A cura di Gordiano Lupi
Antonio Valerii, detto Tonino (Teramo, 1934), comincia la carriera come aiuto regista; scrive il soggetto di Tutto è musica (1963), diretto e interpretato da Domenico Modugno, e l’horror La cripta e l’incubo (1964) di Camillo Mastrocinque, insieme a Ernesto Gastaldi. Altre collaborazioni come aiuto regista sono I motorizzati (1962) di Camillo Mastrocinque e I terribili sette (1963) di Raffaello Matarazzo. L’esperienza che segna la sua impostazione professionale è quella di assistente regista accanto a Sergio Leone in Per un pugno di dollari (1964) e Per qualche dollaro in più (1965). Tonino Valerii debutta dietro la macchina da presa nel 1966, con Per il gusto di uccidere, un western all’italiana ispirato al cinema di Sergio Leone, interpretato da Craig Hill e George Martin. Non è difficile notare come certe location siano le stesse di quelle usate da Leone nel precedente Per qualche dollaro in più, dove Valerii era regista della seconda unità. Il regista teramano imita lo stile di Leone, si fa un piccolo nome soprattutto nel cinema western, sotto l’attenta guida del maestro che supervisiona alcune opere e lo consiglia per il meglio.
Per il gusto di uccidere è sceneggiato da Auz, Finocchi, Del Grosso, Continenza, Capriccioli e Martin, gode della fotografia di Stelvio Massi ed è impreziosito dalla musica di Nico Fidenco e di Gianni Ferrio. Un ottimo lavoro, un grande esordio nel mondo del cinema, che si ricorda per l’invenzione di un personaggio originale come il cacciatore di taglie analfabeta che spara solo con la carabina mentre sorveglia banche e spedizioni d’oro. Craig Hill è favoloso nel ruolo, anche se il regista lo scrittura solo perché l’attore prescelto soffre di gravi problemi di salute. La personalità del bounty killer è ricalcata sui personaggi di Sergio Leone e sfuma le differenze tra buono e cattivo, rendendo tutto più umano e meno convenzionale.
Il secondo film di Tonino Valerii è I giorni dell’ira (1967), trasposizione cinematografica del romanzo di Ron Barker, Der Tod ritt dienstags, sceneggiato da Ernesto Gastaldi e Renzo Genta, interpretato da Giuliano Gemma e Lee Van Cleef, due attori feticcio del cinema western italiano, che contribuiscono al successo di pubblico. Stupenda la colonna sonora di Riz Ortolani, che Quentin Tarantino vuole usare in Kill Bill vol.2 (2004), come omaggio al cinema western italiano. Il film di Valerii risente molto della lezione di Sergio Leone, sia per i tempi dilatati che per le inquadrature in primissimo piano con i dettagli dei particolari anatomici (occhi). Il film è ancora una volta crudo, psicologico e violento.
Il prezzo del potere (1969) è sempre western che segue la scuola di Sergio Leone, interpretato da Giuliano Gemma, Warren Vanders, Van Johnson e Fernando Rey. Le musiche sono del pluripremiato Luis Enriquez Bacalov, la fotografia del regista Stelvio Massi, ma la pellicola è inferiore alle aspettative. Si tratta di un tentativo di rileggere in chiave western l’omicidio di JFK, sceneggiato da Maurizio Patrizi, sulla base del racconto Un cavaliere nel cielo di Ambrose Bierce.
La ragazza di nome Giulio (1970) vede protagonista una stupenda Silvia Dionisio e non ha niente a che vedere con il cinema western. Tonino Valerii gira una pellicola scandalo tratta dallo scabroso romanzo di Milena Milani, che spesso passa in televisione abbondantemente tagliata. La storia ha i contorni di un noir erotico molto psicologico, che vede una ragazzina morbosamente attaccata alla madre diventare un’assassina dopo aver avuto diverse esperienze erotiche fallimentari. Il film è giustamente definito pretenzioso e girato con uno stile da fotoromanzo dalla critica più attenta, ma la Dionisio è brava come ragazzina quattordicenne che scopre il sesso e si destreggia al meglio in una situazione difficile. Ha soltanto diciannove anni, ma riesce a interpretare un personaggio scontroso e solitario che al tempo stesso riesce a mostrarsi forte e deciso. La pellicola gode di un’ottima fotografia curata da Stelvio Massi e delle suadenti musiche di Riz Ortolani.
Tonino Valerii prosegue con il giallo all’italiana girando Mio caro assassino (1972), interpretato da George Hilton, Salvo Randone, Marilù Tolo, Sofia Dionisio e William Berger. Il filone è quello del giallo argentiano, stile L’uccello dalle piume di cristallo, molto crudo ed esplicito in alcune sequenze macabre e ad alta tensione. Scritto da Franco Bucceri e Roberto Leoni. Musica di Ennio Morricone che contribuisce all’effetto thriller e alla cupa atmosfera. Un commissario indaga sul rapimento di una bambina, uccisa insieme al padre, ma tutte le persone coinvolte nella storia muoiono.
