Dipingere non è un’operazione estetica: è una forma di magia intesa a compiere un’opera di mediazione fra questo mondo estraneo e ostile e noi. (Pablo Picasso)
Sperimentatore dalla curiosità onnivora. Costruttore e distruttore allo stesso tempo, rifacitore di canoni. Complesso e (forse) ossimorico, ma non contraddittorio, nella sua incessante evoluzione. Una capacità esplicitata con le più varie espressioni e modalità: pittore, scultore, artefice di spettacolari ceramiche. Prolifico oltremodo e talento senza limiti. È il genio di Pablo Picasso, con ogni probabilità il maggiore artista del XX secolo.
A raccontare la sua straordinaria parabola artistica ed esistenziale, ivi compresi i suoi difficili rapporti con le tante donne della sua vita (fra dedizione e abbandono, fra adorazione, disillusione e cannibalismo, fra tenerezze e tradimenti), giunge nelle sale cinematografiche italiane, dal 27 al 29 dicembre, il docufilm Picasso-Un ribelle a Parigi-Storia di una vita e di un museo, una produzione Nexo Digital con la collaborazione del Musée National Picasso di Parigi che ha sede in una splendida dimora nobiliare del XVII secolo, nel cuore storico della Ville Lumière, in cui un giovanissimo Pablo giunse ventenne, nel 1901, senza sapere una parola di francese e senza quasi un soldo in tasca.
Il Museo Picasso espone ben 6000 opere del malagueño più famoso di sempre, oltre a possedere la totalità degli archivi che lo riguardano. La direttrice del Museo e storica dell’arte Cécile Debray accompagna lo spettatore nel fascinoso viaggio alla scoperta delle radici e dell’ispirazione del grande Pablo. Insieme con lei altri specialisti e la voce narrante di Mina Kavani, attrice iraniana in esilio dal suo Paese (come esule fu Picasso a causa del Franchismo).
“Anarchico, straniero, rivoluzionario”… si possono sprecare gli aggettivi per Picasso, tanto sorprendente è sempre la sua opera. Dagli Arlecchini, suoi sembianti e sosia, al cubismo e oltre. Dalle Demoiselles d’Avignon alla tragica monumentalità di Guernica, perché Picasso non è mai stato fuori dalla Storia, ma ben dentro, testimone del proprio tempo, reinterpretato con una visione che sa(peva) andare al di là degli eventi, immaginando simultaneità ignote, muovendosi fra eros e thanatos, pulsioni opposte e inevitabilmente intrecciate, dalla tragicità della tauromachia, dalla figura simbolica del Minotauro e dalle maschere del circo alle forme classiche rivisitate con il filtro anche dell’arte africana e delle sue geometrie spirituali.
Il Museo, che propone anche esposizioni di artisti che si confrontano con il lavoro picassiano, ha la volontà di restituire l’estrema attualità di Picasso, con tutto quell’universo di relazioni e influssi che presiedono e ne regolano l’opera: l’alterità e il respiro mediterraneo, la biografia e la riflessione filosofica, la manualità prodigiosa, l’infaticabilità del lavoro, le domande eterne.
“Il docufilm – diretto da Simona Risi su soggetto di Didi Gnocchi e Sabina Fedeli che firmano anche la sceneggiatura con Arianna Marelli – mette al centro del suo racconto il percorso di un giovane emigrato, povero ma destinato a diventare una delle più importanti icone del Novecento. In un continuo movimento di entrata e uscita dal Museo Picasso di Parigi […] il film segue Picasso nei quartieri parigini in cui ha abitato, dagli atelier senza riscaldamento degli esordi ai grandi appartamenti borghesi, quelli in cui inizia il successo: un viaggio materiale e intellettuale per comprenderne in maniera più approfondita l’opera e lo spirito”.
Splendide le musiche originali del film. Firmate da Emanuele Matte, costituiscono una meravigliosa suggestione sonora, perfetto pendant al lungo itinerario percorso. La pellicola è, peraltro, ampiamente contestualizzata dal punto di vista storico… “Sullo sfondo emerge sempre la Parigi al tempo di Picasso, una città anch’essa contraddittoria che all’inizio del secolo, proprio quando si sta trasformando in metropoli aperta e moderna, mostra la sua intolleranza e la sua xenofobia verso l’immigrato. E Picasso è un immigrato, anarchico fra gli anarchici di Montmartre, un tipo sospetto da tenere sott’occhio”. Tutta la cerchia degli amici di Pablo emerge in questo viaggio, a partire dalla formidabile Gertrude Stein, intellettuale di superba caratura, eccentricità e acume (ovviamente ritratta da Pablo).
Generoso e tirannico era Pablo, malinconico dalla immane sete di vita, l’angoscia permanente temperata dalla potenza creatrice. In lui, come detto, confluivano molteplici contrasti che sulla tela o nei manufatti si ricomponevano: l’equilibrio della classicità, la rottura con il passato e la copia del passato. E l’invenzione sempre assolutamente stupefacente.
Infinito Pablo. Un emarginato di incredibile successo. Un unicum.
Alberto Figliolia