Recensione film “Una Vita, Une vie” di Stéphane Brizé
Nell’inferno di Maupassant
Già nel primo romanzo, “Una vita”, Maupassant lavora sulla sua biografia, la vita di campagna a Rouen, il padre dissoluto in fuga a Parigi, la passione per la barca. Ma è nell’intera esistenza di frustrazione amorosa della flebile Jeanne che lo scrittore sorprende il passaggio tra le illusioni romantiche e l’esordio di una borghesia manipolatrice, non solo maschile. In linea con il premiato “La legge del mercato”, dove il volto di Lindon diventa fotogenia di emozioni morali, Brizé elegge Judith Chemla icona delle digrazie dell’eroina di Maupassant, baronessa innamorata, poi tradita dal marito assassinato per adulterio, infine anziana sola e rovinata dal figlio sperperatore e lontano. Girato in formato monitor 1.33, spesso in medio primo piano su Joanna, per tenerci appresso al quotidiano di casa, giardino, sospiri d’amore e delusioni ingovernabili, è un melò freddo e insieme ardente di slanci e rassegnazioni. Come cartoline da un inferno intimo, la sceneggiatura sceglie i momenti rivelatori e insieme i meno eclatanti, suggerendo allo spettatore pagine che ha letto o che leggerà. Da vedere.
Silvio Danese
Titolo originale: Une Vie
Nazione: Francia, Belgio
Anno: 2016
Genere: Drammatico
Durata: 119′
Regia: Stéphane Brizé
Cast: Judith Chemla, Jean-Pierre Darroussin, Swann Arlaud, Yolande Moreau