Una ragione per vivere e una per morire (1972) è una ricca coproduzione italo – franco – spagnola che rappresenta un ritorno al western leoniano per Tonino Valerii. Si tratta di una storia ambientata al tempo di nordisti e sudisti, che racconta una vendetta consumata nel periodo della guerra di secessione. Interpreti James Coburn, Bud Spencer e Telly Savalas (il popolare tenente Kojak televisivo). Sceneggiatura ancora una volta del regista, ma insieme a Ernesto Gastaldi e Rafael Azcona. Lo stile è sempre desunto da Sergio Leone: tempi dilatati, particolari del volto, temi del western all’italiana classico e scarsa distinzione tra buoni e cattivi.
Il mio nome è nessuno (1973) è il punto più alto del cinema di Tonino Valerii che tocca il culmine dell’imitazione del maestro dilatando i tempi sin dalle prime battute e inquadrando sempre lo sguardo dei protagonisti. Henry Fonda regala una delle sue ultime storiche interpretazioni nei panni del vecchio pistolero Jack Beauregard che lascia il passo alle nuove generazioni di bounty killer, ben rappresentate da un giovane Terence Hill (Mario Girotti).
Molto suggestivo il finto duello che segna l’uscita di scena del vecchio mito e densa di significati l’eredità storica che pesa sulle spalle dei giovani. Henry Fonda sembra passare il testimone nelle mani di un intraprendente giovane attore come Terence Hill e fa capire che il suo tempo è finito. Nessuno è il giovane pistolero Terence Hill, che con il tempo diventerà qualcuno. Beauregard, invece, non ha più voglia di lottare, non vendica neppure la morte del fratello, preferisce imbarcarsi e andare a vivere nella vecchia Europa.
Il regista cita Il mucchio selvaggio (1969) di Sam Peckinpah (il suo nome è persino sulla lapide di una tomba) realizzando una scena epocale con i centocinquanta banditi che affrontano Beauregard. Tra gli altri interpreti ricordiamo Mario Brega, Jean Martin, Pietro Lulli, R.G. Armstrong. La storia è scritta e sceneggiata da Ernesto Gastaldi e Fulvio Morsella. Sergio Leone è l’ideatore del film e il produttore, ma gira anche diverse sequenze e funge da supervisore del prodotto finito. La parte iniziale con il bounty killer dal barbiere è di chiaro taglio leoniano, sia per i tempi che per le soluzioni di regia (inquadrature comprese). Tutta di Sergio Leone è pure l’idea della vecchiaia, dei miti che segnano il passo e lasciano il posto ai giovani. Non è western classico, anche se è evidente un omaggio al passato, perché sono molte le contaminazioni comiche dovute al successo del cinema di Enzo Barboni, soprattutto Lo chiamavano Trinità (1970). Ottima la colonna sonora di Ennio Morricone. Tra i primi tre incassi del 1973.
La produzione successiva di Tonino Valerii è in tono minore, ma non mancano momenti interessanti. Il poliziesco all’italiana Vai, gorilla (1975) è un buon lavoro. Interpreti: Fabio Testi, Renzo Palmer, Al Lettieri, Claudia Marsani e Saverio Marconi. Il film è duro al punto giusto, racconta le vicende di un’atletica guardia del corpo (Testi) che salva un imprenditore (Pamer) da un gruppo di rapitori e li uccide tutti. Nessuno lo ringrazia per il suo eroismo.
Sahara Cross (1977) è un altro film interessante, scritto e sceneggiato da Adriano Belli ed Ernesto Gastaldi, che realizzano un copione intrigante e privo di punti morti. La storia è ambientata in Tunisia ed è interpretata da Franco Nero, Michel Constantin, Pamela Viloresi, Pietro Valsecchi, Michael Coby (Antonio Cantafora), Mauro Barabani ed Emilio Locurcio. Il film affronta tematiche politiche e terzomondiste, partendo dal racconto di una vendetta perpetrata da alcuni superstiti ai danni di un gruppo di terroristi che hanno ucciso alcuni compagni. Per la prima volta in un film italiano si usa la steadicam. Musiche intense di Riz Ortolani.
La foresta che vola e Addio Raffaello sono due telefilm della serie Caccia al ladro d’autore (1984) e non rivestono grande interesse.
Senza scrupoli (1985) è un ritorno al cinema per un insolito softcore che nel periodo storico va di gran moda. Interpreti: Sandra Wey, Marzio Honorato, Antonio Marsina, Cinzia De Ponti, Vincenzo Cavaliere e Alessandra Canale. Protagonista la bella Sandra Wey, che interpreta una riccona violentata da un bandito (Honorato) durante una rapina in villa. Sandra si innamora del suo aguzzino, lo ricerca, intreccia una relazione e diventa sua complice. Soggetto di Mino Roli, dialoghi di Vinicio Marinucci, sceneggiatura del regista con la collaborazione di Riccardo Ghione. Valerii non è molto interessato al genere erotico, gira con una mano sola – e si vede – un prodotto in ogni caso superiore alla media di simili lavori. Da salvare un minimo di attenzione al conflitto sociale e al rapporto tra alta borghesia e sottoproletariato. Sandra Wey, che ricordiamo nel pessimo Histoir d’O – Ritorno a Roissy (1975) di Erich Rochat, scompare senza lasciare rimpianti, perché la sua bellezza non basta a sopperire a evidenti lacune recitative. Manca di classe e soprattutto non sprigiona l’erotismo necessario per simili interpretazioni. Fotografia di Giulio Albonico. Ottima colonna sonora di James Senese e Joe Amoroso. Il regista rifiuta di girare il sequel Senza scrupoli 2 (1991), affidato a Carlo Ausino, esperto regista di serie Z. Non sono a livello del miglior Valerii prodotti girati a imitazione di pellicole internazionali che circolano soprattutto all’estero, come La sporca insegna del coraggio (1986), Fratelli di sangue (Brothers in Blood) (1987) e Shatterer Sicilia Connection (1988).
