1. Lao Tze
Qualcuno ha notato una straordinaria rassomiglianza tra Pirandello e il filosofo cinese Lao Tzè , vissuto circa ventisei secoli fa . E la rassomiglianza non è soltanto fisica ( si somigliano come due gocce d’acqua), ma ben più stretta, potremmo dire filosofica. Infati Lao Tzè diceva che questa nostra terra è il manicomio dell’universo e che “tutti i mali della pazzia cascano da ogni parte del cosmo come al loro centro di gravità…Tutto il mondo è una gabbia di matti. E non sono certo neanche io – confessava Lao Tzè – d’avere il cervello a posto.” E qui il filosofo cinese ( come Pirandello , del resto , che confessò candidamente di non capire nulla della vita , perchè lui non l’aveva vissuta, ma l’aveva solo scritta) esagera per amor di logica.
Molti dicono ( e a ragione) che Pirandello ha anticipato , con il suo teatro, temi ( alienazione , incomunicabilità, frantumazione dell’io, ecc.) che sono ancora attuali…E se per fare questo salto, fosse andato… indietro , anzichè avanti? .
Teniamo conto che è nato in un luogo di campagna chiamato “Kaos”, il che qualcosa vorrà dire. Ed è lì che ha voluto essere sepolto dopo la sua morte , avvenuta a Roma , il 10 dicembre 1936 , a causa di una polmonite . Ma in realtà il vecchio Pirandello era già morto di “mal d’amore” per una donna poco più che mediocre, un’ algida attrice lombarda di nome Marta Abba, che non solo non l’amò ( ne subì ovviamente il fascino, ma nulla di più) , ma respinse con fermezza e durezza il suo amore. Anzi, fu spietata. Gli proibì perfino di scriverle. Pirandello finì la sua esistenza preso nel vortice dei suoi stessi meccanismi, divenne personaggio lui stesso in cerca d’autore. Pensava e diceva, negli ultimi strazianti anni della sua vita, che non era nato come gli altri , ma era caduto come gli angeli dei miti gnostici. Non sapeva da dove era caduto, nè come nè perchè . Era uno straniero in un luogo straniero ( che poteva essere benissimo anche la Cina di Lao Tze o di Confucio) , questo pensiero in fondo lo accompagnò e lo attraversò per tutta la vita, come una musica, una sinfonia di Mahler mescolata agli scherzi di Mozart.
2. Ma chi era Luigi Pirandello?
Un’anima candida o uno che aveva perduto l’anima?
“Mattia Pascal” considera la vita senza costrutto e senza scopo. Si sente sperduto nel rimescolio della gente: ” Oh , perchè gli uomini s’affannano a rendere man mano più complicato il congegno della loro vita? Perchè tutto questo stordimento di macchine? E che farà l’uomo quando le macchine faranno tutto? S’accorgerà allora che il così detto progresso non ha nulla a che fare con la felicità?”
Pirandello ci aveva messo sull’avviso fin dai primi del millenovecento, alla faccia di Pasolini, che sembrava voler essere lui l’antesignano dell’alt al progresso, del ” dobbiamo tornare indietro”. Ma torniamo al “Fu Mattia Pascal”: “Ad un certo punto ci si accorge che la vita è tutta una bestialità… La coscienza? Ma la coscienza non serve, caro signore!…A che basta? Le basta per viver solo? per isterilire nell’ombra? Eh, via!..Io odio la retorica , vecchia , bugiarda e fanfarona , civetta con gli occhiali, che ha foggiato quella bella frase con tanto di petto in fuori: ‘ Ho la mia coscienza e mi basta’ “..
E quando Paleari gli argomenta che non cis arebbe logica se non ci fosse l’anima , Mattia Pascal obietta: ” Se un uomo passeggia, cade, batte la testa , diventa scemo…Dov’è l’anima?”.
E il Paleari che si riscalda e comincia ad alzare la voce e dice: perbacco!, da sempre l’uomo ha avuto l’aspirazione ad un’altra vita e questo è un fatto, una prova reale, o no?…
” Dicono : l’istinto della conservazione …” , ribatte Mattia ,sotto le spoglie di Adriano Meis.
3. Ma che cos’è l’anima?
E Pirandello l’ha cercata ? L’ ha trovata?… o l’ha perduta ?.
In realtà l’anima rimane un mistero.
Che cos’è?
Dov’é?
Com’è?
“Non possiamo afferrarla, non possiamo situarla , è ovunque e in nessun luogo,”
afferma Guggenbhul-Craig. Essendo inafferrabile dobbiamo farne l’esperienza e riconoscerla soprattutto attraverso la proiezione : proiettare l’anima ci consente dunque di avere a che fare con lei. Nel corso della sua storia l’anima è stata proiettata su molte cose , umane e non umane, perchè l’anima ha un fascino irresistibile… “Trovare la propria anima è nella vita il più grande scopo; perderla, la più grande calamità”
Ma forse Pirandello , più che averla perduta, l’anima l’ha cercata e con passione , con ossessione. C’era in lui quella ” spina nella carne” , di cui parla San Paolo (ed anche Kierkegaard) , e la natura patologica del genere umano, che può sfuggire al suo destino solo con la morte.
Ma l’anima l’ha trovata, poi, il “mefistofelico” Pirandello?
Quando scrisse ” Il Fu Mattia Pascal” , notte dopo notte , in un muffito appartamentino romano , a lume di candela , mentre vegliava la moglie pazza – ( prima pazza di gelosia , a causa del marito- professore che faceva lezione ad una teoria di signorine bene della Capitale , poi pazza e basta) , era in gravi difficoltà economiche , assillato dai debiti , e sull’orlo del suicidio. E forse quella fu l’opera che – oltre a dargli il successo e poi la fama – lo salvò da acque tempestose operando sulla propria anima come una catarsi… Fu allora che sperimentò su se stesso tutte le sue teorie sull’uomo -marionetta , o sull’uomo in maschera per necessità, per difesa , o per calcolo , che improvvisamente mostra il suo nudo volto e si rivela creatura di sangue e di carne, personaggio straziante , in cerca di un “autore”… Era quella l’anima ?, la proiezione di quel nudo volto individuale , angosciato , smarrito, disperso nella sua sconfinata solitudine.
“Questa cosa atroce che si chiama solitudine , questa angoscia spaventosa che si chiama lontananza , esilio, “- scriverà molto più tardi alla sua amatissima
Marta Abba – ” tu non le sai . Ti scavano l’anima e la faccia : l’anima e la faccia sono una sola cosa: tenebra e pietra, come la morte”.
Pirandello non aveva perduto l’anima…e perciò non aveva bisogno di trovarla…
Lo sapeva dov’era , qual era, cos’ era la sua anima. Era una ” candida” colomba e tale rimase per sempre, nonostante tutte le apparenze.
Augusto Benemeglio