Un poema de Félix Luis Viera, “La patria è un’arancia”


Poema 20 de La patria es una naranja (2010,2011, 2013) (Poesía del exilio)

La patria è un’arancia

20

Rapinarono il poeta José Luis nel quartiere di Tepito,
un uomo di circa 13 anni d’età gli mise un pugnale alla giugulare
e gli disse o la borsa o la vita,
cosa preferisci?
È solo un esempio.
A Tepito esistono tutte le specie battezzate dall’uomo
e pure quelle che devono essere ancora battezzate, ci sono
lane francobolli vergini fosforescenti televisori Sony che ancora
non sono usciti sul mercato, ci sono pance mummificate di donne dentature
di acciaio dischi di Elvis Presley e di qualsiasi
cantante che ancora non ha cantato, incantesimi ultimo modello
stivali australiani sigarette cinesi.
Quotidianamente otto navi terrestri portano le mercanzie.
Quando andai a Tepito per la prima volta con il mio amico Gonzalo
malgrado ciò vidi un garofano:
era nel risvolto della giacca d’un bambino che aveva il sorriso di Humprey Bogart,
vidi inoltre che non esistevano strade principali: tutte le strade
portavano al principio e alla fine.

Assicurano che in questo quartiere persino i fantasmi camminano con le pistole
e che
la morte
ha il volto della ragazza che vende Coca-Cola nella bancarella all’angolo.
Quando la Polizia attacca trova a Tepito più dischi, cassette, televisori,
videoregistratori
che in 100 magazzini di Taiwan dedicati al giro
(e
dopo
non succede
niente).
Dicono le statistiche che il quartiere di Tepito ha 50 mila abitanti.
Dicono le statistiche che ha 120 mila abitanti.
Dicono che il novanta per cento dei figli del quartiere vive ancora qui.
Dicono che ci sono 12 mila bancarelle ambulanti (che, curiosamente, non si muovono) che si divorano circa 53 mila metri quadri di strada pubblica
e case così abitate che non conterrebbero il fischio d’un serpente.
Sostiene la Polizia che 38 bande lavorano e hanno il loro posto di comando
in quel luogo e la media
dei delitti quotidiani è pari a 50
(ricordano che un giorno toccò al poeta José Luis con quell’uomo di 13
anni, quel pugnale).
Ma ci sono altre statistiche nuove ogni giorno e domani
ci saranno altre statistiche
che diranno che le nuove statistiche non riportano le vere statistiche:
ci sono persone morte da oltre 50 anni che ancora non sono state trovate
e morti che ancora non sanno di essere morti e che mai saranno trovati,
inoltre
scannamenti
polmoni accoltellati
deflorazioni brutali di vagine
che in questo stesso istante
mentre scrivo queste righe
stanno accadendo e mai si sapranno.
Alla fine
non si sa
niente,
non esiste poesia né Polizia né statistica né Nietzsche né Gauguin che possa abbracciare Tepito,
il quale,
un giorno,
forse si rivelerà una pagina dorata in mezzo all’Eternità.

Proprio così, signore: qui
la droga
è qualcosa di così umano
che i neonati già la consumano nei testicoli del padre, nell’ovulo
della madre.

Quando andai per la prima volta con il mio amico Gonzalo
malgrado ciò, vidi un vaso di gerani in un balconcino simile
a un racconto infantile
e sotto
quattro puttane confesse
che avevano già imparato l’Iliade e l’Odissea dodici volte.
Nella strada successiva un uomo perde sangue dalla bocca, ma
sembra sorridere.
(Ma
tra parentesi
in un muro color topo coperto di una patina ancor più color topo
c’è il disegno in verde di una croce distorta
e
sotto
un distorto e rosso cuore, una freccia spezzata che lo divide, e
più sotto:
Ti amo ben oltre tre morti, Claudia.)
(Ma
tra parentesi
un pargolo corre verso di me e mi offre il suo giocattolo – un cavallino -, rotto;
un vecchietto con lo sguardo di luna piena, di luna piena di zucchero, e
con il sorriso di chi offre l’altra guancia,
ci spinge verso la direzione che stiamo cercando;
sette ragazze con la divisa della secondaria risplendono e camminano
cantando come chi accoglie la primavera;
due, tre, quattro coppie di giovani si amano sotto alcuni finestroni
con ingenuità simile
a quella della coppia che conquisterà l’Albero della Vita; un padre
vestito da domenica anche se non è domenica porta
per mano i suoi due bambini piccoli vestiti da domenica
con la calma di chi passeggia con i suoi figli per una strada di Vienna;
una signora esce da un negozio con due borse colme, si incrocia
con noi, possiede
lo sguardo
di chi ama il corso dei fiumi cristallini.)

