazioni tratte da: Denti bianchi di Zadie Smith

…la Vita fosse uno zaino dal peso insostenibile e che, anche se significava perdere ogni cosa, era molto più facile abbandonare sulla strada tutto il bagaglio e immergersi nell’oscurità

Perché liberarsi di una fede è come bollire l’acqua di mare per recuperare il sale… si guadagna qualcosa, ma si perde qualcosa.

Ma io non posso continuare a preoccuparmi e preoccuparmi per la “verità”. Devo preoccuparmi solo della verità con cui si riesce a convivere. Ed è questa la differenza fra il diventare pazzi ingollando acqua salata del mare e bere quella del ruscello.

Vi fu una pausa un po’ tesa, durante la quale Samad capì chiaramente di desiderare quella donna più di quanto avesse mai desiderato qualunque altra incontrata negli ultimi dieci anni. Semplicemente così. Il desiderio non fa tanti complimenti, non controlla se ci sono i vicini in visita… il desiderio sbatte giù semplicemente la porta e si mette comodo.

Se la religione è l’oppio dei popoli, la tradizione è un analgesico ancora più sinistro, semplicemente perché di rado appare sinistro. Se la religione è un laccio fasciato stretto, una vena pulsante e un ago, la tradizione è una mistura assai più casalinga: semi di papavero macinati nel tè; una dolce bevanda al cioccolato spruzzata di cocaina; il tipo di cose che avrebbe potuto preparare la nonna. Per Samad, come per la gente della Thalandia, la tradizione era cultura, e la cultura portava alle radici, e le radici erano buone, erano principi incontaminati.

Se non è un paragone troppo azzardato, la rivoluzione sessuale e culturale che abbiamo sperimentato negli ultimi due decenni non è poi lontana milioni di chilometri dalla rivoluzione che ha avuto luogo nei nostri bordi erbacei e nelle nostre stitiche aiuole. Mentre un tempo ci accontentavamo che i nostri fiori dai colori sbiaditi spuntassero a fatica dalla terra per fiorire, se eravamo fortunati, poche volte all’anno, ora dai nostri fiori esigiamo varietà quanto continuità e vogliamo che abbiano i colori vivaci delle piante esotiche per 365 giorni all’anno. Mentre un tempo i giardinieri dipendevano dall’affidabilità delle piante autoimpollinanti, nelle quali il polline viene tra-sferito dallo stame allo stimma dello stesso fiore (autogamia), ora siamo più avventurosi e cantiamo le lodi dell’impollina-zione incrociata, nella quale il polline viene trasferito da un fiore all’altro della stessa pianta (geitonogamia), o da un fiore di una pianta della stessa specie (xenogamia). Gli uccelli e le api, lo spesso pulviscolo del polline… ecco che cosa prediligiamo! Sì, l’autoimpollinazione è il più semplice e il più sicuro dei due processi di fertilizzazione, soprattutto per le molte specie che colonizzano ripetendo abbondantemente lo stesso sforzo genitoriale. Ma una specie che clona una discendenza così uniforme corre il rischio di veder annientare la sua intera popolazione da un unico avvenimento evolutivo. Nel giardino, come nell’arena sociale e politica, il cambiamento dovrebbe essere costante. I nostri genitori e le petunie dei nostri genitori hanno imparato a loro spese questa lezione. La Marcia della Storia non ha sentimenti, e travolge con spietata deter-minazione le generazioni e le loro piante annuali.
Il fatto è che l’impollinazione incrociata produce una più vasta varietà di germogli maggiormente capaci di resistere ai mutamenti ambientali. Si dice che le piante a impollinazione incrociata tendono anche a produrre semi migliori e di più alta qualità. Se l’esempio di mio figlio di un anno può servire a qualcosa (è un’impollinazione incrociata fra una femminista ex cattolica esperta in orticultura e un intellettuale ebreo!), allora posso attestare che tutto questo è vero. Sorelle, ecco la battuta finale: se nei prossimi dieci anni vogliamo continuare a metterci i fiori nei capelli, i fiori devono essere sempre e comunque a portata di mano, cosa che solo un giardiniere veramente attento può garantire. Se vogliamo fornire ai nostri figli un felice terreno di gioco, e ai nostri mariti angoli per la contemplazione, abbiamo bisogno di creare giardini interessanti e variegati. Madre Terra è grande e generosa, ma perfino lei ha bisogno di una mano, di tanto in tanto.
Joyce Chalfen, da The New Flower Power, pubb. 1976, Caterpillar Press

Che strano, il mondo moderno. Nelle toilette si sentono ragazze che dicono: «Sì, mi ha scopata e poi se n’è andato. Non mi amava. Era completamente incapace di amare. Era troppo incasinato per sapermi amare». Ora, com’è accaduto? Che cosa, in questo secolo così poco amabile, ci ha convinti che malgrado tutto siamo da amare come persone, come specie? Chi ci ha portati a pensare che chiunque non ci ami sia in qualche modo danneggiato, mancante di qualcosa, malfunzionante? E in particolare se ci sostituiscono con un dio, o con una madonna piangente, con la faccia di Cristo in un telo di stoffa… allora gli diamo dei pazzi. Degli illusi. Dei regrediti. Siamo così con-vinti della bontà di noi stessi, e della bontà del nostro amore, che non sopportiamo di credere che possa esistere qualcosa di più degno d’amore di noi, di più degno d’adorazione. I cartoncini per le varie festività continuano a ripeterci che tutti meritano amore. No. Tutti meritano aria fritta. Non tutti meritano amore in ogni occasione.

«Mi sembra» disse alla fine Magid, mentre la luna diventava più chiara del sole «che hai tentato di amare un uomo come se lui fosse un’isola e tu un relitto di nave e potessi contrassegnare la terra con una X. Mi sembra che sia troppo tardi, per questo.»
Poi le posò sulla fronte un bacio che sembrò un battesimo, e lei pianse come una bambina.

Dopotutto, è l’uomo a fare se stesso. Ed è responsabile del risultato.

Titolo: Denti bianchi
Autore: Zadie Smith
Prezzo copertina: € 14.50
Editore: Mondadori
Collana: Oscar 451
Traduttore: Grimaldi L.
Data di Pubblicazione: ottobre 2017
EAN: 9788804685142
ISBN: 880468514X
Pagine: 542

 

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