Omaggio a Dudù La Capria nel 90° compleanno


A cura di Augusto Benemeglio

NON ESISTONO ROMANZIERI ITALIANI PAROLA DI DUDU’ LA CAPRIA, OGGI NOVANTENNE

1. Novant’anni.

Raffaele La Capria ha compiuto novant’anni essendo nato a Napoli il 4 ottobre 1922, festa di San Francesco d’Assisi , ma sembra ancora un ragazzo, tanta e tale la sua energia e vitalità. Dudù , come lo chiamano gli amici, vive a Roma da sessant’anni ed è un innamorato di Santa Maria in Cosmedin, e della “Bocca della Verità” ( Qualche volta ho dei miraggi, e vedo tutte le persone che incontro con dei moncherini al posto delle mani, perché Roma è una stupenda città piena di bugiardi. Del resto sarebbe una bella pretesa quella di far dire la verità a gente educata dai gesuiti), è innamorato dei viali dei platani del lungotevere e delle loro foglie che fanno una specie di musichetta sui marciapiedi dove bivaccano migliaia e migliaia di macchine , ma ora quei platani , descritti in tanti racconti e romanzi “moraviani “ , stanno morendo, non c’è alcuna speranza di poterli salvare , e con loro morirà anche qualcosa di Roma , che cambierà volto per l’ennesima volta.

2. Ferito a morte

La Capria esordì alla grande come narratore. Il suo romanzo “Ferito a morte” , edito da Bompiani , 1961, fu un folgorante successo di pubblico e di critica. “Quel romanzo, – gli scrive Alessandro Piperno proprio in occasione del suo compleanno, – mi insegnò ad avere nostalgia di ciò che non avevo vissuto, e trasformò un sedentario weekend nell’ennesima «occasione mancata» della mia adolescenza”.
Con quel libro , La Capria si aggiudicò il premio Strega alla prima botta e per un esordiente non era davvero poco. Prima di lui l’avevano avuto Buzzati , Tomasi Lampedusa e Cassola , insomma il fior fiore degli scrittori italiani del ventesimo secolo. E “Dudù” non aveva ancora compiuto quarant’anni!

“Ferito a morte” è la storia di un bello e dannato della borghesia napoletana con un destino segnato . Ha la sventura di essere nato nel 1922, come La Capria , l’anno dell’arrivo al potere del fascismo, e quindi con un ritardo , con un gap notevole con una “ Falsa partenza”, che sarà il titolo di un altro suo libro .( “Ci siamo trovati a vivere come una malattia morale il distacco accusato dalla letteratura nei confronti della storia. Tutto ciò che
abbiamo acquisito in quel periodo , in materia d’arte ma anche di vita vissuta , ha significato per noi una falsa partenza”)

3. Essere napoletano.

E poi ha la sventura di essere nato a Napoli con tutte i suoi miti le sue storture le sue leggende e i suoi ineliminabili problemi di metropoli mai veramente governata ; e su tutto una grande spalmata di malinconia, uno spleen alla Fitzgerald , con un pizzico di ironia alla Joyce . La morale del romanzo “Ferito a morte” è presto detta: “…se non sei così forte da cavare dai fatti dell’esistenza una tua filosofia , non c’è niente da fare , soccombi, finisci per scontare un destino più forte della tua volontà”
Nonostante il folgorante esordio e l’incredibile successo , La Capria non ha scritto più un solo libro di narrativa . Nessuno dei suoi libri successivi , tranne “Amore e Psiche” , è stato più libro di narrativa, nessuno è stato più un romanzo, benché tutti questi libri abbiano trovato lettori fedeli e larghi consensi, come nel caso di Emanuele Trevi che gli scrive, anche lui nel giorno del compleanno: “Caro Dudù, ,sempre più, col passare degli anni, – gli scrive Emanuele Trevi – penso a te e ai tuoi libri come una bambola russa. La apri, ed ecco che ti arriva in mano qualcosa di più piccolo e prezioso, vicino al nocciolo, a quell’atomo che è l’anima. Più che una sostanza, è una vibrazione, un suono. Prendendo garbatamente in giro Céline, una volta tu stesso l’hai definito la tua «musichetta». E questa «musichetta» è davvero una magia: come se fosse possibile, accostando l’orecchio a una tua pagina come fosse una conchiglia, ascoltare il rumore, lieve ed ironico, del tempo che passa”.

