Recensione film “Silence” di Martin Scorsese
L’estrema scalata del monte Verità
Nei giorni, ormai anni, di estrema esposizione e pressione della questione religiosa nel mondo, il cattolico esperto di buddismo Scorsese ha realizzato (ci lavora da fine anni ’80) un film sulla fede: natura individuale e collettiva, predicazione e conversione, storicità del cristianesimo e incompatibilità culturali. Dal romanzo di Shusaku Endo “Silence”, è il frutto di un’enorme ricerca versata in una capillare, ragionata visione scenografica (Dante Ferretti) e umana (dalle lettere dei missionari del ‘600) del tempo: increduli che il loro tenace maestro padre Ferreira abbia ceduto all’apostasia in Giappone, i gesuiti Rodrigues e Garupe partono alla ricerca e trovano le spaventose persecuzioni di Samurai e feudatari. Va superata, come una salita necessaria al monte Verità, la prima parte sulla tetra, spiritualmente ispirata, clandestinità tra le comunità cristiane. Nella seconda, le torture e i ricatti a Rodrigues (ottimo Garfield), la pragmatica ambiguità del “Giuda” Kichijiro, lo scontro teologico con l’Inquisitore, aprono la domanda sul silenzio di Dio alla scelta della fede come silenzio. Avventuroso e profondo.
Silvio Danese
Titolo originale: Silence
Nazione: U.S.A.
Anno: 2016
Genere: Drammatico
Durata: 161′
Regia: Martin Scorsese
Cast: Liam Neeson, Andrew Garfiels, Adam Driver, Ciarán Hinds, Tadanobu Asano, Rich Graff, Shin’ya Tsukamoto, Ryô Kase