Recensione film “Sully” di Clint Eastwood
Il volo miracoloso di Clint Eastwood
Le ali galleggianti dell’Airbus 320 nel fiume Hudson viste dai grattacieli di Manhattan. Un calcolo d’alta esperienza gestionale e la profonda responsabilità professionale e umana, il 15 gennaio 2009 portarono in un paio di minuti il capitano Sullenberger a decidere di ammarare. Oche nei motori, panico, atterraggio riuscito, soccorsi immediati. Salvò tutti. Celebrata la fama del pilota, ciò che non sappiamo è come l’inchiesta tentò di smontare la sua scelta, a partire dai logaritmi delle assicurazioni. Evitando nella forma e nella sostanza i luoghi comuni del cinema catastrofico (ammirevoli i tempi delle sequenze anche nelle scene più spettacolari, derivate da logica, materiale documentario e anticonformismo registico) Eastwood affida la caratura di un eroe normale a Tom Hanks, eccellenza di equilibrio mimetico e ricerca psicologica. Il portoflio etico di Sully coincide con quello di Eastwood: solitudine del comando, lucidità dell’azione, onore del dubbio, valore individuale della conoscenza. Come sempre, nel cinema di Clint, è uno scontro di poteri: la coscienza e il sistema. Non fosse per l’età, l’avrebbe interpretato.
Silvio Danese
Titolo originale: Sully
Nazione: U.S.A.
Anno: 2016
Genere: Drammatico, Biografico
Durata: 95′
Regia: Clint Eastwood
Cast: Tom Hanks, Jerry Ferrara, Aaron Eckhart, Laura Linney, Autumn Reeser, Holt McCallany, Purva Bedi, Grant Roberts, Justin Michael Woods