Psicologia di massa del fascismo di Wilhelm Reich


Psicologia di massa del fascismo
pagina 69

L’ideologia autoritaria della famiglia 69

con i grandi industriali, che riceveva denaro da essi e che prometteva il divieto di sciopero. Il fatto che l’operaio medio non si rendesse conto di simili contraddizioni, nonostante una intensa attività di smascheramento svolta da organizzazioni rivoluzionarie, doveva dipendere dalla sua struttura psicologica. Durante la conversazione con il giornalista americano Knickerbocker, Hitler disse, a proposito del riconoscimento dei debiti privati contratti con l’estero:
« Sono convinto che i banchieri internazionali si renderanno presto conto che la Germania, guidata da un governo nazionalsocialista, sarà un luogo sicuro per gli investimenti, e che verrà concesso volentieri un interesse del 3% sui crediti ».13
Se la propaganda rivoluzionaria aveva il fondamentale compito di « sneb¬biare il proletario », la cosa non poteva essere realizzata semplicemente appellandosi alla sua « coscienza di classe », e nemmeno indicandogli continuamente la sua oggettiva condizione economica e politica, e certamente ancor meno smascherando costantemente l’inganno che veniva perpetrato a suo danno. Il primissimo compito della propaganda rivoluzionaria sa-rebbe stato quello di tener conto, con la massima comprensione, delle contraddizioni presenti nell’operaio, del fatto che la precisa volontà rivoluzionaria non era offuscata o annebbiata, ma che il lato rivoluzionario della struttura psichica era in parte sottosviluppato e in parte compenetrato da opposti elementi strutturali reazionari. La distillazione della menta¬lità rivoluzionaria nelle masse è forse il compito principale nel processo di liberazione della loro responsabilità sociale.
In periodi di « tranquilla » democrazia borghese il lavoratore occupato ha due possibilità fondamentali: l’identificazione con la piccola borghesia che lo sovrasta oppure l’identificazione con la propria condizione sociale che genera forme di vita proprie che sono contrarie a quelle reazionarie. La prima cosa significa invidiare il reazionario, imitarlo e, se esiste la possibilità materiale, assumere completamente le sue abitudini di vita. La seconda significa rifiutare queste ideologie e abitudini di vita del reazionario, creare una netta linea di separazione, negarlo, sottolineare il proprio modo di vivere e ostentarlo. A causa dei modi di vivere classista e sociale che esercitano contemporaneamente la loro influenza, entrambe le possibilità sono aperte. Il movimento rivoluzionario non aveva inoltre tenuto abbastanza conto delle piccole abitudini quotidiane, apparentemente irrilevanti, e spesso le aveva sfruttate in modo sbagliato. La camera da letto piccolo borghese che il « proletariato » acquista non appena ha la possibilità di farlo, anche se per il resto ha una mentalità rivoluzionaria, la conseguente repressione della moglie, anche se è comunista, l’abbiglia¬mento « decente » nei giorni di festa, le rigide forme di ballo e mille altre « piccolezze », se cronicamente presenti, esercitano un’influenza molto più reazionaria di mille discorsi e volantini rivoluzionari. La vita strettamente conservatrice ha un’influenza continua, penetra in ogni fessura della vita quotidiana; invece il lavoro in fabbrica e il volantino rivoluzionario hanno un effetto che dura soltanto alcune ora.

Titolo: Psicologia di massa del fascismo
Autore: Wilhelm Reich
Traduttori: Belfiore F., Wolf A.
Editore: Einaudi
Prezzo: € 26.00
Collana: Piccola biblioteca Einaudi. Nuova serie
Data di Pubblicazione: Aprile 2009
ISBN: 8806199862
ISBN-13: 9788806199869
Pagine: LXV-429
Reparto: Psicologia > Psicologia sociale

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