Odio Amore


violinodi Serenella Menichetti

“Rosso scarlatto?”
Lucia guardò l’uomo con aria interrogativa.
“Rosso scarlatto?” ripetè lui toccandosi la chioma.
-Si riferisce ali miei capelli?- No, sono rosso tiziano.
L’uomo fece cenno se poteva sedersi accanto a lei, poi senza attendere risposta scostò la sedia laccata di verde e si accomodò.
-Sono proprio rossi- disse osservandoli da vicino.-
-Rosso è il colore della passione! Aggiunse.
La ragazza scostando un ricciolo ribelle, diventò monocolore.
E sono pure naturali, continuò, l’uomo.
-Si, un retaggio di famiglia, molto antico. I miei lo avevano addirittura dimenticato.-
Lucia non sapendo cosa altro dire, si ritrovò a guardarsi le mani, bianchissime.
La classica rossa, dalla carnagione diafana, disse ancora l’uomo.
Lucia era sempre più in imbarazzo, quegli occhi che la osservavano, sembrava volessero farle una radiografia.
Situazione insolita, pensò.
-Ma chi è questo che mi fa innumerevoli domande? – Un perfetto sconosciuto nient’altro.-
Uno sconosciuto niente male, aggiunse poi, tra sé e sé.
-Edoardo Gemmi- trentasette anni, si presentò lui, come avesse intuito il pensiero di Lucia.
“Lucia Innocenti” trentatre anni rispose lei con voce sommessa.
Sembravano due tennisti che si lanciavano a suon di racchetta le proprie generalità.
-Avvocato- lanciò al volo Edoardo.
Violinista ribattè Lucia, sorridendo.
Edoardo ordinò una birra e un succo di frutta, senza chiedere a Lucia se avrebbe gradito.
Lucia: bevve il succo tutto d’un fiato senza dire niente, anche se sinceramente avrebbe preferito la birra.

Jacopo avvinghiò le esili braccia al collo di Lucia . -Non mi lasciare mamma- Non andare via, portami con te.
Lucia, faticò ad aprire la portiera della panda, si sentiva spossata le orecchie otturate dalle le urla del piccolo, e nella mente il minuscolo viso ricoperto di lacrime.
Andava a passo d’uomo, incurante dei clacson che la esortavano ad accellerare.
Ogni volta che tornava a casa, dalla scuola dell’infanzia, lasciando Jacopo in lacrime, si sentiva cattiva ed ingiusta.
Fosse stato per lei avrebbe fatto a meno di accompagnarlo a scuola. L’avrebbe tenuto a casa, per coccolarlo e giocare con lui.
Edoardo al contrario era convinto che Jacopo doveva assolutamente frequentare giornalmente la scuola, altrimenti sarebbe rimasto una donnicciola senza carattere.
Il rapporto di dipendenza che si era creato fra madre e figlio, lo innervosiva rendendolo antipatico e insopportabile agli occhi di Lucia.
Possibile che suo marito non riuscisse a capire quanto Jacopo fosse fragile e quanto avesse bisogno di dolcezza. Non era poi così grave, ogni tanto, fargli saltare le lezioni.
-Se vuoi che tuo figlio cresca forte, servono regole cara Lucia.-
-Non puoi sempre correre ad alzarlo ogni volta che cade, o si fa del male, Jacopo deve imparare a sopportare anche il dolore.-
E deve essere in grado di saper rinunciare a certe, cose.
La scuola è la sua salvezza, invece in questa casa quando ci sei tu: per Jacopo NIENTE REGOLE a lui tutto è dovuto.
La comunicazione in casa Gemmi da quando era nato Jacopo era all’insegna della critica e del litigio.
Lucia si sforzava di assecondare il compagno, spesso gli mostrava gli elaborati che il bimbo creava.
Erano piccoli disegni dai colori tenui, delicati come lui.
Lucia li trovava deliziosi.
Il giudizio di Edoardo era completamente diverso: tanto che non poteva trattenersi dal deridere il bambino.
-Questi sono disegni che può fare solo una femminuccia.-