La sporca insegna del coraggio è un film bellico ambientato in Vietnam, ma girato a New York e a Santo Domingo, un action dove si vedono all’opera soldati americani che devono far saltare una base vietcong. Una pellicola di maniera che in Italia non ha visto nessuno, scritta da Roberto Leoni e interpretata da Bo Svenson, Carlo Mucari, Martin Balsam e Peter Hooten.
Fratelli di sangue è un altro scadente Vietnam-movie scritto da Roberto Leoni. Il film narra la storia di un soldato salvato in guerra da un amico che molti anni dopo ha il modo per sdebitarsi durante un dirottamento aereo. Interpreti: Bo Svenson, Peter Hooten, Nat Kelly Cole e Martin Balsam.
Shatterer Sicilia Connection è un nuovo film d’azione, un mafia-movie di scarso interesse. Protagonista un detective venuto dal Giappone, impegnato a sconfiggere la mafia siciliana per tutelare gli interessi di una ditta asiatica che produce automobili. Condivisibile la recensione di Film TV: “Valerii dirige senza troppi scrupoli un action abborracciato con un cast delirante che accoppia l’attore-feticcio di Kurosawa a Marina Suma. Certo, sa girare le scene d’azione e gli inseguimenti”. Gli interpreti principali, infatti, sono Toshiro Mifune e Marina Suma. Da vedere solo per questo motivo.
Tonino Valerii, da buon mestierante, alla fine della stagione del cinema di genere approda alla televisione, collabora a sceneggiati di successo come La piovra 2, gira alcuni discreti film per il piccolo schermo come Caccia al ladro d’autore (1985), Due assi per un turbo (1984 – 87), Due madri (1987), Il ricatto (1988) – insieme a Ruggero Deodato – e Prova d’innocenza (1990). Al cinema lo vediamo ancora ne Una vacanza all’inferno (1997), interpretato da Marco Leonardi, F. Murray Abraham, Giancarlo Giannini e Mirka Viola. La pellicola è quasi un film verità, un reportage all’interno delle galere tailandesi, un carcerario fuori tempo massimo, ma con protagonista un tassista romano (Leonardi) ingiustamente accusato di traffico di droga. Sembra che il film sia una storia vera, tratta dal romanzo Bangkwang di Fabrizio Paladini, sceneggiata dal regista e dal produttore Enzo Gallo. Un pessimo lavoro che fa rimpiangere il cinema di genere d’un tempo. Non si comprende perché abbia avuto i contributi come film d’interesse nazionale.
Un bel dì vedremo (1997) è l’ultimo film di Tonino Valerii, ambientato nel mondo dell’opera, tra i musicisti in pensione, ma che rappresenta l’occasione per compiere una riflessione su vecchiaia, malattia e amore. Muore Teresa, in una Casa per musicisti in pensione. Emilio e Isabella si ritrovano. Il primo è un direttore d’orchestra di fama internazionale, ma è ammalato e sta passando gli ultimi giorni che gli restano in casa di riposo. Isabella è una famosa cantante lirica e un tempo era la prediletta di Teresa. Emilio coinvolge Isabella e altri ospiti della Casa nella realizzazione del suo ultimo sogno: mettere in scena la Madama Butterfly. Emilio dirige, Isabella interpreta il ruolo della tragica eroina e il ricavato dello spettacolo salverà la Casa dal fallimento per debiti. Il film nasce da un’idea di Kon Ichikawa, accreditato come sceneggiatore, ed è interpretato da Giuliano Gemma, Massimo Girotti, Massimo Wertmuller, Raina Kabaiwanska. Produzione giapponese (Nhk Tokio, Uanchi Corporation). Surf Film, il piccolo coproduttore italiano, l’ha venduto soprattutto all’estero. Un film insolito, musicale e drammatico, che meriterebbe di essere riscoperto.
L’ultima apparizione di Tonino Valerii nel mondo del cinema è nelle vesti di attore, per interpretare il ruolo di un padre, nel thriller All’amore assente (2007) di Andrea Adriatico, scritto dal regista insieme a Marco Mancassola e Stefano Casi.
Per vedere Il mio nome è nessuno (completo): http://www.youtube.com/watch?v=6OTp6HTVngU
Gordiano Lupi
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