Tredici giornali dicono oggi che il quartiere di Tepito è il Re:
né la comunità Doctores né la Buenos Aires né la mappa completa di Iztapalapa possono emularlo:
nessuno di questi territori possiede tanto sangue sparso per centimetro quadrato.
Altri tredici giornali affermano che questo quartiere non è che un esempio:
sulla città cadono in tutte le direzioni e da tutte le direzioni
i coltelli e i proiettili del futuro
gli assassinati e gli assassini del futuro
e che dalle colline
come confetti rossi
viaggia il sangue che si dovrà spargere
e che la neve
che uno crede di vedere nei fiocchi delle colline
è soltanto un pizzico della cocaina che dovranno elogiare i nostri nipoti.
Altri tredici giornali replicano che Tepito è il Paradigma:
dovrà finire con i giusti che tacquero una sera ormai lontana
quando videro che stavano seminando i fiori al contrario e se ne andarono.

Proprio così, signore,
questo quartiere
potrebbe essere il detonatore della Terza Guerra Mondiale.

Lì rapinarono il poeta José Luis,
un uomo di circa 13 anni gli mise un pugnale alla giugulare
e gli disse o la borsa o la vita
e il poeta gli consegnò gli ottomila pesos di ventidue anni scrivendo poesie
e
ancora
sente nel collo la punta del pugnale
per sempre
per tutta la vita
e ancora vede, riflesso nel suo, come se fosse in questo stesso istante,
lo sguardo fumoso dell’uomo di 13 anni, ascolta
la sua voce ferma mentre gli dice quelle parole.
E non dimentica
il momento in cui immaginò i suoi figli in lacrime
accanto alla sua bara, lui
con la giugulare fatta a pezzi nella bara.
Ma questa storia non la sa quasi nessuno.
Né il pugnale né il poeta né l’uomo di 13 anni né la bara né gli ottomila
pesos per ventidue anni di poesie pubblicate
sono registrati nelle stazioni di Polizia
né si trovano annotati tra i record di Tepito.
È solo un esempio.

La patria è un’arancia, traducida al italiano da Gordiano Lupi, fue publicada da IL FOGLIO LETTERARIO: http://www.ilfoglioletterario.it/catalogo_cubana_la_patria.htm

20

Al poeta José Luis lo asaltaron en el barrio de Tepito,
un hombre de unos 13 años de edad le puso un punzón en la yugular
y le dijo la bolsa o la bolsa la bolsa vivo o la bolsa muerto,
¿qué prefieres?
Es sólo un ejemplo.
Hay en Tepito todas las especies que ha bautizado el hombre
y también las que aún están por bautizar, hay
lanas estampillas vírgenes fosforescentes televisores Sony que aún
no han salido al mercado hay tripas momificadas de mujeres dentaduras de
acero discos de Elvis Presley y de cualquier
cantante que todavía no ha cantado, hechizos último modelo
botas australianas cigarrillos chinos.
Diariamente ocho barcos terrestres traen las mercancías.
Cuando fui a Tepito por vez primera con mi amigo Gonzalo
vi sin embargo un clavel:
estaba en la solapa de la chamarra de un niño que tenía la sonrisa de
Humprey Bogart,
vi además que no había calles principales: todas las calles llevaban al
principio
y al fin.

Se asegura que en este barrio aun los fantasmas andan con revólveres
y que
la muerte
tiene el rostro de esa muchacha que vende Coca-Cola en el puesto de la
esquina.
Cuando la Policía ataca encuentra en Tepito más discos, casetes,
televisores,
máquinas de video
que en 100 almacenes de Taiwán dedicados al giro
(y
después
no pasa
nada).
Dicen las estadísticas que el barrio de Tepito tiene 50 mil habitantes.
Dicen las estadísticas que tiene 120 mil habitantes.
Dicen que el noventa por ciento de los hijos del barrio aún viven aquí.
Dicen que hay 12 mil puestos ambulantes (que, curiosamente, no se
mueven) que se tragan cerca de 53 mil metros cuadrados de vía pública
y casas tan habitadas que no cabría el pitido de una serpiente.
Sostiene la Policía que hay 38 bandas que trabajan y tienen su puesto de
mando en el lugar y el promedio
de delitos diario es de 50
(recuerden que un día le tocó al poeta José Luis con aquel hombre de 13
años, aquel punzón).
Mas hay otras estadísticas nuevas cada día y mañana
habrá otras estadísticas
que dirán que las nuevas estadísticas no registran las verdaderas
estadísticas:
hay muertos con más de 50 años de muerto que aún no han sido
encontrados
y muertos que todavía no saben que ya están muertos y también jamás
serán encontrados,
más
degollaciones
pulmones tasajeados
vaginas destazadas a lo macho
que ahora mismo
en el momento de anotar estas líneas
están ocurriendo y jamás se sabrán.
En fin
que no se sabe
nada,
que no hay poema ni Policía ni estadística ni Nietzsche ni Gauguin que
puedan
abarcar a Tepito,
el cual,
algún día,
quizá resulte una página dorada en medio de la Eternidad.