4.Doppio misto

Anche il suo ultimissimo libro, “Doppio misto”, Libellule Mondadori (pp. 144, € 10), non è un romanzo , ma un libro di racconti in parte editi, che appaiono , come sempre, dotati di rara grazia, levigati d’amore , libro che si può leggere , volendo, come un romanzo, come scrive Ida Bozzi, ma che non lo è in senso stretto , in senso classico e tradizionale.
Perché, Dudù?
“Vedi amico caro , Doppio Misto è un libro di racconti , una serie di flashes della mia esistenza, di vita sommersa e vita salvata, sulla bella e la bestia, sugli spazi sconfinati dell’America, su Capri, sull’amore e sulla morte, sugli errori commessi , propri e altrui , la vita si fa in due , di solito un uomo e una donna , e da qui nasce il titolo. Insomma , volendo , si può configurare come un romanzo , il romanzo che ciascuno di noi può scrivere su se stesso , basta che gli dai un computer e un po’ di memoria. Ma io dico il contrario , io dico che è stato un puro caso che abbia scritto un romanzo , e ti dirò di più. Io sostengo che gli scrittori italiani non siano assolutamente adatti a scrivere romanzi. Quelli che lo fanno , facci caso , di solito scrivono mediocri romanzi.”
Perché, Dudù?
“Se andiamo a guardare tutta la storia della nostra letteratura scopriamo che in fondo i romanzieri che valgono davvero sono pochi. E’ possibile che ci sia una natura in noi che non è fatta per il romanzo. Il romanzo ha sempre al centro una coscienza che s’interroga, ma che s’interroga veramente , senza mediazioni, e s’interroga su questioni di vita e di morte, rischiando la vita e la morte… Noi italiani siamo accomodanti, siamo abituati a farci sempre perdonare i nostri peccati, ci sono poche possibilità di riuscire a creare un vero romanzo”.

5.Fiori giapponesi.

Questo vuol dire che lei non scriverà più romanzi, da qui ai prossimi cent’anni?
“Beh, non è detto. Ora che mi sono liberato del peso di tutte le idee che dovevo comunicare può darsi che arriverà il romanzo…Ma quello che è difficile non è tanto scrivere della vita: della vita scrivono tutti, e la vita è fatta di cose che succedono, di sentimenti che si provano, di persone che s’incontrano, si amano, si lasciano, si respingono. Io non vorrei scrivere sulla vita, io vorrei scrivere sull’esistenza…Ecco, sì, mi piacerebbe scrivere su quella che Rousseau chiamava la “coscienza di esserci” all’interno di una sorta di distrazione. Ho già parlato di questo mio senso della distrazione, ho scritto che

la vita è ciò che ci accade mentre pensiamo ad altro… Sì, scriverei il mio romanzo sull’esistenza, su quello che succede alla nostra vita mentre pensiamo ad altro, e la vita ci attraversa senza che ce ne accorgiamo. Magari entro i prossimi dieci anni, quando, forse, ci rivedremo”.

Ok, grazie, Dudù, tantissimi auguri per i primi novant’anni…
E a proposito di esistenza , io sono rimasto incantato dei “Fiori giapponesi”, una serie di raccontini contenuti nella misura della scheggia di vita , tali da poter essere letti come altrettanti momenti e aspetti della giornata di un uomo del nostro tempo, magari come un profumo di mimosa che ti dice che la primavera è arrivata e tu non te ne sei accorto. E la primavera ha gli occhi azzurri e i capelli color grano di una splendida fanciulla.
Beh, sayonara, Dudù .
Al prossimo libro, e che sia un romanzo, stavolta, neh?

Roma, 4 ottobre 2012 Augusto Benemeglio

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