Recensione: Wajdi Mouawad – Anima


“Avrei voluto guardarlo e ascoltarlo parlare senza sosta, (..) perché la deflagrazione della sua voce, nella muscolatura del suo corpo, infiammava la mia memoria.  La collera! La rabbia! Il tormento! La pena! Bruscamente, senza nessun preavviso, si risvegliava in me il dolore di essere stato strappato, tanto tempo fa, all’insaziabile libertà della mia giungla e dei loro cieli, quando saltando tra i rami, divoravo spazi sempre più vertiginosi, vedevo la verginità del mondo dispiegarsi sotto i miei occhi nella sua commovente infanzia. Tutte le sfumature del verde delle vite selvaggie, dove sono? Dove sono? Ecco che l’uomo, pur senza restituirle, mi riportava a loro perché la sua voce, le sue parole, immuni da qualunque esitazione e pervase dalla stessa follia, diventavano mie.”

Anima di Wajdi Mouawad è un universo dove tutto è connesso nel regno della vita.
Definire Anima un capolavoro, non è esagerato a mio avviso. Mouawad, di origine libanese, causa la guerra nel suo paese si trasferisce prima in Francia poi in Canada, nasce come drammaturgo regista e attore oltre che scrittore e sicuramente sa come fare per catturare l’interesse dello spettatore/lettore.
Con Anima l’autore denuncia le atroci tragedie del mondo, quale la guerra ma anche le tragedie che affollano l’essere umano nel suo istinto più animalesco.
Un crimine crudele di un sadismo bestiale apre il libro, l’unico testimone, un gatto che inizia con la narrazione, da questo momento si avvicineranno gli animali che seguono il percorso del protagonista nella ricerca disperato dell’assassino di sua mogie, non per vendetta quando per guardare negli occhi quell’uomo tanto brutale, per verificare che esista, per accertarsi che non sia frutto di un atto compiuto da egli stesso.
Un lungo viaggio che inizia nelle riserve indiane del Quebec per poi percorrere gli States e man mano un riaffiorare, un dissotterrare qualcosa che già in precedenza si è vissuto.
Il libro ha un forte impatto emotivo sul lettore, non risparmia particolari di atrocità e vi assicuro che rimane dentro per tanto e poi tanto tempo dopo la fine della lettura, o per meglio dire del viaggio che si percorre insieme al protagonista, perché le vicende narrate sono talmente palpabili che sembra di viverle.
Geniale la scelta delle voci narranti quali gli animali, perché gli animali non si soffermano sulle porte dell’apparenza, non si soffermano sulle maschere che ognuno di noi indossa per mostrare agli altri, ma essendo esseri totalmente istintivi, narrano le vicende di Wahhch dal dentro, avvertendo le emozioni più intime e primordiali del protagonista; oltre ciò, leggendo il libro ti balena alla mente un concetto fondamentale e cioè che un animale non penserebbe mai e poi mai di essere qualcosa di diverso da se stesso, mentre un uomo passa tutta la sua vita a desiderare di essere qualcun altro.

Gli umani sono soli. Malgrado la pioggia, malgrado gli animali, malgrado i fiumi e gli alberi e il cielo e malgrado il fuoco. Gli umani sono sempre sulla soglia. Hanno avuto il dono della verticalità, e tuttavia conducono la loro esistenza curvi sotto un peso invisibile. C’è qualcosa che li schiaccia. Piove: ecco che corrono. Sperano nella venuta della divinità, ma non vedono gli occhi degli animali che li guardano. Non sentono il nostro silenzio che li ascolta. Prigionieri della loro ragione, la maggior parte di loro non faranno mai il grande passo dell’irragionevolezza, se non al prezzo di un’illuminazione che li lascerà esangui, e folli. Sono assorbiti da ciò che hanno sotto mano, e quando le loro mani sono vuote, se le portano al viso e piangono. Sono fatti cosi.

Predominante è il filo invisibile che separa la vita dalla disperazione come a voler dire che non è possibile fermarsi a prendere fiato, che gli eventi corrono e se si hanno delle titubanze, si cade e il difficile sta poi nel rialzarsi e continuare con la giusta lucidità.

L’umano è un  corridoio stretto, bisogna andarci dentro per sperare di conoscerlo. Bisogna avanzare nel buio, sentire gli odori di tutti gli animali morti, udire gli urli, i pianti e lo stridore di denti. Bisogna camminare, affondare le zampe in una melma di sangue e risalire lungo un filo d’oro abbandonato lì dall’umano stesso, quando non era altro che infanzia e non aveva nessun tetto sulla testa a impedire il volo dei suoi pensieri. Animale fra gli animali, non conosceva ancora la sofferenza. L’umano è un corridoio e ogni umano piange il suo cielo scomparso. Un cane sa tutto questo ed è per questo che il suo affetto per l’umano è infinito.

Posso dire con certezza che dopo Anima, i fondamenti che sorreggono le convinzioni della nostra società, della nostra cultura, iniziano a traballare violentemente permettendo che una miriade di dubbi si insinua dentro la tua di Anima, domande che per quanto mi riguarda cercano ancora una risposta.

Crediamo di essere salvi, ma ci sbagliamo sulla logica, sul modello da seguire, sull’equazione. Alle Olimpiadi ci sono umani che lanciano il giavellotto. Altri lo raccolgono e lo riportano indietro, e i lanci ricominciano. Non finisce mai. C’è sempre qualcuno o qualcosa pronto a riportare indietro il giavellotto degli orrori e qualcun altro pronto a rilanciarlo.

Katia Ciarrocchi
© Redazione Lib(e)roLibro

 

Titolo: Anima
Autore: Wajdi Mouawad
Prezzo copertina: € 18.50
Editore: Fazi
Collana: Le strade
Traduttore: Conti A.
Data di Pubblicazione: febbraio 2015
EAN: 9788876256110
ISBN: 8876256113
Pagine: 505

 

 

 

 

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