Pues así es, señor: aquí
la droga
es algo tan humano
que los bebés ya la consumen en los testículos del padre, el óvulo
de la madre.

Cuando fui por primera vez con mi amigo Gonzalo
vi sin embargo una maceta de geranios en un balconcito parecido a un cuento infantil y
debajo
cuatro putas confesas
que ya se habrían mamado La Ilíada y La Odisea doce veces.
En la esquina siguiente un hombre destila sangre por la boca, pero
parecía sonreír.
(Mas
entre paréntesis
en un muro color rata cubierto de una pátina más color rata aún
está el dibujo en verde de una cruz distorsionada
y
debajo
un distorsionado y rojo corazón y una flecha quebrada, partiéndolo, y
más abajo:
Te amo más allá de tres muertes, Claudia.)
(Mas
entre paréntesis
un párvulo corre hacia mí y me ofrece su juguete –un caballito–, roto;
un viejecito con la mirada de luna llena, de luna llena de azúcar, y
con la sonrisa del que brinda la otra mejilla,
nos induce hacia el rumbo que estamos intentando;
siete muchachas uniformadas de secundaria refulgen y van
cantando como quien recibe la primavera;
dos, tres, cuatro parejas de jóvenes se aman al pie de unos ventanales
con ingenuidad semejante
a la de aquella pareja que conquistara el Árbol de la Vida; un padre
vestido de domingo aunque no es domingo lleva
a sus dos niños pequeñitos tomados de la mano vestidos de domingo
rezumando el sosiego de quien pasea con sus hijos por una calle de Viena;
una señora sale de una tienda con dos bolsas colmadas, se cruza
con nosotros, porta
esa mirada
de quien ama el curso de los ríos cristalinos.)

Trece periódicos dicen hoy que el barrio de Tepito es el Rey:
ni la colonia Doctores ni la Buenos Aires ni el mapa todo de Iztapalapa
pueden emularlo:
ninguno de estos territorios posee tanta sangre rota por centímetro cuadrado.
Otros trece periódicos afirman que este barrio no es más que un ejemplo:
sobre la ciudad caen en todas direcciones y desde todas direcciones
los cuchillos y las balas del porvenir
los asesinados y asesinos del porvenir
y que desde los cerros
como confetis rojos
viaja la sangre que habrá de verterse
y que esa nieve
que uno cree ver en los copos de los cerros
es sólo una chispa de la cocaína que habrán de alabar nuestros nietos.
Otros trece periódicos replican que Tepito es el Paradigma:
él habrá de terminar con los justos que callaron una tarde ya lejana
cuando vieron que estaban sembrando las flores al revés y dieron media
vuelta.

Claro que sí, señor,
este barrio
podría ser la espoleta de la Tercera Guerra Mundial.

Allí asaltaron al poeta José Luis,
un hombre de aproximadamente 13 años le puso un punzón en la yugular
y le dijo la bolsa o la bolsa la bolsa vivo o la bolsa muerto
y el poeta le entregó los ocho mil pesos de veintidós años escribiendo
poemas
y
aún
siente en el cuello la punta del punzón
para siempre
para toda la vida
y aún ve, claveteada en la suya, como si fuera ahora mismo, la mirada
humosa del hombre de 13 años, escucha
su voz aplomada mientras le decía lo que dijo.
Y no olvida
ese momento en que imaginó a sus hijos llorándolo
junto a su ataúd, él
con la yugular hecha piltrafa en el ataúd.
Pero esta historia no la sabe casi nadie.
Ni el punzón ni el poeta ni el hombre de 13 años ni el ataúd ni los ocho mil
pesos por veintidós años publicando poemas
están registrados en las oficinas de la Policía
ni se hallan anotados en el récord de Tepito.
Es sólo un ejemplo.

(Ciudad de México, 1999)

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