di Serenella Menichetti
Con un balzo, il gatto atterrò sul davanzale della finestra della casa, i suoi magnetici occhi s’incollarono al vetro, e cominciarono a scrutare all’interno della stanza.
Simili a due torce elettriche entrarono nell’ambiente buio e, cominciarono a rovistare in ogni angolo.
In quella stanza, il passaggio della luce del sole, era ostacolato dalle pesanti tende di lino bianco, ricamate a mano, da Rosa, in tempi non sospetti, ed in parte, dagli arbusti secchi che si aggrappavano all’intonaco esterno: Un glicine, una pianta dai fiori viola e, dal profumo penetrante, questa era stata, adesso solo un ammasso di scheletriti rami secchi.
Anche gli occhi di Rosa, una volta erano stati del colore dei fiori di glicine, ma poi il tempo li aveva scoloriti, il viola non si vedeva più, adesso erano solo grigi
Nonostante le tende, fossero tirate ai lati della finestra: la superficie a vetro libera rimasta, era minuscola, ma, sufficiente, a soddisfare la curiosità dell’animale.
Rosa, come fosse stata evocata da lui, fece la sua apparizione nella stanza: minuscola figura che si muove con lentezza, portava con se appoggiata ai palmi delle mani congiunte a mo di vassoio, la consueta ciotola di latte. In quel momento assomigliava ad una geisha che serve il sachè.
La sua piccola mano aprì, uno spiraglio di finestra e appoggiò con l’altra, la ciotola sbeccata sul davanzale, accanto al gatto.
Si sedette sulla sedia impagliata e, si mise ad osservare attraverso il vetro, il felino, che leccava il liquido bianco.
Lo faceva con eleganza e aria disufficienza, come se quel cibo, fosse a lui dovuto. Ogni qualvolta quegli occhi verdi incontravano i suoi, Rosa, abbassava lo sguardo.
Soggezione e attrazione, dentro di lei, si confrontavano e si scontravano. Senza dubbio quell’animale era riuscito a destarle sensazioni sopite da tempo.
Come tutte le altre mattine, attese che il gatto avesse terminato il latte, per ritirare la ciotola.
Questa volta però, lui, riuscì a farsi largo e catapultarsi sul pavimento, della cucina.
Questo gesto, sorprese Rosa che vacillò, la ciotola cadde a terra e si ruppe.
L’animale, intanto si era aggrappato alle tende: gli unghioli impigliati nella trama della stoffa, si dibatteva per uscirne.
La donna, raccolse i cocci e, li gettò nella pattumiera.
Lui, riuscì a liberarsi, purtroppo, a scapito della povera tenda che, rimase lacerata in diversi punti del tessuto. Poi con un salto deciso, balzò sul divano liberty. “Chissà per quanto tempo aveva agognato di raggiungere quella postazione” Emise un miagolio soddisfatto, quindi socchiuse gli occhi e diresse lo sguardo verso Rosa.
Gli occhi scoloriti della donna,indugiarono in quelle fessure verdi, mentre le sue gambe malferme, mossero alcuni incerti passi, verso il divano, dove la bestiola, stava comodamente adagiata.
Lo sguardo del gatto inviava a quello di Rosa, segnali invitanti, messaggi suadenti, tanto che l’anziana signora ne rimase attratta e, fece la cosa più insolita, che mai si sarebbe aspettata di fare: si sedette vicino a lui, nonostante il suo piccolo corpo fosse scosso da un lieve tremolio.
Poi, la sua mano piccola e morbida, si mosse, in direzione dell’animale: una, due, più volte per poi subito, ritirarsi, fino a che, il suo palmo bianco e freddo, incontrò la superficie calda e liscia del manto fulvo del gatto. Le dita, assorbirono il tepore e la leggera vibrazione di quel ronfare.
Rosa a quel punto cessò di tremare e ascoltò dentro di se farsi spazio, un movimento impercettibile, un leggero formicolio, forse una specie di solletico: che diventò musica!
Fece un bel respiro e, si sentì bene, proprio. come un ruscello che torna a scorrere nel proprio letto.
Qualcosa di antico ed immoto, nella sua anima riprese a fluire.
Guardò il gatto, accanto a lei che si era appisolato.
Si alzò ed andò a spalancare la finestra, si affacciò e fra quell’intrico di rami ormai secchi, notò un giovane virgulto, di un tenero verde, cercare il sole. Sorrise.
L’indomani avrebbe chiamato il giardiniere a potare la pianta.
Il gatto, acciambellato sul divano, dormiva sornione, ma nello stesso tempo, riusciva a captare i movimenti ed i pensieri di Rosa e, anche ad ascoltare la flebile voce della fogliolina invocare il sole.
L’animale, si stirò ancora e, decise di staccare per un momento la spina del suo sesto senso. Giusto il tempo per farsi una dormita: “Proprio di quelle come si deve, in fondo se lo era meritato!”
Serenella Menichetti
Un piccolo quadro surreale che di piccolo ha solo la dimensione ma non il contenuto. Un gatto come catalizzatore e intermediario di emozioni: viene da chiedersi quanti sono gli esseri dotati di tale facoltà, a due o quattro zampe (e sono tanti), che riescono a dare un senso alla vita umana quando l’universo personale è diventato talmente vuoto da sfiorare il nulla.
Un plauso all’Autrice.
Enzo Maria Lombardo
Grazie infinite!
Serenella