La birra a Lucia venne offerta in seguito, quando si conobbero meglio e lui capì i suoi gusti.
Allora Edoardo la sommergeva di regali.
Spesso le donava cinque splendide rose del colore dei suoi capelli, dicendo- Quanto quei fiori fossero niente di fronte alla rosa più bella e rara, che lui aveva avuto la fortuna di incontrare.
Quelli per Lucia erano momenti bellissimi, quanto lo amava, pensava passandogli una mano sui suoi capelli scurissimi.
A volte s’incantava a osservare il suo profilo da statua greca, il naso sembrava scolpito nel marmo, tanto era perfetto.
Un giorno Edoardo la accompagnò nella boutique più rinomata della città, dove indossò una serie di abiti meravigliosi, lei si era innamorata di un completo pantalone di lino carta zucchero. Lui si dimostrò molto generoso, offrendole tre completi molto costosi. Lasciando, però, il suo preferito in negozio. Troppo banale fu il suo commento.
Il giorno dopo la consigliò di indossare l’abito di raso verde e la accompagnò da sua madre.
Appena Lucia entrò nel salone dove era attesa, il gelido sguardo di donna Maddalena le arrivò sul collo come una scrosciata di acqua fredda.
Lucia rabbrividì, mentre Maddalena si precipitò ad indossare sulle labbra serrate, uno dei suoi sorrisi di circostanza, che comunque non riuscì minimamente a stiepidire la freddezza glaciale di quegli occhi grigi.
I quali si accendevano solamente incontrando la figura del figlio, per ritornare freddi appena si posavano sulla sua.
Si sposarono in autunno, in una Villa ottocentesca.
La regia del matrimonio fu curata sin nei minimi particolari da donna Maddalena con qualche tocco di Edoardo.
Mentre qualsiasi titubante proposta di Lucia, venne respinta.
Erano bocciature piene di motivazioni, spiegate con gentilezza e che Lucia accoglieva, ogni volta, senza battere ciglio.
Donna Maddalena d’altra parte era persona raffinata e conosceva ogni regola del bon ton, come non darle retta?
Poi c’era Edoardo, ed a lei bastava guardarlo per accettare tutto.
Si era innamorata di lui appena l’aveva visto.
Ribaltando convinzione, che l’amore a prima vista non potesse esistere.
Ogni volta che lo guardava, provava una dolcezza infinita.
Non perchè fosse esageratamente bello, ma perchè emanava un fascino che la colpiva in un punto misterioso dello stomaco che le scatenava quelle famose farfalle.
E questo era certamente amore, quello con la A maiuscola, di cui qualche sua amica le aveva parlato, e al quale non aveva mai creduto.
-Amore da fotoromanzo cara Anna- nient’altro rispondeva Lucia, ogni qualvolta qualcuno enfatizzava questo sentimento.
Certo, adesso le cose erano veramente cambiate. I litigi ricorrenti avevano turbato quel sentimento.
Odio, ecco cosa provava adesso Lucia per Edoardo, un odio esasperato.
Come può una persona che prima si era rivelata tenera e piena di piena di attenzione, cambiare così?
Arrivare a detestare tutto ciò che lei faceva?
Mi detesta, e non solo come mamma. Anche come donna.
Troppe volte le aveva detto che non valeva niente.
Una donna senza gusto.
Una donna che non sa cucinare.
Una mamma che non sa educare.
Era dura accettare tutto ciò.
Ma doveva assolutamente scrollare dalla sua persona tutti quei rimproveri. Se li sentiva addosso come fossero scarafaggi che le camminavano sulle membra.
Doveva tornare a ritrovare la sua serenità.
Lei non era come sua suocera, non era Maddalena, come avrebbe voluto Edoardo.
Lei era Lucia.
Con le sue idee, i suoi pensieri ed i suoi gusti.
Aprì la porta di casa, si diresse nello studio, verso il suo amato strumento.
Il violino giaceva nella sua custodia da troppo tempo.
Lo estrasse, ed in un attimo Lucia, e il violino furono una cosa sola.
Le stupende note che uscirono dallo strumento la acquietarono.
Lucia si sentì la ragazza gioiosa dai capelli rossi, la violinista, la mamma dolcissima.
La ragazza che amava i jeans e le cose semplici.
E capì che mai avrebbe rinunciato ad essere se stessa.

Serenella Menichetti

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